Tempo addietro discutevo di latte con un caro amico vegano. Lui sosteneva a spada tratta che è un alimento criminale per la nostra salute. Poiché io sostenevo il contrario, egli mi invitò a leggere il libro “The China Study” scritto da un insigne scienziato americano, dove a suo avviso avrei potuto trovare la documentazione scientifica a sostegno della sua tesi.
Anche se con ritardo, ho letto questo libro, diventato nel frattempo un best seller specialmente tra i vegani. Ho pensato di comunicarvi alcune mie considerazioni che riguardano il capitolo 3 e i vari capitoli dall’8 in poi, nei quali il latte viene appunto criminalizzato a tutto spiano.
Prima parte: la caseina (la proteina più abbondante del latte) è davvero cancerogena?
Nel capitolo 3 l’autore descrive e interpreta i suoi esperimenti sui ratti, riguardanti gli effetti della caseina presente nella dieta (come fonte alimentare di proteine), sull’attività cancerogena dell’aflatossina. Commento alcuni passaggi.
pagina 65, rigo 18. “Fino a quel momento avevamo utilizzato la caseina, che costituisce l’87% del latte vaccino“. In effetti la caseina costituisce soltanto il 2,7% del latte, mentre un altro 0,6% è rappresentato dalle proteine del siero. Si tratta probabilmente di un inconveniente occorso in fase di stampa del libro cui spero si sia rimediato se ci sono state edizioni successive a quella in mio possesso.”.
pagina 67, rigo 26. “È fuori di dubbio che le proteine del latte vaccino siano un promotore straordinariamente potente del cancro nei ratti a cui è stata somministrata l’aflatossina”. Ritengo che piuttosto che parlare genericamente di “proteine del latte”, si sarebbe dovuto specificare che si trattava della caseina (che è appunto la proteina studiata). Questo perché la caseina è soltanto una, anche se la più abbondante, delle numerose proteine presenti nel latte.
Inoltre la frase, così come è messa, può creare equivoci nei lettori che non hanno una preparazione specifica. Potrebbe far credere che la caseina sia *di per sé* cancerogena, mentre la conclusione a cui arriva l’autore con le sue ricerche è un’altra: la caseina – ad alte dosi – non è cancerogena ma favorisce l’azione cancerogena di un’altra sostanza, che nel caso degli esperimenti descritti, è l’aflatossina, notoriamente cancerogena per il fegato. Preciso che l’aflatossina è prodotta da alcune muffe quando alimenti vegetali, come i cereali e la frutta secca oleaginosa, non sono conservati come si dovrebbe.
pagina 63, quartultimo rigo. L’autore qui afferma che la caseina favorisce l’azione cancerogena dell’aflatossina soltanto quando la quantità presente nella dieta supera il 10% (delle calorie totali), cioè è più alta di quella necessaria per soddisfare le esigenze nutrizionali dei ratti. Dunque fino al 10% la caseina è del tutto innocua per i ratti, anche in presenza dell’aflatossina.
pagina 71, rigo 16. “ratti ed esseri umani hanno un fabbisogno quasi identico di proteine”. Sta a significare che anche per noi il 10% delle proteine è la quota proteica necessaria per soddisfare le nostre esigenze nutrizionali.
Probabilmente vi starete chiedendo cosa significhi questo 10% e quale sia la quantità di proteine (o di caseina) che corrisponda a tale percentuale. Presto detto: è la quantità di proteine (o di caseina) che fornisce il 10% delle calorie totali della dieta. Pertanto, se si considera una dieta normale da 2000 kcal, il 10% di proteine (o caseina) è pari a 200 kcal, che diviso per 4 (perché a ogni 4 kcal corrisponde 1 grammo di proteine) fa 50 grammi di proteine (o di caseina).
Arrivati a questo punto, un interrogativo: se, a quanto pare, i ratti vivono bene se sono nutriti con una dieta in cui la caseina è *l’unica* fonte proteica, potremmo anche noi vivere con un dieta in cui le esigenze in proteine siano soddisfatte unicamente da 50 grammi di caseina al giorno? La risposta è no, non solo perché sarebbe assurdo consumare tutti i giorni soltanto latte e latticini (sono le uniche fonti di caseina) ma anche perché la caseina ha bassi livelli di triptofano e treonina per cui a lungo andare andremmo in carenza per questi due amminoacidi essenziali.
