Fu antipatia a prima vista quella che nutrii per la soia quando i suoi semi cominciarono a circolare dalle nostre parti, accompagnati da una poderosa propaganda che mirava a far credere che si trattasse di un alimento dalle sette bellezze, ossia miracoloso.
latte di soia fatto in casa
Alti livelli proteici, quindi un’ottima alternativa vegetale alle proteine animali; presenza di sostanze capaci di alleviare i sintomi della menopausa e prevenire il cancro del seno; le sue lecitine che risolvevano il problema del colesterolo cattivo lasciando alto quello buono; e ancora, un’abbondanza di minerali e vitamine che ci avrebbe permesso di fare il pieno di queste sostanze come se non ne assumessimo già abbastanza attraverso la nostra abituale dieta fatta di frutta, verdura, cereali, fagioli e legumi nostrani.
La soia mi stava antipatica proprio perché non mi è mai andato a genio alcun alimento che venga declamato con invadenza per sue reali o ipotetiche virtù nutrizionali e/o salutistiche.
Ad esempio la mia antipatia è andata al pomodoro quando si è detto che il suo licopene preveniva il cancro della prostata (cosa non vera), alla patata al selenio e all’uva con il surplus di resveratrolo e anche al kiwi del quale, quando si pensò di commercializzarlo e coltivarlo in Italia trapiantandolo dalla lontana Nuova Zelanda, si vantò l’elevato contenuto in vitamina C, per far accettare un frutto che in realtà aveva per noi uno strano color marroncino e un’acidità non tanto gradevole. Quindi nessun preconcetto da parte mia nei riguardi di questo legume, mi sarebbero risultati antipatici anche fagioli e lenticchia, che sono parte importante della mia dieta-senza-carne, se fossero stati oggetto di analoga propaganda.

Lo so, ve l’ho detto mille molte volte, care(i) pastonudiste(i), ma ve lo ripeto: le diete salutari (e saporite) non si fanno con questo o quell’altro alimento superdotato, ma con i vari alimenti assortiti nel modo giusto, scelti in base alla qualità e consumati con moderazione.

Poi c’è da considerare che, se davvero un alimento fosse superdotato di qualcosa, dovrebbe essere consumato con cautela, quasi alla stessa stregua di un farmaco. Inoltre, se ci lasciamo convincere che esistono alimenti miracolosi che consumandoli — semmai esagerando — ci guariscono, siamo destinati ad accettare non solo il Danacol e il Danaos, ma anche tutti i futuri alimenti transgenici, arricchiti di qualche sostanza vantata come toccasana.
Ah questo cibo che, per ragioni di mercato, diventa sempre meno gaudio e sempre più farmaco da ingerire per curare malattie che lo stesso cibo causa perché ne abusiamo o perché è di cattiva qualità!
Ma torniamo alla soia. Mi stava antipatica anche perché non mi capacitavo del fatto che, con tanti legumi di antica tradizione culinaria nostrana, come ceci, lenticchie, piselli, fagioli, senza contare le derelitte fave e cicerchie, certe persone, vuoi per tendenze vegetariane (rispettabilissime), vuoi per la volontà di esibire — “mangiando strano” — un modo di vivere e comportamenti alternativi, dessero la preferenza a un legume destinato a nutrire gente di cultura anche gastronomica tanto lontana dalla nostra.
Pensavo tra me e me, napoletano doc cresciuto a pasta e fagioli, che mai i semi di soia si sarebbero potuti sposare con i tubetti per dare una pietanza degna di sostituire quella felice combinazione culinaria — pasta e fagioli appunto — che è capace di nutrire adeguatamente anche in mancanza della costosa carne. Un piatto che testimonia la creatività aguzzata dall’atavica povertà dei partenopei.
Ma poiché chi fa il mestiere di ricercatore è tenuto a giudicare con la mente e non con il cuore, ho dovuto ignorare il consiglio che la saggia volpe dava al piccolo principe: “non si vede bene che con il cuore, l’essenziale è invisibile agli occhi”, e mi sono dato da fare per accertarmi se ci fossero ragioni scientifiche a giustificazione della mia istintiva idiosincrasia per la soia.
Eccovi dunque alcuni risultati della mia ricerca (gli altri nel prossimo post).

