Sono stato sempre contrario alla criminalizzazione sommaria degli alimenti, salvo quando si tratta di quelli di pessima qualità. Per me sono di pessima qualità i cibi industriali farciti di additivi e di altri ingredienti di nessun valore nutritivo (se non nocivi), e i prodotti freschi – vegetali e animali – che per effetto di cattive pratiche agricole contengono residui di pesticidi, antibiotici, diossina e altre sostanze malsane.
la soia fa bene al cuore?
Sono contrario però anche alla beatificazione più o meno interessata di certi alimenti. Uno di questi è la soia, che è presentata dalla pubblicità e da una certa divulgazione scientifica come il Mandrake (il mitico mago che resuscitava perfino i morti) degli alimenti: abbasserebbe il colesterolo, preverrebbe l’osteoporosi e il cancro del seno, aiuterebbe a evitare i disturbi della menopausa, etc.
Questa santificazione ha facile presa soprattutto su coloro che, non mangiando carne, stanno sempre a chiedersi terrorizzati: “e mo’ senza carne non è che soffrirò di carenza di proteine?. E fatalmente si rimpinzano di questo legume e dei prodotti che ne derivano, come tofu, “latte”, “carne” vegetale a base di proteine testurizzate, attratti come sono dal loro tanto decantato altissimo contenuto proteico (35-45%).
Non sono invece altrettanto santificati i legumi della nostra tradizione culinaria, e cioè fagioli, piselli, ceci, lenticchie, fave, che pure sono ottime fonti vegetali di proteine (il loro tenore proteico si attesta intorno al 25%). Così, chi è vegetariano o vegano tende a diventare soia-dipendente. Potrebbe invece ruotare nella sua dieta tutti i legumi disponibili sulla piazza e combinarli con i cereali per ottenere piatti, come la proletaria pasta e fagioli, saporiti ed equilibrati dal punto di vista nutrizionale.

Ma come è nata questa beatificazione, sfociata poi inesorabilmente in un’attrazione fatale per questo legume da parte dei non-carnivori? Risposta: alla produzione e commercializzazione della soia sono interessate alcune multinazionali. Iniziò la Ford, la fabbrica di automobili, che negli anni 30 del secolo scorso, investi più di 1 milione di dollari (di allora!) in un progetto di ricerca finalizzato a ricavare dalla soia, in una prima fase, prodotti (solventi per vernici, plastiche) da utilizzare nella costruzione delle automobili e, in una seconda, prodotti alimentari come l’olio e il “latte” di soia.

Oggi il business della soia è in mano all’americana Cargill, multinazionale che commercia a livello mondiale anche i cereali, e ad altre sue sorelle in affari. È un cartello che investe tantissimo danaro per finanziare centri di ricerca pubblici e privati per progetti riguardanti appunto la soia.
Questo spiega perché negli ultimi 100 anni sono stati pubblicati diverse decine di migliaia di lavori scientifici su questo legume e soltanto poche migliaia che riguardano tutti gli altri (i dati precisi li potete trovare sul sito di medline pubmed. Non si fa male a sospettare che gli altri legumi sono stati studiati così poco rispetto alla soia non perché non siano degni d’altrettanto interesse dal punto di vista nutrizionale e salutistico (da noi sono per antica tradizione la “carne” dei poveri), ma perché non c’è stato il sostegno finanziario di pezzi da novanta come la Cargill.
Negli anni ’90 del secolo scorso, il cartello di cui sopra, forte dei risultati delle ricerche che aveva finanziato e che evidenziavano la presenza nei semi di soia di un alto contenuto proteico (e di fitoestrogeni), chiede alla onnipotente FDA (Food and Drug Amministration) di diffondere la seguente dichiarazione (claim): “diete basse in grassi saturi e colesterolo che includono 25 grammi di proteine di soia possono ridurre il rischio di malattie cardiache”. La richiesta viene inoltrata con la mediazione della Protein Technologies International Inc., una società produttrice di ingredienti per l’industria alimentare ricavati della soia, facente capo alla DuPont, una multinazionale operante in agricoltura e che oggi produce anche sementi transgeniche. Tutto in famiglia, dunque.
Interpretiamo il messaggio che si voleva dare con questo claim: se si segue una dieta povera in alimenti animali (sono questi, infatti, gli alimenti ricchi di grassi saturi e colesterolo) e che include 25 grammi di proteine di soia al giorno, si riduce il rischio di insorgenza di malattie cardiache. È chiaro il fine del claim: incentivare il consumo di soia. Ma è altrettanto chiaro il trucco che c’è sotto, cioè quello di lasciar intendere che tra i legumi solo la soia sia benefica per il cuore.
Non è così; tutti i legumi sono salutari nell’ambito di una dieta equilibrata e variata, e per nostra fortuna, ci sono ricercatori che sono riusciti a dimostrarlo anche senza gli ingenti finanziamenti di Cargill e company.
Così è nata la leggenda della soia alimento salvavita, un mito duro a morire nonostante sia ormai risaputo che basta una dieta equilibrata e povera (o priva) di prodotti animali, ovvero tendenzialmente vegetariana (e associata al movimento), per ridurre il rischio di malattie cardiache; in questa dieta trovano degnamente posto tutti i legumi.
C’è ancora da dire che l’associazione americana di cardiologia fu la prima a contestare le affermazioni contenute nel claim di cui sopra, sostenendo che: “sebbene vi siano alcune prove che, quando le proteine animali sono sostituite con quelle della soia, il colesterolo totale e quello cattivo si abbassano, le osservazioni non sono conclusive”.
Dunque, vegetariani e non, se la soia vi piace (de gustibus non est…), è consigliabile non abusarne, e alternarla con gli altri legumi, ma anche non eccedendo nel suo consumo. Secondo L’AFSSA, l’agenzia francese per la sicurezza alimentare, la soglia di tolleranza per le proteine della soia è di 50 grammi al giorno. Consumandone di più c’è il rischio di assumere quantità eccessive di altre sostanze presenti nella soia (e in molti suoi derivati), gli isoflavoni. Questi ultimi hanno attività estrogenica e per questo sono chiamati fitoestrogeni (vedi tabella seguente).

