Avete mai letto Dylan Dog? Io che sono schifosamente onnivora sì, e la bottega di Roberto Liberati mi ha prepotentemente ricordato il negozio Safarà (parola araba che significa scoprire o esplorare), che nel fumetto è un varco tra dimensioni parallele, travestito da bazar di favolose rarità.
Vi spiego. Sapete quanto io ci tenga a mangiare in modo consapevole, vale a dire cibo sano, rispettoso del nostro delicato ecosistema, e che sia in grado di farci assorbire energia a tutti i livelli, non solo quello fisico. Fino adesso ho più o meno identificato questo tipo di cibo con quello certificato, biologico (o ancora meglio biodinamico).
So bene che esistono realtà che vanno decisamente oltre gli schemi di queste pratiche; che tanti, pur non certificandosi, sono più biologici del biologico certificato, e anzi magari non si certificano perché per loro farlo sarebbe riduttivo; che ultimamente c’è un bel vespaio ronzante riguardo i vari enti certificatori (loro stessi si azzannano l’un l’altro), su chi certifichi l’ente certificatore e su quanto magari gli stessi possano essere corruttibili o semplicemente “sbadati” (e avrei un sacco di letteratura in proposito).
Però vedo in giro che c’è anche tanta gente che ci marcia, e quindi sempre meglio un prodotto certificato, sia pur male, che un contadino che magari in perfetta buona fede (ma anche no) ti vende qualcosa che non corrisponde a ciò che sembra. Non so se mi spiego.
Voglio dire, una cosa è leggere un’etichetta: si può imparare con una certa facilità. Molto diverso è saper fare al coltivatore o all’allevatore le domande giuste che ti facciano capire che cosa ti sta vendendo. Bisognerebbe conoscere alla perfezione le tecniche agricole e quelle di allevamento, e ci vorrebbe una vita. O essere Pollan, ad esempio.
Così, mentre aspetto che la riforma scolastica del 3050 integri tra le materie di studio dei nostri discendenti cose importanti come queste, io vado a tentoni, e intanto per facilitare le cose acquisto cibo certificato, anzi certificatissimo, se lo trovo. Tanto poi le domande le faccio lo stesso.
Roberto Liberati è un altra storia. La dimensione parallela che vi dicevo. Il suo papà aprì l’ormai storica macelleria Liberati nel lontano 1963 (guardate l’insegna sullo sfondo, è quella originale! come commuovere un grafico…).
A diciassette anni Roberto si interessava di macrobiotica (che ha studiato poi per lungo tempo), alimentazione, e tutto il resto appresso. Dodici anni fa l’incontro fatale: Liberati figlio andò a farsi visitare da Carmen Rucabado Romero, che oltre a essere un medico oculista che ha lavorato in tutto il mondo, e che si occupa da decenni di alimentazione come prevenzione delle patologie oculari, per inciso è anche la moglie di Matteo Giannattasio. Da lì a decidere di convertire la bottega di famiglia in un passaggio transdimensionale verso l’alimentazione consapevole fu un attimo.
Nel negozio dei Liberati (che ancora oggi è a conduzione familiare, con la dolcissima mamma di Roberto alla cassa, Emilio, il papà-fondatore dietro il banco e Roberto un po’ dappertutto), trovate il trovabile e l’introvabile.
Che so, le uova di Parisi? Ci sono. E Roberto le difende dai recenti malumori spiegando che non è che il latte di capra alle galline se l’è inventato Parisi, perché anticamente nelle fattorie contadine alle pennute si dava quello che si aveva a disposizione, e una capretta era difficile che mancasse.
Certo, secondo me l’immagine superfica che Parisi ha deciso di adottare per le sue confezioni non lo aiuta molto; e neanche colui che gli ha scritto il testo, che chiosa con un poco simpatico “che la mia esperienza sia una lezione di vita per voi”.