Ancora meno probabile, quindi, che si assumano quantità maggiori di latte e/o latticini per arrivare alle quantità (oltre i 50 grammi) che stando alle ricerche di Campbell, favorirebbero lo sviluppo del cancro indotto dall’aflatossina.
Ma, ammesso e non concesso che potessimo vivere di sola caseina come fonte proteica, sapete quanto latte e latticini dovremmo consumare al giorno per assumere i 50 grammi di cui abbiamo bisogno? Una tazza (200 ml) di latte (5,4 grammi di caseina) e ben 150 grammi di un formaggio stagionato come il parmigiano (sono altri 45 grammi), corrispondenti all’incirca a 4 porzioni. È un’eventualità da follia bulimica! Ed è, ovviamente, ancora meno probabile che si assumano quantità addirittura maggiori di latte e/o latticini per arrivare alle quantità (oltre 50 grammi) di caseina che, stando alle ricerche di Campbell, favorirebbero lo sviluppo del cancro indotto dall’aflatossina.
In sintesi
• la caseina di per sé non è cancerogena per i ratti, ma in quantità che vanno oltre quella necessaria per soddisfare le esigenze nutrizionali, stimola l’attività cancerogena dell’aflatossina;
• nell’uomo la caseina non può avere lo stesso effetto nocivo osservato nei ratti, perché è impensabile che si possano assumere 50 (o più!) grammi di caseina al giorno.
Pertanto, l’equazione in voga, basata sulle ricerche del prof. Campbell sui ratti alimentati con caseina: “il latte contiene caseina = la caseina è cancerogena = bere il latte provoca il cancro”, non ha un fondamento scientifico incontestabile.
Sia chiaro che queste mie considerazioni riguardano il latte, e non gli alimenti animali nel loro complesso, il cui consumo eccessivo — dato questo accertato inequivocabilmente da numerose ricerche — può aumentare il rischio di insorgenza del cancro e di altre patologie degenerative.
Seconda parte: il latte è davvero un elemento criminale?
Stando alle ricerche epidemiologiche (di altri studiosi) riportate nel libro di Campbell nel capitolo ottavo e seguente risulterebbe che il consumo di latte e latticini aumenti il rischio di insorgenza di alcune forme di cancro, come quello della prostata, del diabete e di altre malattie degenerative.
C’è da dire a questo proposito che, se c’è una schiera di studiosi che criminalizza il latte, ce n’è un’altra che invece lo santifica.
Io mi limito a trarre spunto da questa diatriba per sottolineare che tutte le ricerche epidemiologiche finora condotte per accertare se il latte sia nocivo oppure no hanno preso in considerazione la quantità di latte consumato, e se fosse intero o scremato, senza però mai tener conto della *qualità* del latte. Trovo che questo sia un errore di metodo perché, oggi, a causa delle pratiche perverse che attua la moderna zootecnia industriale, gran parte del latte che si consuma è di qualità così scadente che può effettivamente risultare nocivo per l’uomo.
Si pensi a quante sostanze pericolose può contenere un latte di cattiva qualità: residui di pesticidi, antibiotici, additivi, contaminanti ambientali come la diossina che possiede attività estrogenico-simile, sostanze ad attività ormonale (fitoestrogeni e enterolattoni della soia e dei pannelli di lino). Sono tutte sostanze potenzialmente nocive che provengono dal mangime dato agli animali. Singolarmente esse sono di norma presenti nel latte al di sotto della soglia di sicurezza fissata per legge, ma l’effetto del cocktail (derivante dalla loro combinazione) sulla nostra salute non è dato di saperlo.
E non ho finito. Diverse pratiche zootecniche, rivolte ad aumentare la produzione di latte oltre i limiti imposti dalla fisiologia dell’animale, possono determinare un aumento dei livelli di sostanze proprie del latte (estrogeni e insulin-like-growth factor) che, oltre una determinata soglia, possono essere nocive. Negli Stati Uniti (paese in cui è stata condotta la maggior parte degli studi epidemiologici sul latte) le mucche sono addirittura trattate con l’ormone della crescita bovina (per di più transgenico).
