Il pane autentico – lo sapete bene, perché la benemerita izn ve ne parla spesso su questo blog – è quello fatto con la pasta madre. Esso è antico quanto l’uomo e ha probabilmente ispirato espressioni che inneggiano metaforicamente alla sua bontà nutrizionale come “stare a pane e acqua” o “essere buono come il pane”.
Il pane lievitato con il lievito di birra, soprattutto come si fa oggi con la farina super-raffinata e con super-dosi di lievito, è da considerare invece un “falso d’autore”. È stato pensato per velocizzare la produzione del pane, sottrarre la lievitazione dell’impasto ai capricci del tempo (i fornai virtuosi sanno bene che la pasta madre è per così dire, “metereopatica”, comportandosi diversamente a seconda delle condizioni climatiche, e, chissà, forse anche delle fasi lunari!), e per standardizzarne il gusto (stesso sapore sempre e dovunque).
Ma poiché il “diavolo fa le pentole e non i coperchi”, ecco che ci troviamo a consumare un pane che dura, se va bene, l’arco di una giornata, ed è incriminato di causare intolleranze alimentari e altre nefandezze dietetiche vere o presunte, in primis gli odiati chili di troppo.
Mettiamo a confronto questi due prodotti per dire una buona volta “pane al pane”. Come sapete, lievitare un impasto significa farlo aumentare di volume e renderlo più soffice (dal latino levatus, cioè sollevato). Come e perché l’impasto lievita? Se al suo interno si sviluppa anidride carbonica, questa si comporta come ogni altro gas: per la sua leggerezza cerca di andare verso l’alto per diffondersi nel suo elemento naturale, l’aria.
Il glutine però glielo impedisce perché è organizzato nell’impasto in una fittissima rete, che, essendo elastica, si espande, sotto la spinta dell’anidride carbonica, come un pallone dentro il quale si insuffla aria.
Nella lievitazione con la pasta madre l’anidride carbonica è prodotta dai fermenti lattici, batteri che trasformano il glucosio in anidride carbonica e acido lattico (fermentazione lattica). In quella con il lievito di birra invece l’anidride carbonica è prodotta sempre per fermentazione degli zuccheri, ma senza formare acido lattico, bensì alcol etilico (fermentazione alcolica).
Preciso che il lievito di birra *non è un batterio* ma un fungo microscopico, e si chiama volgarmente così perché è l’artefice della produzione della birra e delle bollicine che la caratterizzano. Gli scienziati lo hanno battezzato Saccharomyces cerevisiae. C’è ancora un altro modo per far lievitare l’impasto con l’anidride carbonica (che poi è quello casalingo per fare le torte): aggiungervi sostanze chimiche che, in presenza di acqua, reagiscono tra loro liberando questo gas. Tali sostanze sono considerate additivi e hanno la denominazione di legge di “agenti lievitanti”.
Passiamo alla materia prima: la farina. Di solito si pensa che la farina da impiegare per fare il pane con la pasta madre sia quella integrale, così come viene fuori dalla molitura del grano e senza nessuna setacciatura. Una farina del genere però, con tutto il suo carico di crusca grossolana, lievita poco e conseguentemente se ne ottiene un pane troppo compatto, poco digeribile e dal gusto poco gradevole. In realtà la farina ideale da utilizzare con la pasta madre è quella integrale privata soltanto della crusca grossolana (“tipo 2” e “tipo 1”).
La farina utilizzata per gli impasti commerciali lievitati con il lievito di birra, è invece quasi sempre quella super-raffinata “tipo 00”. Utilizzando questa farina, l’impasto lievita intensamente e rapidamente (grazie anche all’impiego di dosi massicce di lievito e dei miglioratori). Si ottiene così in pochissime ore un pane sofficissimo con buchi (alveoli) al suo interno così grandi che in alcuni tipi di pane, come la tanto gradita rosetta-michetta, la mollica quasi scompare trasformandosi in una caverna piena di gas.
I segreti della pasta madre
Io ho il vezzo di dire che la pasta madre è come un intestino supplementare che la natura ha messo a nostra disposizione per digerire alcuni componenti della farina che il nostro apparato intestinale non riesce o fa fatica a digerire (glutine, fitati, fibre). Come quest’ultimo, che convive con oltre 500 specie di microrganismi (che nel loro insieme costituiscono il microbioma intestinale), ricevendone vantaggi enormi in termini nutrizionali e di buon funzionamento del sistema immunitario, così anche la pasta madre è sede di numerosissime specie di microrganismi.
Sono oltre 350, in massima parte fermenti lattici tra cui spiccano i lattobacilli (i batteri dello yogurt, per intenderci). Questi non solo operano la fermentazione lattica per far lievitare l’impasto, ma svolgono anche altri processi biochimici che portano alla demolizione di vari suoi costituenti, come i grassi, il glutine, la fitina e le fibre. C’è da rilevare che nella pasta madre è presente anche il lievito di birra, il quale però è in minoranza rispetto ai fermenti (1 colonia di lievito per 100 di fermenti).
Nel pane lievitato con lievito di birra, il funghetto la fa ovviamente da padrone. Non avendo intorno a sé altri microrganismi con cui competere, cresce e si moltiplica a suo piacimento.
Dunque, nell’impasto con la pasta madre c’è una biodiversità microbica che manca completamente a quello fatto con il lievito di birra. Bisogna tener conto di questa differenza per capire perché le due lievitazioni danno un pane così diverso in termini di qualità.
Le caratteristiche del pane
Il pane lievitato con la pasta madre è più acido di quello lievitato con lievito di birra (pH 3,8-4,6 rispetto a 5,3-5,8), perché contiene acido lattico e acido acetico (preciso che questi due acidi organici *non acidificano* il nostro organismo perché sono rapidamente trasformati in acqua e anidride carbonica); ha odori e sapori più complessi e gradevoli (per i palati raffinati, ovviamente); si rafferma più lentamente e resiste molto di più alla contaminazione da parte di batteri e muffe; è più digeribile, ha un indice glicemico più basso e non contiene fitina.
In questo post e nel successivo analizzeremo queste caratteristiche una per una.
La qualità organolettica
Non sono poche le persone schierate a favore del pane bianco lievitato con il lievito di birra. Lo trovano soffice, profumato, gustoso, tutti pregi che sostengono di non riscontrare nel pane fatto con la pasta madre. Hanno ragione, hanno torto? Ecco il mio parere. La sofficità marcata del pane è diventata una qualità da quando, dimentichi dell’antico adagio “la prima digestione avviene in bocca”, si mangia in fretta e furia, complici anche l’ansia e la tattica del mordi e fuggi, cui si ricorre ormai anche a tavola.