Però accanto ai pacchetti più presuntuosi del mondo, da Roberto trovate anche le uova del Feudo, che se ho ben capito costano più o meno uguale, e che a me personalmente stanno più simpatiche, e poi volete mettere la varietà? Pure quelle color cioccolato, producono le galline di questi signori; e quelle di Germano reale, che sono verdi.
Trovate allucinante spendere più di un euro a uovo? Spostatevi di venti centimetri: nel cestino accanto trovate quelle di San Bartolomeo (che credo ormai conosciate tutti qui a Roma; al bio si trovano praticamente solo quelle). Hanno un prezzo più normale e vanno benissimo per tutti i giorni.
Ah, e la mozzarella. Di bufala. Roberto ci ha raccontato che accanto a Vannulo c’è un’azienda che si chiama Riva bianca che pare non abbia niente da invidiare al suo fratellino famoso. Io due chiacchiere ce le farei. Anche in napoletano, all’occorrenza, che recupero un po’ di lingua madre.
Ci state facendo caso? In questo posto magico bio e non bio (o dovrei dire oltre-bio?) convivono placidamente. Come la mettiamo? La mettiamo che in questo caso ho deciso che visto che non ce la facevo proprio, prima di acquistare quello che mi serviva, ad andare da tutti i produttori che il Liberati conosce da un secolo e fargli le mie 654136147 domande (domande che tra l’altro non sono neanche preparata per fare, sopra tutto per quanto riguarda gli allevamenti), per una volta mi fido e delego a Roberto.
Ops! Improvvisamente mi trovo trasformata nella mia bisnonna, che quando ancora la parola d’onore valeva qualcosa, immagino si fidasse e basta (aiutoooooo ho le vertigini). Vuoi vedere che posso catalogare questa situazione sotto la definizione “decrescita”?
E così dopo un secolo di integralismo biologico mi sono trovata ad assaggiare bio e non bio; il primosale di latte crudo di pecora comisana (con una nota amarognola meravigliosa) di Acquaranda, la culatta di Lagrimone (paese che si trova sopra Langhirano, a 700 metri sul livello del mare) di Vescovi, e la bresaola di val chiavenna, che Roberto ci ha offerto a dimostrazione di ciò che sostiene ormai da lungo tempo.
E a portarmi a casa la nduja *senza conservanti* che ci ha mostrato con malcelato orgoglio (e per forza… non ci credevo neanch’io di poterci mettere le mani) e il burro crudo e lo yogurt della Fattoria Faraoni.
Il mattino dopo a colazione avevo sul tavolo i due panetti di burro, Faraoni e Berchtesgadener uno accanto all’altro, e finalmente ho trovato un esemplare che tiene testa al mio amato burro di centrifuga tedesco. Con in più il fatto che la distanza tra me e lui è infinitamente più breve. E quindi più giusta, se vogliamo. Ah, e ho letto sul sito che c’è la possibilità di fare un abbonamento a poco meno di 60 euro, per avere il loro latte crudo a casa ogni mattina per un mese.
In un posto così trova casa anche quello di Beppino Occelli, di burro. Un altro signore al quale avrei da sempre voluto chiedere come mai non fosse certificato. Ah, ma piano piano mi farò spiegare anche questo, dal Nostro, eh… ho un sacco di idee su tutto quello che devo farmi raccontare.
Potrei ancora parlarvi della parete di vini che ha ipnotizzato zac, del pane del Sambuco, delle farine del Mulino Marino e della pizza di Pizzarium, di un nuovo lievito bio senza fosfati che volevo provare e che nel trambusto non ho acquistato, del caffè Trinci che prima o poi lo assaggio (scusate, ho guardato meglio il prezzo e mi sa che no, no, non lo assaggio).
Ma mi fermo qui, anche se avrei almeno altre due pagine come questa da scrivere. Preferisco sedimentare la nuova consapevolezza oltre-bio per qualche giorno. E riflettere. Anche sulla posizione di Roberto, che è una persona veramente speciale, perché per prima cosa da quando lo conosco l’ho sempre visto sorridente (e anche solo questo…), poi perché ha ogni volta una buona parola per tutti, non ha un’ombra di presunzione, e sopra tutto è un uomo che per scegliere segue prima il suo intuito e solo dopo la ragione (la quale nel mio caso arriva sempre dopo l’istinto alle stesse conclusioni, tutta sudata e sbuffante).