Come può una vacca alimentata e trattata così male dare del latte sano? Per questo, come sapete, io bevo e consiglio di bere, ovviamente a chi lo tollera, quel latte lì a km 1000. Aggiungo che c’è anche qualche latte made in italy che è di buona qualità.
D’altro canto, se fosse il latte in quanto tale a far male, come ci spiegheremmo il fatto che esso era insieme al miele l’alimento della terra promessa da Dio alla gente di Israele? Di zuppa di latte si sono giovate generazioni di bambini e vecchi, che non avevano altro di che nutrirsi.
La stessa gloriosa scuola medica salernitana così magnificava le virtù del latte: “Il latte di vacca ristora molto il corpo, espelle il calore, che nuoce ai caldi umori, accresce la carne, sana le ferite dell’utero”. Ma poi, forse per mettere in allerta gli intolleranti al lattosio (che sono sempre esistiti) proseguiva “dà umidità al corpo dell’uomo, il latte, che è di natura fredda, e tutti i cibi dolci, rendono le viscere torbide”.
Non ho la verità in tasca, ma di una cosa sono sicuro. Oggi si tende un po’ troppo a criminalizzare tout court questo o quell’altro alimento consumati da millenni, quando invece andrebbe criminalizzato l’andazzo per cui si produce sempre di più — e a costi sempre più bassi — senza badare minimamente alla qualità.
Considerazioni finali
Care(i) pastonudiste(i), permettetemi di fare una considerazione di carattere generale. Libri di autori americani esperti nel campo dell’alimentazione, come il “The China study” e il “Miracolo del pH alcalino”, hanno un successo enorme non solo negli Stati Uniti, ma anche da noi. Bisogna però tener presente che questi libri sono scritti tenendo conto delle abitudini alimentari degli americani, che cozzano contro ogni regola di corretta alimentazione.
Che questi libri li legga — e ne tragga profitto — il popolo americano, è anche plausibile. Ma è paradossale che li leggiamo con devozione anche noi per acquisire una cultura alimentare, dopo aver dilapidato il patrimonio di sagge regole alimentari e di stile di vita corretto, che gli stessi americani, invidiandocelo, hanno chiamato “dieta mediterranea”. Se facessimo uno sforzo per riportare in vita questo patrimonio di conoscenze ci renderemmo conto che molto di ciò che sta scritto su questi libri made in USA era già stato pensato e messo in pratica dai nostri avi, nonostante non sapessero, come si suole dire, né leggere né scrivere.
Ve lo ricordate quel film in cui Alberto Sordi rimpiangeva di non essere nato in America, e provava a imitare gli americani, oltre che negli atteggiamenti e nell’abbigliamento, anche nella scelta del cibo? Mentre provava a “gustare” una pietanza che riteneva yankee al 100%, era tentato da un bel piatto di pasta a portata di bocca e, dopo aver resistito per un po’ alla tentazione, lo aggrediva a forchettate proferendo la frase rimasta celebre: “Maccarone, m’hai provocato e io me te magno”. Ebbene oggi siamo diventati un po’ tutti come il nostro Albertone, perché dopo esserci rimpinzati di fast food di tradizione americana, come hamburger, patate fritte e bevande tutte zucchero e coloranti, ci mettiamo a seguire ossessivamente diete per lo più “made in USA” fatte di germogli di soia e frullati, di gallette di riso e latte superscremato. E intanto i nostri geni mediterranei soffrono nell’attesa vana di avere a che fare con un bel piatto di spaghetti al pesto o al pomodoro, un bel pezzo di pane fatto con pasta madre, della frutta e verdura di stagione e un buon bicchiere di vino.
Un’ultimissima annotazione
Si vive benissimo, anzi meglio, riducendo o, come nel mio caso, eliminando la carne. Si può vivere soddisfatti e in buona salute anche eliminando il latte e tutti gli altri prodotti animali. Ma al vegetarianismo o al veganismo non si dovrebbe arrivare spinti dal terrorismo che viene fatto oggigiorno dando informazioni parziali pro-domo-sua, facendo circolare in rete documentari agghiaccianti sulla maniera criminale di allevare gli animali, e facendo diventare vangelo quanto è scritto su certi libri o circola in rete.
