E il momento arrivò (finalmente) :-) Dopo anni della stessa domanda via mail, via facebook, per telefono e soprattutto di persona: “tutto bello, ma dove trovo i piccoli produttori, e come faccio ad acquistare da loro!!??” finalmente la mia risposta sarà una e una sola: se proprio non potete andare a trovare, magari nel fine settimana, quelli che si trovano nei vostri dintorni, comprate direttamente da loro tutto quello che vi piace su Ammuìna.
ammuina niente cibo dagli sconosciuti
Fermo restando che comunque vi accoglieranno a braccia aperte per farvi visitare aziende agricole e allevamenti, e che molti di loro sono anche in grado di ospitarvi per mangiare o dormire, e che rischiano di rendervi molto difficile tornare a casa senza sospirare :-)
Dopo mesi di ricerche, discussioni, brainstorming, domande irrisolte e dubbi amletici, un sacco di ore davanti ai monitor, e tantissimissime telefonate ai miei prediletti produttori (ma quanto vi ho rotto le scatole? Eh?), finalmente stamattina il mercato dei produttori del pasto nudo apre i battenti. Per il momento solo 4 dei negozi sono aperti e funzionanti, ma come potete vedere ci sono molte altre faccine in attesa di aprire bottega; dateci solo qualche giorno ancora e ci saranno tutti, noi man mano che arriva il materiale dai produttori lo aggiungiamo. Segnalatemi se qualcosa non funziona, se pensate che possiamo migliorare in qualche modo, cosa vi piace e cosa no, cosa vorreste aggiungere e se riuscite ad acquistare con facilità.
Tenete conto che stiamo inserendo adesso le password dei soci, quindi se non siete soci potete provare tranquillamente ad acquistare, se invece avete la tessera aspettate domattina, perché così avrete lo sconto riservato a voi.

Inutile dire quanto sono emozionata e felice di questo nuovo passo. Questo negozio è un vero e proprio figlio del pasto nudo, che è nato come blog, crescendo è diventato un’associazione, e adesso è papà (quindi sono ufficialmente nonna! ARGH!). Lo scopo di tutto questo lavoro è sempre lo stesso: fare in modo che voi possiate acquistare direttamente da chi produce cibo e altri prodotti consapevoli, o si occupa di distribuirli tagliando più possibile la filiera, e tirarvi fuori dai vari supermercati, bio e non bio, che per forza di cose hanno prezzi più alti e vari altri problemi dovuti ai numeri, e quindi alle logiche, della grande distribuzione.

Immagino avrete un sacco di dubbi e domande su questa iniziativa, e aspetto che me li esponiate qui nei commenti per rispondere a tutti. Intanto voglio spiegarvi la scelta del nome, che a prima vista potrebbe sembrare un po’ strano, a chi di voi ha poca dimestichezza con il linguaggio del sud, perché magari non ha mai sentito questa parola, e a chi invece la conosce, perché di solito viene usata per indicare una gran confusione. Per spiegarvelo per bene, vi copio-incollo la genesi di quest’espressione tipicamente napoletana, prelevata direttamente da Wikipedia:
“Sebbene il facite ammuina non nasca affatto da un regolamento della marina borbonica, esso trae origine da un fatto storico realmente accaduto (…) Un ufficiale napoletano, Federico Cafiero (1807 – 1888), passato dalla parte dei piemontesi già durante l’invasione del Regno delle Due Sicilie, venne sorpreso a dormire a bordo della sua nave insieme al suo equipaggio e messo agli arresti da un ammiraglio piemontese, in quanto responsabile dell’indisciplina a bordo. Una volta scontata la pena, l’indisciplinato ufficiale venne rimesso al comando della sua nave dove pensò bene di istruire il proprio equipaggio a *fare ammuìna* (ovvero il maggior rumore e confusione possibile) nel caso in cui si fosse ripresentato un ufficiale superiore, con lo scopo di essere avvertito e contemporaneamente di dimostrare l’operosità dell’equipaggio”.