Per quanto riguarda il sapore, mi preme informarvi che il lievito di birra è ricco di glutammati (per questo lo trovate in molti prodotti dichiarati “privi di” o “senza” glutammati aggiunti. Perciò il pane lievitato con lievito di birra ha quel gusto attraente ma unilaterale che i glutammati, in quanto esaltatori del gusto, possono dare agli alimenti.
Nel caso del pane fatto con la pasta madre, la sofficità non è esasperata, ma è quella giusta che invoglia alla masticazione (funzione che stiamo perdendo insieme a quella motoria con tutte le sue conseguenze sul piano non solo digestivo ma probabilmente anche cognitivo); il profumo è discreto e fatto di tanti odori, il gusto è sottile ed è dovuto alla combinazione di tantissimi aromi che si sprigionano durante la cottura. Ci vuole perciò una certa educazione al gusto per poter apprezzare la qualità di un buon pane, come ce ne vuole per gustare un buon vino.
La conservazione del pane
Avrete notato che il pane fatto con la pasta madre lo si può consumare anche dopo 7-10 giorni, mentre quello lievitato con il lievito di birra diventa tozzola dopo nemmeno un giorno (io trovo anche che più vecchio è e più saporito diventa, soprattutto di questi tempi se lo si gusta a mo’ di fresella, strofinato con un bel pomodoro rosso di sole e unto con un filo di ottimo olio extravergine di oliva).
Per capire le ragioni di questa differenza, dobbiamo tener presenti due processi che si svolgono durante e dopo la cottura: il raffermamento e l’ammuffimento.
Il raffermamento
È un processo chimico-fisico piuttosto complicato. Quando esce dal forno il pane è così morbido che manco lo si può tagliare con il coltello. Ciò è dovuto al contenuto in acqua della mollica e al fatto che l’amido durante la cottura da compatto che era, diventa di una consistenza gelatinosa (indispensabile per la sua digestione).
Poi, con passare del tempo, il pane diventa prima duro abbastanza per essere tagliato – e masticato – agevolmente), poi raffermo, cioè duro come la pietra. Questo cambiamento è dovuto alla perdita di gas e di acqua da parte della mollica, ma anche e soprattutto al cambiamento di stato dell’amido, che da gelatinoso ritorna ad essere duro e cristallino (il fenomeno si chiama retrogradazione e rende l’amido meno digeribile).
Questo processo di indurimento è tanto più veloce quanto più bassa è la temperatura di conservazione del pane. Quindi conservare il pane in frigo è un grande errore perché indurisce più velocemente! Il pane con la pasta madre rafferma più lentamente per diversi fattori, tra cui la particolare struttura della rete di glutine, la ridotta cristallizzazione dell’amido, la presenza di enzimi e sostanze di degradazione delle fibre prodotti dall’attività dei fermenti, l’acidità.
L’ammuffimento
La ricerca sta chiarendo perché il pane con pasta madre non ammuffisce facilmente. Il merito va in parte ad alcuni lattobacilli che producono particolari acidi grassi monoinsaturi che inibiscono lo sviluppo delle muffe. Che una fetta di buon pane al giorno, oltre che nutrire aiuti anche a levare le candidosi intestinali di torno? Sarebbe meraviglioso, visto l’aumento di questo disturbo, alla cui insorgenza non sono estranei il pane bianco e gli altri prodotti da forno iperlievitati e iperzuccherati.
Quale formato di pane scegliere e come conservarlo per farlo durare più a lungo e non far sviluppare muffe? Si può recuperare il pane raffermo? Come riconoscere un pane autentico da pasta madre? Il pane venduto come azzimo è veramente tale? Quale “pane” per gli allergici e gli intolleranti al grano? Nella prossima puntata risponderò a queste domande e tratterò anche dei benefici alla salute che possono derivare dal consumo di un buon pane.
Intanto vi anticipo di stare attenti a quei panini venduti come “tipo integrale”. Sono ottenuti con impasti di farina raffinata lievitati con lievito di birra e addizionati con crusca. In questi tipi di “falso pane integrale” le fibre della crusca rimangono intonse e a soffrire di più sono i colitici, il cui colon mal sopporta il loro transito.
Spero tanto che chi è avvezzo a comprare quella specie di pane in cassetta trattato con alcol perché dura di più (ne riparleremo), cominci, dopo quanto detto finora, a pensare di sostituirlo con del buon pane da pasta madre. Ma attenzione se il pane non ve lo fate religiosamente con le vostre mani, e dovete quindi andare a comprarlo, accontentatevi di quello comune e lasciate stare quelli che contengono tale o tal altro seme, olive o altre leziosità del genere. Saranno anche più saporiti, ma bisogna fare i conti con il prezzo salato.
Se volete, e potete, permettervi l’eccellenza, sceglietene uno fatto con farina bio e proveniente da grano di certe varietà antiche che hanno un glutine più a misura della pasta madre (e dell’intestino). Tante persone, che credevano di non tollerare il pane, si sono ricredute dopo aver seguito questo consiglio. A chiusura di questa prima parte, un’amenità che farà di sicuro ridere a crepapelle il signor de La Palice nella tomba: chi consuma del buon pane sarà con se stesso “buono come il pane”. A presto dunque :-)
Bellissima l’immagine della pasta madre come intestino supplementare…
rende il rito del fare il pane con la pasta madre ancora più essenziale!
Grazie prof.!
Io sono una di quelle che non riescono purtroppo a farsi piacere il sapore del pane lievitato con la pasta madre. Non è una questione di tempo o voglia, ma proprio di gusto personale: il sapore acidulo che ha il pane fatto con la PM non è nelle mie corde.
Il pane fatto in casa con una farina poco raffinata e ingredienti ottimi e fatto lievitare con lievito di birra a me personalmente dura una settimana e non mi rimane affatto indigesto.
Bellissimo e interessantissimo articolo comunque: come le spiega bene lei le cose prof, pochi altri davvero.
salve dott. Giannattasio,lei è daccordo sul fatto che il pane e i carboidrati in genere facciano ingrassare,soprattutto se assunti in grande quantità?E’ vero che fanno secernere troppa insulina,e di conseguenza questa poi porta ad un aumento della massa grassa?
Molto molto interessante
Meraviglioso!
Aspetto la puntata sulla conservazione del pane.
Grazie!