Come vi ho detto già in altra occasione, un uomo saggio disse: “è più salutare mangiare prosciutto che sognarselo”. Solo chi non sente come privazione la scelta di non mangiare latte e/o carne e/o uova, può trarre giovamento fisico e mentale dall’aver eliminato dal suo menu questi alimenti. Io mi limito semplicemente a consigliare chi di voi abusa di prodotti animali di provare a fare per qualche settimana un regime in cui tali prodotti siano ridotti al minimo o a zero (sostituendoli ovviamente con alimenti vegetali di pari valore nutrizionale). Vedrete come vi sentirete tanto ma tanto meglio nel corpo, nell’anima e nella mente. Parola di un vegetariano.
Post scriptum
Scusatemi, cari lettori, se l’articolo è troppo lungo; a volte purtroppo mi lascio prendere la mano. Il vostro prof.
I tuoi articoli sono sempre troppo corti piuttosto! le riflessioni che condividi con noi sono preziose, e sposano alla perfezione il mio modo di vedere, sebbene io sia non vegetariana.
Credo che il buon senso, un pò di sana informazione, e una buona capacità critica siano gli strumenti adatti ad evitare terrorismi da mass-media e inutili mode e polemiche.
E voi al Pasto nudo usate questi mezzi con garbo e con cognizione di causa. Ve lo dico spesso, ma repetita iuvant… Bravi!
Come sempre un post molto interessante. L’argomento latte mi interessa molto, dato le varie intolleranze presenti in famiglia, ma come sempre gli spunti che torvo qui sono interessanti e un ottimo punto di partenza su cui riflettere.
grazie!
Sono una grande ammiratrice del libro The China Study, ma sono anche in linea di massima d’accordo con quanto detto nell’articolo del prof Giannattasio, cioè è molto importante la qualità del latte e la quantità che viene assunta.
Però, d’altro canto, io penso: perchè la specie umana, a differenza di tutti gli altri mammiferi, ha bisogno di nutrirsi del latte di altre specie? Posso capire i bambini, che hanno un fabbisogno elevato di proteine ecc. ma gli adulti? Che bisogno c’è? Secondo me nessuno.
In passato era diverso, molte popolazioni non avevano altro se non pane e latte e andavano avanti così per necessità. Oggi non è più così, non è detto che se una cosa ha funzionato in passato debba andar bene anche oggi. Oggi possiamo scegliere! (pensiamo solo all’estrema e golosissima varietà di bevande vegetali a disposizione, non solo latte di soia ma anche di avena, di riso, di farro, di miglio, di mandorla, di cocco, di nocciole, d’orzo che si possono anche facilmente autoprodurre!).
Che bisogno c’è di togliere il latte ai vitellini per berlo noi? Che ogni specie abbia il suo latte! Non a caso molti sono intolleranti, è normale essere intolleranti! Dopo un po’ la natura ci fa perdere gli enzimi digestivi del latte proprio perchè non ne abbiamo più bisogno!
Bellissimo articolo, già condiviso!
Giulia il tuo commento è condivisibile e spunto di riflessione, ma io vedo la cosa in modo complementare.
Credo che l’uomo sia un caso speciale, difficile fare paragoni con le altre specie animali. Dopotutto, siamo gli unici a mangiare cibo cotto, non mi stupisce più di tanto che consumiamo latte non umano (tra l’altro, la capacità di digerirlo si acquista con la maturità, un neonato non ne è capace, come non è capace di digerire una bistecca o un’insalata).
E, dopotutto, la natura ha dato ad alcuni di noi di continuare a produrre gli enzimi digestivi del latte per tutta la vita. Certo, si può vivere senza! Non c’è “bisogno” di togliere il latte ai vitellini. Come qualsiasi altro alimento della nostra dieta, può essere sostituito. E come qualsiasi altro alimento, se consumato eccessivamente o se di scarsa qualità, può essere nocivo.
