Non so se avete notato quanto sia vario e incredibile il mondo dei formaggi (si è appena svolta una manifestazione che lo testimonia ampiamente). Io personalmente non amo quelli molto stagionati, per il resto mi piacciono praticamente tutti, fatto sta che è uno degli alimenti più antichi in assoluto, e come tale estremamente affascinante.
Oggi vi presento un produttore che si chiama Federico Varallo, e che si trova ad Alfedena (in provincia dell’Aquila), anche se è originario di Montella (in provincia di Avellino); insieme a lui vi racconto di un ceppo bovino molto antico e particolare, il Podolico; una razza “identitaria”, alla quale sono legate le radici di molta gente del meridione della nostra penisola; Federico è un po’ un eccezione, in Abruzzo: la razza è ben presente ancora in Campania (entroterra), Basilicata, Calabria, Puglia e la sua massima espansione la ebbe se non sbaglio tra le due guerre, arrivando ad essere allevata sino in Veneto (poi la Frisona la spazzò via).
Ascoltare i racconti di Federico rapisce: ad esempio ci ha raccontato delle transumanze fatte sino a pochi anni fa dalla sua famiglia assieme a quelle di altri sei o sette allevatori irpini verso il Gargano; ognuno mungeva ogni giorno le proprie vacche e faceva il formaggio a rotazione con il latte di tutti; poi, per riconoscere i propri, ognuno chiudeva i suoi caciocavalli formando la testina a modo proprio :-)
La Podolica è una razza così speciale che esistono gruppi su facebook per valorizzarla, siti derivati da convegni, dedicati esclusivamente ad essa e tantissime persone e organizzazioni (come ad esempio l’Anfosc, l’associazione che riunisce i produttori di formaggi “sotto il cielo”), ma soprattutto l’Anabic,(l’associazione nazionale degli allevatori dei bovini da carne, che lavorano ogni giorno perché torni ad essere diffusa qui da noi come lo era molti anni fa (attualmente pare ce ne siano solo 25.000 esemplari!). Oltre al latte della Podolica si può infatti anche mangiare la carne, e anche per questa motivazione l’Anabic sta cercando di incrementare gli allevatori di questa razza allevata nei comuni dell’Appennino Lucano e della Collina Materana.
Il fatto è che questa razza produce poco latte, anche se di qualità straordinaria, e non si presta affatto all’allevamento intensivo: deve pascolare allo stato brado o semi-brado. Eppure il caciocavallo prodotto con il suo latte è molto pregiato (ed è ad esempio presidio slow food del Gargano).
La mantèca con cui ho preparato la ricetta per Stefano è un po’ una derivazione del caciocavallo di cui vi parlavo; un prodotto ormai introvabile, che viene realizzato da pochissimi, che si basa sul burro ricavato da una ricotta piuttosto grassa; questo burro viene poi rinchiuso in un “sacchetto” di pasta di caciocavallo (più è sottile più è pregiata la mantèca), dove al riparo dall’ossigeno si conserva anche sei mesi.
Trovate tutto il procedimento, completo di fotografie molto esaurienti in questo bel post nel quale mi sono imbattuta su google; la particolarità del burro in questione è proprio che viene ottenuto dalla ricotta; ha un sapore molto molto deciso, diverso dal burro di panna al quale siamo abituati, e si presta per varie ricette, ad esempio l’ho visto semplicemente fuso su una costata di lombo in questo pdf, e sono stata tentata di provare a mangiarlo così.
Poi la mia tendenza al lavoro manuale ha vinto e ho deciso di preparare dei ravioli alla zucca che avevo visto tempo fa qui da Katie; ho pensato di utilizzare la parte esterna, che mi è arrivata un po’ stagionata rispetto a quella che ha ricevuto Elisa per il ripieno dei ravioli, e il burro interno insieme alla salvia per condirli.
Ho chiesto al nostro esperto pastaio una dritta per preparare i ravioli con la farina semintegrale di Sonia, ho ripassato il bel post di Teresa sulla sbianchitura, e sono partita. Mauro mi diceva che mediamente la dose che si usa per la pasta fresca è 1 uovo intero per 100 grammi di farina, anche se lui suggerisce di iniziare con 300 grammi di farina e 2 uova intere, e all’occorrenza aggiungere un altro uovo poco per volta; nel caso dei ravioli (e di farina poco glutinica) però si può anche usare solo albume, che funge da collante.
Io avevo uova piccoline e ne ho dovute mettere tre più un albume, e nonostante questo ho avuto un po’ di difficoltà perché ho voluto tirare la sfoglia fino alla penultima tacca sulla macchinetta e mi sono intestardita a non mettere pangrattato nel ripieno, che è una cosa che proprio non mi piace fare. Così l’impasto ha inumidito molto la sfoglia, e tre o quattro ravioli mi si sono rotti nonostante la sbianchitura, sigh.
La ricetta come al solito la trovate qui su Qualeformaggio, ma diversamente da come ho fatto io ho segnato negli ingredienti metà farina 1 e metà 0, e ho inserito la nota di lasciar colare una notte in frigo il ripieno oppure di aggiungere il pangrattato (magari fatto in casa) per avere meno problemi di impasti… evasivi :-)
Di solito, per stendere la pasta con più facilità (ed anche io uso solo la farina di Floriddia) faccio l’impasto il giorno prima e lo conservo in frigo avvolto in pellicola. Poi lo tiro fuori mezz’ora prima di stenderlo (al mattarello, non avendo la macchina): viene molto bene! Detto questo, hai valorizzato divinamente la manteca: quel suo gusto vagamente fumé deve star benissimo con la zucca!
@sara b: infatti la mantèca dà la sua personalità alla zucca che è… zuccosissima! Però nello stesso tempo non copre il sapore delle nocciole. Domani provo il tuo metodo, questa cosa della pasta all’uovo non deve esistere! Devo vincere io!! >:-/
E se non riesco ad avere la mantèca? Il caciocavallo va bene uguale????????
@Simona: la mantèca è composta da un “vestito” di pasta filata e da un’anima di burro. Ma se usi burro e pasta filata comuni è come passare da una Ferrari (la ricetta di Sonia) ad una Cinquecento. Farsi del male? Perché mai? Vedremo di inserire presto questi prodotti nelle pagine del mercato del mio portale. Ci stiamo lavorando. Se vai alla ricetta, in basso – sotto gli ingredienti – ci sono i recapiti del produttore. Ciao
Buon giorno Stefano, capisco che è molto difficile sostituire l’originale con qualcosa di simile. Il problema nel procurarsi e acquistare questi formaggi (che solo a leggerne mi viene l’acquolina in bocca!) è la distanza. Io abito a Bolzano, se devo farmi arrivare una o due “forme” di formaggio diventa un impegno anche economico non indifferente. E poi, anche se mi associassi a qualcun altro per l’acquisto, il prodotto mi arriverebbe integro nelle sue caratteristiche organolettiche?
@ Rosella: i freschi e semifreschi non verranno inviati, per ovvi motivi (lo sport più in voga tra i corrieri espresso è il lancio dei pacchi). Gli stagionati non hanno problemi ad essere spediti. Ogni venditore indicherà le proprie condizioni: molti escluderanno i mesi estivi; alcuni suggeriranno delle formule di acquisto in fattoria, con condizioni vantaggiose sul soggiorno. Cercheremo di aguzzare l’ingegno per rendere ciascuna proposta… irresistibile! :D