Non lo faccio mai di riportare commenti che altri lettori lasciano su facebook ma in questo caso è molto interessante e quindi copio-incollo (con il permesso dell’autore del commento):
“Concordo su alcune cose ma non su tutto. La lievitazione è condizione nella quale concorrono anche le colonie di batteri esterni all’impasto che non sono ponderabili se non con strumenti specifici.
Questa variabile, di non poco conto in alcuni casi, può far si che si ottenga un pane di buona qualità con il lievito di birra e farine deboli (in una fermentazione durata il tempo necessario alla scomposizione degli zuccheri in etili e carbonati) in luogo di un pane fatto con lievito madre in ambiente dove il “concorso” di batteri esterni è povero e decadente e una farina forte non ha avuto (benchè in condizioni apparentemente ottimali) la possibilità di scindere gli zuccheri complessi in semplici ed avviare la fermentazione etilica che, giova ricordarlo, avviene anche nelle lievitazioni con pasta madre o acida dove alla fermentazione lattica segue necessariamente quella etilica degli zuccheri semplici.
Il rischio in tale ultima condizione è l’innesco di una fermentazione acetica che abbassa il PH. L’abbassamento del PH degli alimenti non in tutti gli individui è salutare. Il cd. effetto “purgante” di alimenti acidi spesso è conseguenza di reazioni negative all’alimento.
Giova infine ricordare a tutti che il lievito di birra è alimento naturale (se non sbiancato con il permanganato) con il quale ci si fa ad esempio la birra.
Io non parlo per teoria ma per pratica vista ormai nel campo della pizzeria dove da circa due anni e mezzo si fanno prove con farine diverse (anche forti o integrali) e lieviti starterizzati con ogni genere di cosa (cizza, yogurt di bufala, puree di frutta, mosto, ecc.). La conclusione al momento è che il concorso ambientale dei batteri esterni è determinante (stesso impasto con stessi ingredienti risponde diversamente in differenti luoghi) con un vantaggio a favore o di luoghi dove viene eseguito quotidianamente o di zone poco inquinate.
In ogni caso il pezzo non cita le quantità di LB da usarsi che in alcuni casi sono da decimo di grammo per Kg. di farina o miscela di farina.”
Giustino Catalano
L’articolo è molto interessante, anche se mi permetto di dissentire sul discorso della assoluta naturalezza del lievito madre e della sua bontà.
In primo luogo è praticamente un’impresa ardua e, purtroppo, quasi illusoria, trovare una farina veramente valida da un punto di vista organolettico, nel senso che i mulini che si vantano di utilizzare la macinazione a pietra sono, nella maggior parte, carenti per ciò che riguarda la sanificazione dei propri impianti: soprattutto i tanto decantati mpiccoli mulini a conduzione famigliare. Da quei pochi controlli effettuati, i mulini ed in particolare le tramoggie sono risultate zozze, luride, piene di muffe nonostante che la nostra legislazione sia alquanto precisa ed articolata in materia. Quindi, in realtà, già partiamo male, molto male.
Per ciò che riguarda il lievito madre, invece, il suo sviluppo spesso avviene anche in presenza di agenti patogeni e mi sono sempre chiesto se questi ultimi vengono eliminati nel corso della cottura o se una parte residua sopravvive.
Inoltre, la legislazione corrente consente ai panifici, anche a quelli più artigianali, di classificare come lievito naturale anche le bighe ottenute con lievito di birra anche se in quantità ridotte (speriamo). L’utilizzo sapiente ed intelligente delle bighe consente di ottenere ottimi risultati sia in termini di alveolatura sia in termini organolettici. Io credo che la giusta via risieda sempre nel mezzo, ossia nel non demonizzare il lievito di birra e tanto meno di stigmatizzare le qualità assolute del lievito madre.
Interessante: resto in attesa di leggere le repliche ai commenti poiché il dibattito si fa interessante. Avrei però una piccola cosa da dire: faccio settimanalmente il pane con lievito madre (farina di Floriddia, che Sonia conosce molto bene), e lo conservo in frigo: se non faccio così indurisce. In frigo, invece, resta morbido e buonissimo per quasi dieci giorni. Lo tengo dentro un sacchetto di quelli “da congelatore”, per capirci. Ci vogliono una ventina di giorni buoni per farlo ammuffire: devo proprio dimenticarmelo insomma. Rispetto a quanto ho letto è praticamente il contrario :D
Articolo molto interessante! Non vedo l’ora di poter leggere “la prossima puntata” :)
Molto interessante la discussione che sta venendo fuori, e che farà saltare di gioia la dispotica izn, la quale quotidianamente mi tiene informato degli interventi (anche per sollecitarmi sotto sotto, a rispondere!). Io penso che siano necessarie innanzitutto due precisazioni.
La prima è che è ormai fuori discussione – ci sono diversi lavori scientifici che lo attestano – che un pane fatto utilizzando una farina semintegrale e lievitato con la pasta madre sia più digeribile e salutare di un pane fatto utilizzando una farina bianca e lievitato con lievito di birra. Chi vuole approfondire può consultare un testo scritto per gli studenti di tecnologie alimentari cui ho dato un contributo con un capitolo sulle Allergie al grano: Biotecnologia dei prodotti lievitati da forno. A cura di Gobbetti e Corsetti. CEA 2010.
Se poi la vogliamo mettere anche sul piano dell’esperienza professionale individuale, io da medico mi sento di affermare che pane (e pizza), se si ottengono lievitando con la pasta madre non danno quei fastidiosi gonfiori di pancia di cui si lamentano tante persone quando consumano pane e pizza lievitate con lievito di birra e addizionate di glutine (caso della pizza).
La seconda è che alla produzione di pane concorrono molteplici fattori, tra cui la qualità della farina, il tipo e la quantità di lievito madre o di birra, lunghezza della lievitazione, il tipo di forno. Possiamo dire che a un estremo c’è un pane ottenuto facendo lievitare l’impasto aggiungendo pasta madre e lievitando a lungo, e all’altro estremo c’è un pane ottenuto facendo lievitare l’impasto aggiungendo direttamente il lievito di birra e lievitando rapidamente mediante accorgimenti come l’aggiunta di miele e di miglioratori. Tra queste due estremi ci sono modi diversi di lievitare, impasto diretto, impasto diretto con biga di differente natura, numero diverso di lievitazioni, lievitazione con pasta madre e poi con lievito… Perciò qualunque discussione sul pane si può fare dopo aver definito questi aspetti. Precisato questo, intervengo sui vostri commenti:
@Laura: Sono curioso di sapere il suo procedimento e quali sono gli ingredienti ottimi. Depone a favore del suo pane la provenienza (ottima della farina). Comunque io trovo eccellenti pani a lievitazione acida in circolazione come il pane di Genzano, e poiché non sono un pasta-madre dipendente, consumo con piacere anche il Lariano (luogo di origine vicino casa mia) che è un po’ aiutato dal lievito di birra.