Mi trovo d’accordo con questo articolo ma allo stesso tempo lo reputo parziale e anche un po’ forviante per chi non lo legge con attenzione. Latte di qualità… quale sarebbe? Non sicuramente quello presente nei supermercati con tanto di etichetta “alta qualità” e che consuma praticamente la totalità della popolazione. Qundi al di là del discorso caseina si o caseina no, il latte in commercio è tutto di pessima qualità e sicuramente non indispensabile per la nostra salute come invece la pubblicità vuol farci credere bombardandoci di informazioni sbagliate. C’è invece da dire che ormai è provato che il latte non è indispensabile per la nostra salute, che il latte non è l’unico alimento che contiene calcio e che bere latte non ci mette a riparo da osteoporosi &co. Questo non lo dicono gli americani nei loro libri ma lo dice semplicemente la statistica e i risultati di diversi studi fatti negli ultimi vent’anni con generazioni prese in giro e cresciute a latte di mucca.
Poi, non fermiamoci dopo aver letto due libri, ce ne sono parecchi anche di oncologhi e senologhi italiani (Veronesi, Pazzaglia ecc…) e non solo, che hanno scritto libri interessanti dove si parla di alimentazione, proteine animali (quindi anche latte) e malattie. Perchè il discorso che se tutto fosse di qualità non farebbe male non è neanche da fare, siamo nel mondo reale purtroppo dove alla gente vengono date informazioni sbagliate per vendere prodotti scadenti o pessimi. Gli ospedali sono sempre pieni e oggi come non mai l’età media di certe malattie è sempre più bassa. Per fortuna invece tanti medici si stanno informando e abbiamo diversi primari anche in italia che ai malati oncologici toglono come prima cosa il latte e i suoi derivati, insieme alla carne rossa. Poi se uno mi dice “io senza latte non vivrei”, va benissimo, questione di gusti e di abitudini, ma che si possa vivere senza latte di altre speci senza avere problemi di salute o carenze particolari è assodato. Il latte di mucca non ci serve, vogliamo berlo perchè ci piace punto e basta.
Come avevo già segnalato a Sonia e Zac, le lascio il link a un interessante blog americano, nel quale la proprietaria (ex vegana) fa le pulci, statistiche e non, a Campbell. A me ha divertito molto il “paradosso Touli”, popolazione del nord-Cina esclusa da Campbell perché statisticamente fuorviante: avevano una salute di gran lunga migliore al resto della popolazione cinese e avrebbero confuso i dati medi.
Ecco, la loro dieta si basa su: frutta, verdura, latte e formaggi di animali allevati al pascolo.
Ehmmm.
Salve, sono una veterinaria che studia da anni gli alimenti e la nutrizione umana, in particolare mi appassiona il latte e la soia.
Dopo averlo tanto studiato il latte è sparito da casa mia, questa sarebbe la sintesi e spiegarne i motivi è davvero complesso, andro’ per punti partendo da una domanda: perché assumere latte e lattinici se la nostra alimentazione è già notoriamente sovraccarica di proteine e grassi saturi? non c’è molto altro di interessante nel latte, almeno non nel latte pastorizzato.
Sicuramente dimentichero’ molti punti, dato che scrivo di getto, ma il lettore ha a disposizione motori di ricerca come pubmed, BJM, cochrane, ajcn per verificare le cose che scrivo personalmente.
-non è una buona fonte di calcio, non ha mai dimostrato di prevenire rachitismo, osteomalacia, osteoporosi, sin dalla sua comparsa, 10,500 anni fa, nell’alimentazione umana
-per meccanismi ancora parzialmente oggetto di studio (aumento del PRAL/eliminazione diretta del calcio contenuto), come le altre proteine animali aumenta la calciuria e, per chi soffre di calcolosi, è un problema.
-sovraccarica il rene dei più piccoli per la ricchezza di soluti, dare il latte da bere ai bambini, contrariamente a quanto puo’ sembrare intuitivo, li predispone alla disidratazione anche grave, poiché il rene è costretto a diluire quindi a perdere ulteriori liquidi.
-il 40% dei bambini sotto i 9 mesi sperimenta, con l’assunzione di latte e latticini, microemorragie intestinali, senza evidenti conseguenze.
-forse a causa di questo, ma sicuramente a causa della povertà in ferro, alla caseina che ne ostacola l’assorbimento, alla ricchezza di calcio che lo complessa sequestrandolo, il latte è uno dei maggiori alimenti anemizzanti noti.