Bottega Liberati
via Flavio Stilicone, 278
00175 Roma
+39 06 71544153
+39 06 7101156
Ah, sono proprio felice di leggere questo post! E anche di essere la prima a commentarlo!!!
Tu sai bene che io Liberati lo adoro e che quando posso ci faccio una scappata… Sai anche che quella favolosa guancia di manzo brasata che ti portai per la cena a casa tua l’avevo presa da lui (biodinamica per inciso…).
Insomma quello è uno dei due posti a Roma nel quale mi beo di entrare e quando esco, avendo comprato (e speso!) più di quello che mi ero prefissata (non si riesce a resistere…), dopo aver assaggiato questo mondo e quell’altro (compresa la carne cruda, una cosa divina che Roberto mi ha offerto ed io ho accettato di buon grado!), bè dicevo, quando esco, esco FELICE e quando sono a caa e mangio ciò che ho comprato lo sono ancora di più.
Lì, per tutti i motivi che hai descritto e molti altri che non trovano posto anche perché poco spiegabili a parole, io mi fido…
Ecco ci devo tornare al più presto!
P.S. L’altro posto non ha nulla a che vedere con il biologico purtroppo… ma ci sarebbe da indagare in realtà perché non ci vado da molto e sono persone così competenti e gentili che non mi stupire di trovare bio e meglio-che-bio anche da loro… poi mnagari ne parlo con izn di questo posticino… non sia mai che si riesce pure fare un articolo su di loro!
perchè non esistono questi posti nella mia città??perchè?
argomento spinoso la certificazione, il mio spacciatore di latticini bio non si fa + certificare essendo una piccola azienda non gli conviene e poi mi dice che il meccanismo non è molto chiaro ma qui bisognerebbe fare un discorso molto + ampio e specifico…
ma perchè da noi non c’è niente di tutto questo…i posti bio sono tutti supermercati…che del negozietto sotto casa non hanno il fascino e la sapienza…io acquisto quasi tutto con il GAS ma mi mancano questi negozi…dove fare shopping culinario…
Ciao Roberto, e tanti saluti dalla Dottoressa Rucabado.
Quando le ho riferito del tuo racconto su questo blog, i suoi occhi si sono illuminati e mi ha raccontato che in quel vostro primo incontro si permise di darti i consigli che ti diede per il tuo sorriso e la tua faccia di persona buona e onesta. Entrasti nello studio con la ferma volontà di fare “il tecnico del suono” e te ne uscisti con l’indirizzo dell’azienda zootecnica della Maremma per comprare ottima carne per la vostra macelleria. Ci raccontasti che portasti tuo padre in quell’azienda e lui, appena vide gli animali, disse con soddisfazione che erano animali belli come quelli di una volta.
Penso che in quell’azienda è iniziato tra te e tuo padre un sodalizio che ha portato alla creazione e al successo della bottega.
Un piccolo aneddoto.
Poco dopo la vostra scelta di passare alla carne biologica/biodinamica, arrivò la mucca pazza e, mentre tutte le macellerie di roma erano vuote, nella vostra c’era sempre la fila.
E ora un apprezzamento per la mozzarella che tu vendi. Se tu fossi venuto da me a chiedermi quale mozzarella comprare per la tua bottega, ti avrei detto proprio quella di Riva bianca perchè da analisi effettuate nella facoltà dove ho insegnato per tanti anni questa mozzarella è risultata una signora mozzarella di bufala. Ma tu ormai sei molto competente in fatto di cibo di qualità e non hai più bisogno dei nostri consigli!
Ti abbracciamo e ti ringraziamo anche a nome di tutti coloro che inviamo alla tua bottega e che ci sono riconoscenti per la segnalazione.