Quindi un pigrone questo ufficiale! Nella nostra intenzione invece, Ammuìna è l’espressione di ciò che stiamo cercando di fare: una sorta di cambio di paradigma silenzioso, pacifico, individuale, ma che poi in effetti è una vera e propria rivoluzione. Un modo di essere che ho sempre trovato molto napoletano, e ben espresso anche dalla frase “lo prendi per la testa e scappa per la coda”. Un modo di dire che denota la nostra insofferenza per i limiti nei quali ci sentiamo spesso rinchiusi, non solo per quanto riguarda il cibo, ma proprio i binari della nostra vita, dai quali a volte vorremmo deviare, ma siamo così lanciati e indaffarati che difficilmente riusciamo a trovare il modo di farlo.
Io credo fortemente (l’ho scritto tante volte, lo so, ma repetita iuvant) che acquistare sia un gesto sociale, e che quando si comincia a leggere le etichette, a decidere con la propria testa invece che ipnotizzati dai media, a informarsi e a lasciare sugli scaffali ciò che non si ritiene sano, o etico, o giusto, si stia facendo un tipo positivo di *ammuìna*, una rivolta interiore che può aprire la porta alla strada per la libertà. Come scrivevo in tempi non sospetti, nel lontano 2010: “il capitalismo è fallito, il comunismo è fallito, e siamo già in uno stadio avanzato della ricerca di un nuovo ordine economico, che nasca dal basso invece di caderci in testa dall’alto, che sia orizzontale invece che verticale, che insomma ci metta in grado di autogestirci, di non aver bisogno che le cose primarie ci vengano offerte con finta paternalità, che poi dobbiamo anche ringraziare per quello che ci dànno, anzi che ce l’hanno dato.”
Insomma. Io credo che queste persone bellissime e oneste, che decidono di complicarsi la vita cercando il modo di non mettere i conservanti nei salumi, e di allevare gli animali nel modo migliore possibile, di scervellarsi per coltivare la terra senza usare preparati sintetici per non renderla sterile, e insomma di riuscire a dare la speranza di un futuro ai nostri figli, credo che questa gente vada supportata e aiutata. E penso che le persone che cercano il modo per non avvelenarsi e per migliorare le cose anche attraverso i piccoli gesti quotidiani vadano aiutate a farlo. Ammuìna è un ponte virtuale tra gli uni e gli altri, e spero tanto che riesca almeno in parte a cambiare il modo in cui acquistate.
Ultima precisazione per chi mi chiederà dove va a finire il famoso chilometro zero acquistando online. Non so se avete letto questo articolo di Slow Food. Ve ne cito uno stralcio: “Comprare sull’uscio di casa vuol dire bandire tutto ciò che arriva da fuori della cinta daziaria? Vuol dire privarsi del caffè, del cioccolato, delle banane, dello zucchero di canna? Vuol dire non mangiare, al Nord, arance e mandarini? Vuol dire che nelle regioni senza mare non si può avere pesce? Certo che no. Allora perché continuare a usare una definizione fuorviante, illusoria? Diciamolo chiaramente una volta per tutte: il chilometro zero non esiste. E non esiste perché il mercato non può reggersi sul localismo esasperato e sull’autarchia assoluta. Viviamo una società mercantile, ci piaccia o meno. Vale invece concepire uno stile di vita che privilegi il più possibile i prodotti di territorio, vale cioè come stimolo etico. Deve essere l’etica a guidare i nostri acquisti e non la geografia. O per lo meno, non solo la geografia.”
Mi trovo molto in accordo con queste parole. Voglio dire, se avete la possibilità di trovare vicino a voi cibo e merci sane e giuste, ben venga, e in quel caso sarebbe sicuramente un’errore cercare altrove. Ma non mi sembra il caso di privilegiare qualcosa *solo* perché viene da vicino. Sarebbe una generalizzazione, ottusa come tutte e generalizzazioni.
Insomma? Che dite? Che ne pensate? Sono pronta al diluvio di dubbi, domande e curiosità. E pure insulti! Ma gentili eh! :-)