-la nutrigenomica insegna che il latte è un alimento introdotto troppo recentemente per aver indotto adattamenti genetici al suo consumo. Infatti la condizione normale, che riguarda il 70% della popolazione mondiale, non lo tollera a partire dai 2 anni e mezzo, epoca nella quale comincia il calo fisiologico della lattasi, che si concluderebbe naturalmente verso i 7 anni (età per lo svezzamento fisiologico previsto dall’evoluzione per la nostra specie). questo fenomeno è controllato da un gene che è modificato nel 30% della popolazione (gran parte europea e americana), il gene modificato è attualmente studiato per la diffusione, si chiama “persistenza della lattasi”
In sintesi l’intolleranza al lattosio, dopo lo svezzamento, è “naturale” ed è più normale che la sua tolleranza, parlando a livello globale.
-aumenta la produzione di muco e lo stato infiammatorio dell’intestino e delle vie aeree, predisponendo alle infezioni, ai catarri quindi raffreddori, otiti, bronchiti etc, nonché molti medici osservano remissioni nei pazienti asmatici dopo la sospensione di latte e latticini.
Questo sembra dovuto alla liberazione di istamina mediata tramite agonismo sui recettori “mu” per gli oppioidi ad opera di una frazione della caseina A, la betacaseomorfina 7 (BCM7), nonché all’azione di peptidi bioattivi presenti nel latte. Non finisce qui: oltre ad aumentare la produzione di muco il latte e i latticini sembrano essere coinvolti nel meccanismo di difesa verso agenti patogeni. Insomma sembra influenzare il sistema immunitario mucosale attraverso vari meccanismi (soprattutto le BCM), esempio tramite l’inibizione della proliferazione dei linfociti nella lamina propria o tramite alterazioni sulla loro migrazione in maniera dose-dipendente.
-il legame tra latte e cancro alla prostata è condiviso, quello tra latte e cancro all’ovaio sospettato, quello con il cancro alla mammella possibile. Fattori sospetti e causanti: calcio, IGF-1, sovrastimolazione mTORC1, lattosio (ovaio)
Ci sarebbe da parlare dell’IGF-1, che è un fattore di crescita presente nel latte, si riscontra aumentato in molte forme neoplastiche, motivo per il quale il latte non piace a molti oncologi e ricercatori come Berrino. I livelli di IGF-1 aumentano nel sangue dopo assunzione di latte o latticini, questa molecola è definita nella letteratura “mitogena e mutagena”, L’IGF-1 ha le caratteristiche di un promotore dell’oncogenesi (cancerogeno). In studi pubblicati in pubmed, inoltre inibisce l’apoptosi. L’associazione IGF-1-cancro al seno e’ tale che esistono farmaci sperimentali nella prevenzione e cura del cancro al seno, il quale meccanismo d’azione e’ essenzialmente l’inibizione dell’azione dell’IGF-1 (es. SOM230). Effettivamente il trofismo della ghiandola mammaria dipende essenzialmente dal livello ematico di due ormoni: estrogeni e progesterone, i quali, per esplicare la loro azione biologica necessitano dell’IGF-1. Esistono anche farmaci sperimentali anti mTOR… fatti che fanno riflettere.
Insulin/IGF-1 è coinvolto nella regolazione della crescita fetale, cellule T maturazione nel timo, crescita lineare, patogenesi di acne, arteriosclerosi, diabete mellito, obesità, cancro e malattie neurodegenerative, influenzando più malattie croniche delle società occidentali.
-l’IGF-1 sembra anche il responsabile della spinta sulla crescita lineare dei bambini, non del tutto confermata ma le cui conseguenze sul lungo periodo “non sono note”. Ricordiamo che il latte vaccino (come tutti i latti materni) è disegnato dall’evoluzione come altamente specie e “stadio della crescita” specifico, sappiamo che si adatta, nella composizione, continuamente alle esigenze nutrizionali del cucciolo e i vitelli hanno una crescita 40x superiore alla nostra specie.
-latte e acne: legame noto, per IGF-1 e sovrastimolazione mTOR: gli adolescenti che soffrono di acne hanno una probabile sovrastimolazione, risultano quindi a rischio per obesità, sindrome metabolica, diabete, rischio cardiovascolare, cancro (soprattutto alla prostata) e dovrebbero valutare un’alimentazione a basso contenuto di derivati animali, senza latticini.