@izn, riguardo all’intervento di Giustino Catalano: Buona parte dei batteri della pasta madre in origine sono esterni (cioè dell’ambiente esterno) all’impasto, poi diventano interni e si moltiplicano con l’impasto e i successivi rinfreschi. Per intervenire a dovere, dovrei sapere quanto dura la lievitazione con lievito di birra, quante lievitazioni fate.
Per quanto riguarda il rischio di una fermentazione acetica eccessiva, bisogna tener conto che una buona lievitazione a fermentazione acida deve tenere le quantità di acido lattico e acido acetico in un rapporto preciso che poi è quello che migliora la rete di glutine ai fini della lievitazione e la successiva conservazione. Lei dice di usare decimi di grammi di lievito per kg di farina, ma ci sono diversi pani commerciali fatti aggiungendo alla farina anche 10-20 grammi di lievito di birra per kg.
@roberto polito: Tutto quanto lei dice è vero in buona parte, ma fortunatamente ci sono – anche se pochi – mulini virtuosi. I fermenti lattici, la produzione di acido lattico e acetico annientano eventuali batteri patogeni come il coli e la salmonella. La temperatura interna al pane durante la cottura arriva a 80° (la morte dei lieviti e dei batteri lattici avviene a una temperatura inferiore). Ho detto prima che un’eventuale successiva lievitazione con lievito dopo quella con la pasta madre non è da condannare se può permettere un’alveolatura più rispondente alle esigenze di maggiore sofficità del pane (ma senza esagerare, però!).
@sara b: Ha provato a conservare il suo pane in un sacchetto di cotone ben chiuso e tenuto in un posto fresco e non umido della casa? Il pane chiuso nel sacchetto di plastica messo in frigorifero si mantiene morbido perché viene a trovarsi un ambiente umido creato dall’evaporazione dell’acqua. Se il suo pane non fosse fatto con lievito madre ma con lievito di birra, ammuffirebbe più rapidamente nel frigorifero. E poi questo pane fatto da lei con tanto amore e ricercatezza per la qualità, incarcerato in un sacchetto di plastica, mi rattrista un po’. Il buon pane merita di essere coccolato!
@izn: Sei contenta? Praticamente ho fatto un intervento più lungo del post. Ma la prossima settimana me ne vado in vacanza ad Agrigento…a mangiare il pane Cucciddatu.
Salve dott. Giannattasio ha visto la mia domanda?
Buona sera,
finalmente arrivo anche io. Da grande amante del lievito madre e dei lievitati in genere, ho letto con molta attenzione il post e la sua replica e ho delle obiezioni da fare a rispetto a quanto le scrive.
Parto dalla replica:
* “La prima è che è ormai fuori discussione – ci sono diversi lavori scientifici che lo attestano – che un pane fatto utilizzando una farina semintegrale e lievitato con la pasta madre sia più digeribile e salutare di un pane fatto utilizzando una farina bianca e lievitato con lievito di birra”.
Ha detto tutto e niente. Non discuto i risultati degli studi scientifici ma se davvero si vuole confrontare (con rigore) lievito madre (LM) e lievito di birra (LdB), si devono confrontare sullo stesso terreno. Che mi dice quindi di un pane prodotto con farina semintegrale e una biga a 48h? In 48h i batteri lattici e i lieviti (che non sono solo ceppi di saccaromiceti) presenti naturalmente nella farina e nell’ambiente hanno modo di iniziare il loro lavoro positivo (acidificazione) e quindi si parte con un pre-impasto (fatto con una quantità minima di LdB) che può mimare i risultati del lievito madre. Ho come l’impressione che sul LdB ci sia un bias di partenza sulla capacità operativa di chi lo utilizza, non tutti i panettieri e/o i panificatori amatoriali bombardano gli impasti con quantità eccessive.
* “Riguardo all’intervento di Giustino Catalano. Buona parte dei batteri della pasta madre in origine sono esterni (cioè dell’ambiente esterno) all’impasto, poi diventano interni e si moltiplicano con l’impasto e i successivi rinfreschi.”
Non ho capito cosa intende per ambiente esterno: in un lievito madre concorrono a creare la microflora (lieviti più batteri lattici omo ed eterofermentanti) due fattori, la farina e l’ambiente (inteso come ambiente geografico e luogo di lavoro). Nella farina sono presenti lieviti e batteri lattici endogeni a cui possono unirsi quelli ambientali. In particolare nella farina i lieviti rappresentano circa l’1% della popolazione microbica totale fatta per la gran parte da batteri e muffe.
*”La temperatura interna al pane durante la cottura arriva a 80° (la morte dei lieviti e dei batteri lattici avviene a una temperatura inferiore). Ho detto prima che un’eventuale successiva lievitazione con lievito dopo quella con la pasta madre non è da condannare se può permettere un’alveolatura più rispondente alle esigenze di maggiore sofficità del pane (ma senza esagerare, però!).”
Due cose, è vero che la temperatura ammazza i batteri e i lieviti ma non le spore. Esiste una alterazione del pane detta pane filante provocata delle spore dei batteri del genere Bacillus che sopravvivono alla cottura.
I batteri lattici presenti nel LM (e in parte anche nelle bighe lunghe) sono definiti bioconservanti perchè riducono il problema delle contaminazioni su diversi livelli: acidificando o producendo metaboliti come la nisina (è una batteriocina). Non a caso quando un LM subisce una contaminazione (cosa non infrequente per chi non lo sa usare bene e non lo conosce a fondo… alcuni panettieri e molti panificatori amatoriali) si dice che la miglior purificazione è quello di spingerlo verso un’estrema acidità che fa schiattare i cattivi ma mantiene i buoni.
Ultima cosa; anche nel suo post ha scritto che morbidezza e sofficità nel pane sono legate alla quantità di lievito di birra, non è vero. Il panettone è bello soffice e se fatto con i dovuti crismi non vede nemmeno un grammo di LdB. Nel testo del post ha citato la michetta-rosetta e da come scrive sembra che la soffiatura (cioè la cavità) derivi da uno smodato uso di LdB: dipende dall’uso di farina forte e dalla tecnica di lavorazione.