Un’ultima annotazione.
Vorrei che tutti potessero mangiare prodotti di qualità come quelli che hai nella tua bottega, mentre purtroppo sempre più persone per condizioni economiche disagiate o per un errato calcolo di convenienza corrono ai discount ed io penso che tra qualche tempo si incomincerà a parlare di patologie da cattiva qualità del cibo. A breve ti veniamo a trovare.
Un saluto a tutti gli appassionati del blogger della Sonia (che nel suo campo è brava quanto Roberto).
Io vivo a mille e mille chilometri di distanza, e molto probabilmente non faró la spesa a Roma (almeno, credo, che mai dire mai, nella vita). Ma per quanto vedo dalle foto qui sopra, questi signori sono proprio belli. E non solo fuori. Perché l´energia positiva traspare anche attraverso un computer. :-)
Finalmente un pò di storia su questa onorata bottega, era tanto che ne sentivo parlare, soprattutto dalla carissima Pina!
IZN: che fortuna sfacciata che hai!
E’ molto ma molto di più questa bottega…secondo me sei stata anche troppo minimal nel presentarla :-)..IloveLiberati
Confesso di essere capitato su questo blog per puro caso, perchè stavo cercando di trovare il modo di contattare la Dr.ssa Rucabado per un consulto per un mio problema agli occhi e se vi riuscirò, ( a proposito se qualcuno mi fornisse il suo recapito telefonico, gli sarei veramente grato) verrò a Roma e mi recherò sicuramente a fare spese da Roberto. Che la giornata vi sia lieve! Giorgio
@Giorgio: caro Giorgio, trovi i recapiti della dottoressa Rucabado sull’elenco telefonico di Roma.
Eccoti il link che ho trovato io su libero.it, dovrebbe essere quello giusto. In bocca al lupo :-)
ciao, leggo da un po’ questo blog e ci sono capitata facendo ricerche perchè, proprio dopo aver letto un po’ di cose del mitico Pollan e aver visto alcuni documentari sull’argomento Real Food, ho deciso che voglio anche io iniziare un blog per cercare di dare più eco possibile a questo argomento, per condividere le cose che scopro e confrontarmi e conoscere persone che si interessano al cibo REALE.
Penso che sia molto bello ed importante che, proprio come fai tu, si racconti tra le altre cose, di piccoli produttori che, pur non avendo il bollino Bio da sfoggiare sulle confezioni, possono offrire alimenti di qualità! Anche perchè lo zoccolo duro, quando si prova a convincere gli scettici sul valore del cibo bio, sta proprio nello spiegare perchè debba costare così tanto!!!
A presto :)
Grazie infinite per l’informazione. Crepi il lupo!!!!!!!!
Che la giornata ti sia lieve!
Giorgio
stasera ci vado!!!
Ho scoperto questo sito da un mese circa e sto rischiando il divorzio da mia moglie (tra l’altro al nono mese di gravidanza) per tutto il tempo che passo a leggere i vari post. Sono al 3° pane con pasta madre (i primi 2 con farina di Solina di Alfonso Papaoli, oggi con semola di grano duro) e mi piacerebbe poter seguire lo stile descritto.
Riguardo questo post e questo splendido negozio, bazzico Capaccio Scalo da quando sono nato e diversi anni fa mio padre, grande amante della buona cucina, dei buoni prodotti e di tutto ciò che ha a che fare con la cultura, scoprì il Caseificio Riva Bianca, nel quale si trova, oltre a tutto il resto, una ricotta di bufala che ancora mi sogno.
Quello che mi lascia perplessa è la produzione industriale di certi miti bio, tipo milino marino, sembra la abarilla del biologico. Il mulino bio del piemonte che conosco io, il mulino sobrino, non ce la fa a coprire mezza italia di farine, e l unica bottega che riforniva a milano spesso si trovava scoperta perché la produzine finiva (come normalmente dovrebbe essere). Quindi io anche nelle eccellenze, diffido sempre e preferisco tekvare piccoli produttori…