La botanica

A mirarla, la pianta di soia non “intenerisce il core”, per dirla con l’amato poeta. Essa è tozza, robusta, pelosa, con foglie a tre elementi (il termine corretto è “foglia trilobata”); i fiori sono piccoli e riuniti in grappoli alle ascelle delle foglie.
In essa non ritroviamo dunque le note di leggiadria delle altre specie di leguminose dei cui semi ci cibiamo da generazioni: la leggerezza del volubile pisello che, per stare eretto, si deve avvinghiare alla solida canna, la visibilità dei fiori di fava che sembrano farfalle incatenate alla pianta, la grazia della lenticchia che sembra voglia spiccare il volo con quelle sue piccole foglie a forma di penne (foglie pennato-composte).
Vabbé, direte, ma che c’entra questo parlare della “segnatura” della soia con la qualità alimentare, che è poi l’aspetto che sta a veramente a cuore a noi consumatori. Probabilmente avete ragione voi, perciò vi prego di perdonare questo mio vezzo da ricercatore, non ancora del tutto incallito, che per un’intera vita professionale ha bazzicato sì le piante al fine di spremere da loro sostanze da studiare in laboratorio, ma è sempre affascinato dal loro linguaggio. La natura ci parla, ha lasciato detto Herman Hesse.

La qualità alimentare

La soia è diversa dagli altri legumi anche per il valore nutrizionale dei suoi semi. I legumi che siamo avvezzi a consumare sono composti di circa un 50% di carboidrati (sotto forma soprattutto di amido) e un 25% di proteine.
La soia no, contiene soltanto il 7-15% di carboidrati e il 35-40% di proteine. Tra i carboidrati l’amido è poco rappresentato (una vera anomalia della natura!), mentre primeggiano gli oligosaccaridi, fatti di pochi zuccheri, come il raffinosio e lo stachiosio, che il nostro apparato digestivo non riesce a digerire, non avendo gli enzimi adatti. Per questo, quando arrivano all’intestino, essi diventano cibo per certi microrganismi (anaerobi) della nostra flora intestinale producendo gas, come idrogeno e metano, forieri di gonfiori di pancia e flatulenza.
Devo precisare, a onor del vero, che anche gli altri legumi, come i fagioli, i ceci, le fave e le cicerchie (e in misura minore le lenticchie), contengono oligosaccaridi che possono dare flatulenza (se non sono tenuti in ammollo nel modo giusto).

Le sostanze antinutrizionali della soia

Tutti i legumi contengono sostanze che agiscono negativamente sui processi di digestione o su particolari funzioni del nostro organismo (si chiamano fattori antinutrizionali). Tra queste ci sono proteine particolari (lectine, inibitori enzimatici) e la fitina. Per tale motivo nessuno si azzarda a consumare legumi crudi. È doveroso cuocerli o metterli a germinare, perché queste sostanze sono inattivate più o meno completamente, nel primo caso per effetto della cottura (unita all’ammollo), nel secondo per azione di certi enzimi presenti nel seme.
Nella soia, oltre ai fattori antinutrizionali sopra citati comuni un po’ a tutti i legumi che abitualmente consumiamo, ne sono presenti altri peculiari, come la soiatossina (soyatoxin) e la tossina da soia (soybean toxin). Ricordo che per far sì che la soia non solo perda le sostanze potenzialmente nocive come i fattori antinutrizionali ma si arricchisca anche in sostanze salutari, la saggezza culinaria orientale ha escogitato il metodo di sottoporre prodotti a base di soia alla fermentazione con microrganismi benefici. Così sono nati prodotti come il natto, il miso e il tempeh.

I fitoestrogeni della soia

Si tratta di certi isoflavoni (il più abbondante è la genisteina), che sono dotati di una modesta attività ormonale di tipo estrogenico (per questo si chiamano fitoestrogeni).
A tali sostanze è stata attribuita la proprietà di prevenire certe forme tumorali scatenate da squilibri ormonali (in primis il cancro del seno) e di alleviare i sintomi della menopausa alla stessa stregua degli ormoni della terapia sostitutiva.

Fine della prima puntata

Nella prossima cercheremo di rispondere ai seguenti interrogativi:
– le virtù attribute alla soia sono tutte documentate scientificamente o alcune sono soltanto propaganda?
– come mai la ricerca scientifica si è spesa moltissimo per indagare sulle proprietà nutrizionali e salutistiche della soia e non ha fatto altrettanto per i legumi nostrani?
– i fitoestrogeni della soia sono benefici o sono da considerare fattori
antinutrizionali?
– oltre alla soia esistono altre fonti vegetali di proteine alternative alla carne e agli altri prodotti animali?
– il “latte” di soia è il migliore sostituto del latte vaccino?