Le ricordo il passaggio: “La farina utilizzata per gli impasti commerciali lievitati con il lievito di birra, è invece quasi sempre quella super-raffinata “tipo 00″. Utilizzando questa farina, l’impasto lievita intensamente e rapidamente (grazie anche all’impiego di dosi massicce di lievito e dei miglioratori). Si ottiene così in pochissime ore un pane sofficissimo con buchi (alveoli) al suo interno così grandi che in alcuni tipi di pane, come la tanto gradita rosetta-michetta, la mollica quasi scompare trasformandosi in una caverna piena di gas.”
Ripeto a me sembra che ci sia un pregiudizio nei confronti del lievito di birra che purtroppo ai miei occhi rende tutto il discorso poco obiettivo.
Diletta
@Prof: la farina dell’ultima panificazione era del mulino Floriddia, che la padrona di casa conosce bene :)
Solitamente uso 3 gr di lievito di birra per 3 etti di farina e 250 gr di acqua e un cucchiaino di sale. Lavoro l’impasto ogni dieci minuti, facendo 8 piegature per ciascuna lavorazione. Poi l’impasto riposa un’ora circa. Poi lo sistemo su un piano di lavoro infarinato, gli do una forma il più possibile rettangolare, lo piego a pacchetto e lo faccio riposare un’altra ora.
Poi lo inforno (e anche qui ci sono tremila varianti: tipo di forno, temperatura, se si usa o no la pietra refrattaria ecc…) per 30 minuti. Viene un pane soffice, facilmente digeribile e dura circa una settimana avvolto in un canovaccio di lino.
Nel frattempo sto allevando una pasta acida con altrettanto amore in dispensa: sono una donna tenace, vediamo se mi riesce di padroneggiare anche la pasta madre…
@Stefano: pane e carboidrati fanno ingrassare non “sopratutto” ma soltanto se assunti in gran quantità, quindi consumi del buon pane nella giusta misura. L’insulina nel sangue aumenta tanto maggiormente quando più elevato è l’indice glicemico dell’alimento e più elevata è la quantità che se ne consuma.
@Diletta. Modifico la mia affermazione che le fa dire con perentorietà che “ho detto tutto e niente”, in questo modo: nella lievitazione con lievito madre si ha un’attività ottimale della fitasi che porta alla degradazione dell’acido fitico, una salutare pre-digestione del glutine e delle fibre della crusca. Nella lievitazione con il lievito di birra questi pregi sono meno marcati o assenti. Per i dettagli può andare al libro che ho citato.
“Che ne dice di un pane prodotto con farina integrale e una biga a 48h?” Dico che è sicuramente un metodo da preferire a quello dell’impasto diretto a condizione che si usi una farina di ottima qualità e le condizioni igieniche siano perfette.
Grazie per la precisazione sul bacillo che causa la pasta filante, ma questo è capitolo che meriterebbe di essere approfondito in altro momento. Mi permetto di aggiungere che il pericolo della filatura del pane è minore se l’impasto è stato lievitato con lievito contenente lattobacilli.
Mi dice sempre “perentoriamente” che non è vero che morbidezza e sofficità nel pane sono legate alla quantità di lievito e mi cita come prova il panettone che, essendo lievitato con lievito madre, è molto soffice. Beh, io ora mi dovrei mettere a spiegare che il lievito madre del panettone industriale è così soffice per tre motivi: il lievito del panettone è rinfrescato più volte e negli ultimi rinfreschi viene addizionato di zucchero in modo che da favorire lo sviluppo di alcuni lieviti; con questi rinfreschi si favorisce anche lo sviluppo di un batterio, il Leuconostoc, che produce destrani, i quali contribuiscono a creare e mantenere la sofficità; per questo stesso scopo si aggiungono emulsionanti, come i mono e digliceridi degli acidi grassi). Sottoscrivo quanto lei dice dell’importanza delle farina di forza per la sofficità.
Assolutamente nessun pregiudizio sul lievito, la mia è soltanto preoccupazione per l’uso eccessivo che se ne può fare non solo nella produzione del pane, ma anche come integratore, per esaltare il gusto nei dadi senza glutammati, nei piatti pronti, ecc ecc. Insomma mi sta a cuore il cibo come capolavoro della natura e non come “falso d’autore”.
p.s.: Ho scritto questo post con soprattutto l’intento di sollecitare interventi sugli aspetti nutrizionali e salutistici del pane e dei prodotti lievitati da forno, e non su quelli tecnici della panificazione. Vi prego di tenerne conto se pensate di intervenire.
@Laura. Grazie dei tanti dettagli ma a me interessava sapere soltanto se lei faceva un impasto diretto o mediante biga. Continui nella ricerca. Fare il pane in casa rallegra immensamente i Lari, i nostri antenati divinità protettrici del focolare domestico.
Buon giorno,
Grazie per la sua risposta. Conosco l’azione, la biochimica e la fisiologia dei lieviti e dei batteri perché alle spalle ho un background scientifico saldo (nei tre anni di dottorato i batteri sono stati i miei migliori amici) quindi se vuole ne possiamo discutere in un’altra sede.
Rimango comunque dell’idea che il suo discorso non sia obiettivo: nell’esempio di panettone che mi ha fatto si parla di quello industriale… perché non ha preso quello artigianale fatto senza porcherie nè scorciatoie. Ho seguito recentemente un master sui lievitati con LM tenuto da Iginio Massari (forse ne ha sentito parlare) e dal prof. Antoniazzi per la parte biotecnologica e legislativa e non ho sentito parlare di aggiunte di zucchero al LM. Per me il panettone non si compra al supermercato. Capisco la sua preoccupazione ma la divulgazione non si fa così, spingendo l’argomento dove più fa comodo.
cordialmente,
Diletta
@Diletta: intervengo solo per dirti che essendo giustamente nuova tra queste pagine non sai che il blog è dedicato interamente all’aspetto della consapevolezza alimentare dal punto di vista della salute e degli aspetti nutrizionali delle varie preparazioni. Il prof non sta spingendo l’argomento dove gli fa comodo, ma nella direzione del blog :-)
Per tutti gli aspetti tecnologici della lievitazione il libro che il prof ha indicato (Biotecnologia dei prodotti lievitati da forno. A cura di Gobbetti e Corsetti. CEA 2010) è molto esaustivo.