Contenuto di proteine e fitoestrogeni della soia e suoi derivati

– Semi di soia (30 grammi): proteine 12 g%, isoflavoni 60 mg%
– Latte di soia (1 tazza da 250 grammi): proteine 12,5 g%, isoflavoni: 7,5 mg%
– “Yogurt” di soia (125 grammi): proteine 6 g%, isoflavoni 2,9 mg%
– Tofu (1 porzione da 100 grammi): proteine 16 g%, isoflavoni 27 mg%
– “Burger” vegetale a base di proteine di soia: proteine 16 g%, isoflavoni 2 mg%
– Dessert di soia (100 grammi): proteine 3,3 g%, isoflavoni 17 mg%
n.b.: il contenuto di proteine è espresso in grammi%, quello di isoflavoni (genisteina + daidzeina) in milligrammi%
Sempre secondo l’AFFSA, se si supera la soglia dei 75 mg di fitoestrogeni al giorno, ci sono rischi di disturbi ormonali di vario tipo (ne parleremo nel prossimo post). Va detto a proposito che oggi c’è unanime consenso nel proibire tutti prodotti a base di soia entro i primi tre anni di vita… mentre per decenni i bambini in fasce, per mancanza di latte materno o in caso di allergia al latte vaccino, sono stati nutriti con “latte” e formule a base di soia.
Un consiglio a chi è avvezzo a consumare a colazione il “latte” di soia: perché non provare anche altri latti vegetali, come quelli di mandorla, avena, farro, avena, miglio, riso? Potrebbe trovare tra questi qualcuno di maggiore gradimento per il palato.
Non posso inoltre non raccomandarvi di consumare soia certificata bio e prodotta in Italia. In questo modo evitate il rischio che sia contaminata da soia transgenica e/o possa contenere un bel campionario di residui di pesticidi.
Se invece la soia non vi piace, lasciatela stare, non vi fate condizionare da questo mito che impone l’equazione: vegetariano = consumatore di soia. E quanto è grande la mia tristezza quando, entrando in un ristorante per vegetariani (perché io sono uno di loro), scopro che il menù propone soia in tutte le salse, ma mancano o scarseggiano i miei preferiti: i falafel, i fagioli all’uccellina, la ribollita, la zuppa di fagioli, l’hummus…

Morale della favola

Chi dispone di tanti soldi può orientare la ricerca e/o l’informazione a proprio uso e consumo. Così va il mondo, anche quello dell’alimentazione!. Accade per la soia, ma anche per il Danacol di cui vi ho già parlato (la pubblicità ci tiene a dire che sono stati fatti studi clinici), per bevande come la Coca Cola e la Red Bull (quest’ultima per farsi pubblicità investe nella ricerca… ma si tratta di quella riguardante i motori della sua scuderia). Accade, manco a dirlo, per i semi transgenici. E i consumatori più vulnerabili ci cascano e come.

Post scriptum

Scusate la lungaggine, ma quando ci vuole ci vuole!