Ad esempio anche per quanto riguarda il discorso sul panettone fatto in casa, pure quello purtroppo non è molto salutare, essendo comunque necessario, per renderlo veramente morbido e bello alto utilizzare la farina manitoba che è estremamente glutinica. Non dico che non si debba mangiarlo mai, anzi una volta all’anno una fetta va benissimo, ma non è molto interessante dal nostro punto di vista, quello della salute. Cosa che mi dispiace molto, visto che se ho un difetto serio è la golosità, ma è un fatto :-(
@prof: grazie per il suggerimento: ci proverò sicuramente!
Ringrazio nuovamente per la risposta. Il libro consigliato lo ho da tempo insieme ad altri universitari e non. Ripeto la discussione scientifica è fra due persone competenti sull’argomento. Non tutte le persone che leggono qui sopra hanno competenze tecniche e conoscenze per affrontare quel testo (come se io dovessi leggere un libro sul diritto).Divulgare vuol dire saper spiegare a tutti. E le spiegazioni che ho trovato non sono chiare perché comunque di esclude alla base (nutrizionalmente) uno dei due termini del confronto. se su questo blog sostenete tranquillamente che pet fare il panettone (a casa) ci vuole la manitoba, alzo le mani.
@Diletta: No no non sosteniamo affatto che per fare il panettone ci vuole per forza la manitoba, mi sono spiegata male. Tanto è vero che nell’ormai lontano 2009 ho preparato un panettone con la farina 0, e nel 2010 ho tranquillamente usato farro per una brioche. Quello che volevo intendere è che usare la manitoba è il modo più comune e semplice per fare il panettone, ed è in assoluto la farina più utilizzata in casa per questo tipo di preparazioni.
Diciamo che estremizzavo dando per scontato alcuni fatti di cui ho parlato qui sul blog nella rubrica le grane del grano, nella quale più volte ho spiegato che le farine da utilizzare per rimanere in buona salute sono quelle semintegrali da grani possibilmente antichi, come la 1 o la 2 di cui parla anche il prof in questo articolo.
Se ci riesci a fare il panettone con una farina di questo tipo fammelo sapere, ché mi piacerebbe tantissimo copiare la ricetta e farmelo qui a casa questo Natale!! Anche un bel pandoro non lo disdegnerei :-)))
Con le mani alzate ;), ti dico che per quasi tutti i miei lievitati casalinghi uso farina di tipo 1 della linea petra (non uso solo queste farine ma svariate altre comprate sempre presso mulini) e ci faccio anche lievitati dolci (il panettone quest’anno perchè ora ho la piccola impastatrice a braccia tuffanti che mi consente di non tirare giù i santi come quando lavoro con il KA). Solo per rimanere fuori tema, un pasticcere/panificatore esperto che sa lavorare con il LM e una impastatrice tira su un panettone anche con farine deboli.
@Diletta: Mi scuso con il prof per l’off topic, ma questo punto urgono ricetta e procedimento cara Diletta!!!! Io purtroppo non ho l’impastatrice a braccia tuffanti perché non ne ho mai trovata una casalinga (meno di tre chili tipo!) Tu ne hai una piccola? Dove l’hai comprata?. Io ho il KA e infatti è decisamente troppo violento per le farine antiche, a volte uso la foglia per evitare di strapparle. Non è che trovo qualcosa in proposito sul tuo blog? E il panettone viene come… deve venire? No perché io comincio a esercitarmi da adesso, nel caso :-)
Concludo la mia serie di riflessioni con un ultimo pensiero, forse l’unico in tema. A mio avviso (da persona che si informa, legge e che non è proprio sprovveduta in campo alimentare) il vostro post sarebbe stato nutrizionalmente rilevante se non aveste escluso a priori dall’equazione il lievito di birra.
Ho letto più volte quanto è stato scritto e riassumendo vengono presentati solo i pregi del LM e i difetti del LdB. Mai una volta è stato detto che il LM è sì un gran bello strumento ma che richiede cure e tecnica (conoscerne un po’ la sua biochimica, saper lavorare in modo pulito, saperlo sistemare quando si sbilancia) e non è per tutti.
La maggior parte delle persone che hanno chiesto il mio aiuto per “aggiustare” il loro LM avevano per le mani un lievito pessimo, sbilanciatissimo ed erano convinti che il loro pane (maleodorante e acido) fosse IL pane con il lievito madre. Si mangiavano acido acetico e un prodotto infimo perchè era comunque naturale.
Non tutti vogliono avere il LM e non tutti lo sanno curare perchè esso dia il meglio di sè (e faccia il lavoro che avete descritto). Il vostro post spinge verso la panificazione casalinga e/o l’acquisto consapevole, giustamente mettendo in guardia i consumatori che acquistano pane nella grande distribuzione o da panificatori truffaldini. Ma se passate il tempo a spulciare libri sulla panificazione o le ricette che passano in rete vi accorgerete che ancora la maggior parte delle ricette riportano i soliti 25g di LdB (il cubetto) per 500g di farina.
Ecco dal mio punto di vista perchè ci sia una vera educazione alimentare non si deve dire alle persone “attenti il LdB vi fa male, solo il LM vi salverà”. Si può ampliare la conoscenza e la capacità di scegliere bene affrontando l’argomento a tutto tondo e rimettendo nell’equazione il LdB a patto che se ne riducano drasticamente le quantità e che si usino pre-impasti (come la biga e in parte il poolish o la pasta da riporto).
Io quando non ho voglia di usare Lazzaro (il mio LM) nè di fare una lievitazione mista (LM più LdB) mi faccio un bell’impasto diretto con 2-3 g di LdB per Kg di farina. Mangerò un prodotto di scarsa qualità solo perchè c’è dentro il LdB? non credo e per una volta non mi farà certamente male.
Come giustamente ha detto il professore fra il LM e bombardamenti di LdB nell’impasto c’è un mondo ed è giusto che le persone lo conoscano. Non è meglio che si faccia a casa un pane con la biga piuttosto che un pane con tutto un cubetto di LdB?
Ripeto poi che in una biga lunga i fementi lattici ci sono e come.
Cordialmente,
D.
Caspita, che dibattito acceso e interessante…
Lo dico sempre che qui da Sonia si impara con ogni post!
Sono in parte d’accordo con quanto scrive Diletta a proposito di LM e LdB: anche se a fatica (nel senso che io sono un’accanita sostenitrice del LM), è corretto considerare che se usato con criterio, il ldb può *avvicinarsi* al comportamento del LM, a patto che se ne usi delle percentuali infinitesime (decimi di grammo per chilo di farina) e tempi di lievitazione prolungati. Per alcune preparazioni (panini morbidi o oltre), la spinta che dà il ldb non può essere ottenuta con un LM in perfetta salute.
Detto ciò, però, bisogna rinunciare agli aromi che la complessità del LM conferisce a un impasto.
Ma questo è intrinseco al fatto stesso che si fa una scelta, vantaggi e svantaggi.
Tra gli svantaggi del LM, è vero, c’è l’impegno che richiede il suo mantenimento. Personalmente, non lo ritengo in effetti uno svantaggio perchè è insito nel fatto di avere a che fare con una *creatura viva*.
Per quanto riguardo le farine, la farina Petra a cui accenna Diletta non mi sembra biologica e nemmeno derivante da grani antichi o mi sbaglio?
Sonia ne sai qualcosa?
Grazie cmq per lo scambio, sempre arricchente ;-)
@Sara I°lab: in effetti Diletta adesso che rileggo non aveva scritto che è bio :-/ Adesso vado a dare uno sguardo al loro sito e ti dico :-P
@ izn: grazie, attendo lumi ;-)
@Diletta: A me sembra che il suo ultimo intervento sia quello giusto e vada nella direzione che auspico per la corretta informazione dei consumatori: buon senso senza ideologie e preconcetti.
Vede, c’è sempre di più una divaricazione tra gli interessi dei consumatori (prezzo, qualità, salute) e quelli dell’industria alimentare, che invece bada ai suoi interessi economici che non coincidono quasi mai con quelli dei consumatori.
La filiera della produzione che va dal grano al pane, agli altri prodotti da forno e alla pasta è uno degli esempi più eclatanti. Ne sono una prova gli allergici al grano, i celiaci, gli intolleranti al grano, i panciagonfisti con cui per motivi professionali vengo a contatto quotidianamente e che mi hanno spinto a scrivere questo post e prima di esso il quadermo sulle allergie e intolleranze che uscirà tra qualche mese.
Mi lasci dire una cosa, Diletta, l’insegnamento univesitario nelle tecnologie agrarie, che presumo lei abbia frequentato con successo, è un grande privilegio per chi ha la fortuna di seguirlo, ma ha il difetto di tendere a guardare la qualità degli alimenti dal punto di vista tecnologico (cioè degli interessi dell’industria alimentare) piuttosto che degli interessi dei consumatori.
Il nostro compito, al di là delle questioni se è meglio la biga o il lievito madre per fare il pane, è quello di informare le persone affinché aprano gli occhi sulla pubblicità televisiva che è *sempre* ingannevole, sulla qualità delle offerte “compri tre e paghi due” e su prodotti come il pan bauletto, che è un vero oltraggio al pane, un tempo innalzato all’altare di corpo di Cristo per la sua sacralità.
Con viva cordialità per aver acceso il sacro fuoco del dibattito, che è il fondamento della libertà e della libera informazione.
Un articolo bellissimo ed una interessante discussione. Complimenti
Intervengo da “profana”. Nel senso che non amo moltissimo il pane e i lievitati. E, probabilmente per questo, sono mooolto selettiva nell’acquisto. Sono fortunata, perche’ ho trovato almeno due panettieri, quaggiu’ e pure vicino a casa, che sfornano un ottimo pane, sia con la pasta madre che col lievito di birra (e tutto biologico e macinato a pietra e locale etc etc).
Ammetto che, ogni volta che sono rientrata in Italia, negli ultimi due anni (e anche vedendo le migliaia di foto di pizze, focacce, pani e grissini e dituttounpo’ postate quotidianamente su fb dai miei connazionali), ogni tanto penso ci sia un’epidemia.
La maggior parte di queste persone (l’ho chiesto) usano un cubetto di lievito per 300 grammi di farina, massimo 400. E rispondono: “Eh, le dosi ci sono scritte sul sito del lievito!”. E poi via di pancia gonfia, mal di testa, mal di schiena, dolori muscolari, stanchezza e lune storte. Questi si fan fuori 2 etti e mezzo di lievito alla settimana! In pratica ho sempre l’impressione che gli italiani vivano di quello e basta (con una breve pausa dei due mesi estivi, che fa caldo e c’e’ l’anguria ;-) ).
Voglio dire, capisco in pieno quanto detto da Diletta. Ma quante “Diletta” ci sono in Italia? L’1%, il 2, ad essere ottimisti? Credo che l’articolo di Giannattasio fosse diretto, come dire… a tutti gli altri. A quelli che, appunto, sfornano quotidianamente lievito con un po’ di farina attorno. A quelli che comprano merendine, pizzette, panini finti, biscotti e tortine, per loro e per i loro figli. E che non sarebbero capaci di farne a meno per due giorni di fila.
Non credo nessuno demonizzi il pane o il lievito, ma sinceramente mi sembra che si stia un filo esagerando (Diletta esclusa. Tra l’altro, Lazzaro e’ un nome fantastico, per una pasta madre! :-) )
Claudia ha colto nel segno. Vi riporto quando scrivo nel Quaderno in corso di stampa sulle allergie e intolleranze alimentari: “Voglio soffermarmi sull’”intolleranza al grano” perché essa è esemplare in questo contesto. È una di quelle lamentate con maggiore frequenza con il suo variegato carico di imputazioni che vanno dal banale gonfiore di pancia alla testa vuota, al nervosismo, al mal di testa, ecc. La spiegazione è semplice: si fa un consumo eccessivo di prodotti a base di farina di grano. La situazione dunque non è cambiata dai tempi del dott. Munthe, che nel già citato libro La storia di San Michele dice: “la mia diagnosi era che mangiavano troppo, troppi pasticcini e dolciumi durante il giorno, e pranzi troppo abbondanti la sera. Probabilmente era la diagnosi più giusta che facevo in quei giorni, ma non incontrava alcun successo. Nessun paziente voleva saperne, non piaceva a nessuno”.
Oggi a mio avviso c’è l’aggravante del consumo di prodotti di cattiva qualità. La lista è lunga: cornetti mattutini congelati e scongelati alla bisogna, merendine farcite di additivi e zucchero, fette giganti di pizza addizionata di glutine, panini superlievitati, pasta essiccata ad elevate temperature…
Spesso, per guarire da questa intolleranza al grano non è necessario seguire le diete ferree e alienanti in voga oggi. Basterebbe usare la moderazione e consumare cibo di qualità. Quindi niente “levarsi di bocca” pane e pasta, alimenti che sono alla base della nostra alimentazione, ma si consumino, con la dovuta moderazione, quelli prodotti con farine di qualità, le bio ad esempio, e con tecniche accurate ed attente, come la lievitazione a pasta madre nel caso del pane e l’essiccazione a bassa temperatura nel caso della pasta.
@Claudia: Ahahahah!! “Lievito con un po’ di farina attorno” è un’espressione geniale! :-D
Mi sembra molto interessante il punto di vista di Diletta. E in certi passaggi mi ci ritrovo davvero (anche se non sono un’ esperta come lei). A volte mi sembra che il tono di questo blog diventi un po’ troppo intransigente, e che, anziché spingere verso una consapevolezza ulteriore, crei problemi a chi vuole cercare di mangiare meglio ma non ha ne’ l’organizzazione di vita ne’ lo “spazio mentale” per essere così rigida nei copertamenti.
Parto dal discorso di Claudia, per esempio: non è’ vero che il pane venduto e’ così peggiorato, e penso che chi legge questo sito già di suo non vada a comprare schifezze di lievito con farina. Ma fra la pasta madre (che a me non è’ mai riuscita) e il lievito schifezza con farina c’e’ un mondo che non fa male a nessuno. Almeno così mi sembra di capire. Se non ho la pasta madre ma ho voglia di pane buono credo che farlo con farina 0 (quella che trovo) e un buon lievito di birra biologico non mi porterà sull’orlo della tomba. Gli estremismi allontanano. A me non piace il pane con la pasta madre, il suo sapore acido.
E poi, scusa Izn, chi ha detto che il glutine fa male? Esistono studi scientifici in proposito? Perché continuare a demonizzare alimenti di uso comune non fa buona informazione. Ieri sera ho fatto il pane, ma non ho potuto utilizzare il tuo sito per la ricetta perché, appunto, avevo fretta. Polvere lievitante biologica rapidissima, farina DOC semiintegrale, semi di lino, me lo sono inventato, ma almeno era buonissimo, sano, ma non “in linea” con le vostre linee guida.
Ho fatto forse un po’ di confusione per la fretta, ma solo per dire che c’e’ un mondo che vuole imparare e mangiare consapevole ma non ce la fa ad essere così rigido. Forse dovreste ogni tanto rivolgervi anche a quello, o se ne andrà a leggere altrove. È forse imparerà meno.
Scusate, un altro esempio, anche se fuori tema. Ieri una bambina sgridava un’altra perché per merenda mangiava un dolce. Davvero, la sgridava: non sai che gli zuccheri fanno male, ti verrà il diabete, ingrasserai ecc. Ecc. Lei , solo frutta, perché è sana. Ecco, ma una fetta di torta con farina integrale, zucchero di canna, uova felici e latte, non sarebbe stato un buon compromesso? Anche se contiene zuccheri? Dove ci porteranno tutte queste guerre di religioni?
scusate se non faccio una domanda prettamente scientifica. cosa ne pensate della pasta madre essiccata? certo non è come la ‘creatura’ di cui ti devi prendere cura almeno due volte a settimana, ma per risparmiare tempo e usare un ingrediente naturale può essere un valido compromesso? grazie per la risposta
sono abbastanza d accordo sulle considerazioni generali,ma a chi serve,che il pane duri una settimana,basta comprare il necessario per pochi giorni.purtroppo anche chi lo produce in casa con il lm,lo conserva nel congelatore-
@Graziella Carnevali: Nessuna intransigenza, ma solo la voglia di (ri)scoprire l’ottimo pane. Ma tra quello ottimo e quello pessimo (vedi quei pani surgelati mollici e destinati a diventare pietra nell’arco di poche ore, oppure il pane in cassetta sempre molliccio e trattato anche con l’alcol) c’è un’ampia scelta. Certo molto meglio fare del pane con dell’ottima farina bianca e lievitata moderatamente con del lievito di birra che fare del pessimo pane con cativo lievito madre vuoi per inesperienza vuoi per poca attitudine. Quindi vada avanti con il suo pane se le riesce bene.
Io consiglierei di consumarlo tostato qualora fosse causa di gonfiori. Sul valore nutrizionale del glutine accennerò nella seconda puntata. Anticipo che è un complesso proteico tra i meno digeribili, ed è carente di qualche amminoacido essenziale.
Grazie prof! Davvero, la sua risposta mi aiuta molto. E sicuramente anche quello che mi svelerà sul glutine. Attendo con ansia.
[…] Pasto Nudo (salvare-nei-preferiti), il Dott. Matteo Giattanasio ha spiegato una volta per tutte le differenze tra pasta madre e lievito di birra. Ma io non vi voglio convincere, […]
Salve, volevo sapere se il lievito di birra fa ingrassare?
Grazie Prof. per questo articolo illuminante! A differenza di chi ha posto critiche su intransigenza e poca obiettività, mi ritrovo in tutto ciò che dice. Trovare del pane con lievito di birra fatto bene, è un’impresa ardua, per quanto sicuramente esista! Ultimamente sto tenendo delle serate informative su additivi alimentari e in particolare sui processi lievitativi ( ps: a questo proposito la ringrazio molto perché i suoi testi e le bibliografie dei suoi testi sono stati per me fondamentali!)
Ho sofferto per molto tempo di candidosi intestinale e l’unico modo per sconfiggerla è stato proprio iniziare una dieta priva di lieviti chimici e prodotti contenenti lievito di birra a “gogo”!
Più volte, (più per esperimento, che per voglia) ho provato a reintrodurre questi alimenti, ma tutte le volte si ripresentava la candidosi. E come me ho conosciuto tante persone.
Mia mamma è una grande fan del sito e ha cominciato all’epoca a coltivarsi il lievito madre ( che ora dobbiamo spacciare ad amici, parenti, conoscenti per non avere il frigorifero invaso dal “blob”!) e a cucinare i prodotti da forno solo con quello. Mi si dica quel che si vuole, obiettività o meno, io da quel momento ho perso 5 kg, mi si è letteralmente sgonfiata la pancia e ho sconfitto la candidosi ( e ci tengo a precisare che studiando Ingegneria e lavorando contemporaneamente, non riesco a praticare nessun’attività fisica al di fuori del correre dietro alle mie nipotine e camminare su e giù da casa alla stazione e dalla stazione di Torino al Politecnico)
Insomma, grazie Prof!
Buongiorno Prof. Giannattasio,
ho iniziato da poco a realizzare il mio leivito madre con buoni risultati. Mi chiedevo se l’aggiunta di alcuni grammi di lievito di birra alla pasta madre potrebbe regalare quel qualcosa in più all’impasto. Oppure è meglio evitare? Non che abbia dei problemi di lievitazione ma solo per regalare qualche aroma in più.
La ringrazio per l’attenzione e Le porgo un cordiale saluto
Raniero