-i latticini sembrano, in alcuni studi, aumentare l’esposizione a tutte le malattie croniche moderne (in particolare obesità e patologie correlate).
Il consumo delle proteine del latte induce:
iperinsulinemia post-prandiale e sposta l’ormone della crescita / insulin-like growth factor-1 (IGF-1) asse aumento permanente di IGF-1 nel siero.
-i claim salutistici del latte sono stati costruiti artificiosamente e non hanno mai avuto una base scientifica, i bambini che sono cresciuti a latte siamo noi: la generazione che fa fino ai 60-65 anni circa, appare sotto gli occhi di tutti come in questa generazione c’è stato un aumento dell’incidenza delle malattie suddette. Certo non è tutta colpa del latte ma anche degli zuccheri semplici e del sovraccarico di grassi, proteine animali ma anche insaporitori in generale.
LA BETA CASEO MORFINA 7: deriva dalla Caseina A1, attualmente prodotta dalle razze bovine dei nostri allevamenti. E’ un ligando degli oppioidi ma fa anche altre cose, Gli effetti possono essere molto negativi trattandosi di un potente narcotico oltre che di un ossidante.
Può cioè infiammare i vasi sanguigni, predisponendo a cardiopatie e potrebbe indurre il diabete di tipo I. è un “problema” del nostro latte vaccino, vediamo come:
-la BCM5, un precursore della BCM7, è stata, in due studi, associata alla SIDS. ricordiamo che si tratta di sostanze oppioidi.
-la BCM è un agonista per i recettori per gli oppioidi, è possibile causa di effetti dovuti a quest’attività, come la stipsi o l’alterazione delle funzioni cognitive. In alcuni soggetti questa azione è più evidente, per esempio nelle persone che soffrono di disturbi dello spettro autistico, alcuni di loro rispondono alla dieta priva di caseina e glutine. Per l’azione di promozione della stipsi non deve necessariamente essere assorbita, sembra in gioco la BCM4. in alcuni studi è stato evidenziato come la BCM5, su modelli animali, alteri le capacità cognitive, quindi di apprendimento e la memoria su modelli animali. In altri (sempre su modelli animali) ha mostrato di modulare il sonno e l’ansia.
-la BCM7 sembra ossidare anche le LDL, producendo le oxLDL, fattore di rischio per patologie cardiovascolari
-le BCM sembrano aumentare l’assunzione di alimenti.
in consumo di latte e latticini è stato messo in relazione anche alla malattia di Parkinson.
-la BCM7 ha dimostrato di essere un releaser per l’istamina
-numerosi studi supportano un possibile legame tra latte bovino e diabete giovanile, per una crossreattività, questo non è un legame pero’ confermato.
TMAO: il latte è ricco di coline, le quali, nell’intestino delle persone che consumano abitualmente derivati animali, vengono trasformate in TMAO, legato a sindrome metabolica e cancro.
INTERFERENTI ENDOCRINI
il latte ne è ricchissimo, in quest’epoca siamo bombardati dagli interferenti endocrini, esempio dai “migranti” delle confezioni a basi plastiche, ma quelli del latte sono i più potenti.
“il latte pastorizzato contiene estrogeni naturali che sono fino a 100.000 volte più potenti di quelli ambientali (es. pesticidi).
una mucca in gravidanza ha livelli di estrogeni fino a 33 volte superiori ad una mucca non
in gravidanza” come dice Harvard (le mucche allevate sono perennemente e innaturalmente in gravidanza ndr), si trovano in rete le osservazioni dell’ISS sul problema della “teratologia comportamentale” legato agli interferenti endocrini contenuti nel latte. Harvard ha tolto il latte dalla sua piramide alimentare… e non è stato il solo…
non ho parlato della caseina degli studi di Campbell, ultimamente il gruppo Macro ha lanciato l’appello ad esperti e ricercatori per un contraddittorio pubblico sul suo “China Study”, lo rigiro all’autore dell’articolo, dato che ha sollevato alcune questioni alle quali Campbell potrà rispondere, com’è giusto che sia. Ecco come http://www.gruppomacro.com/blog/posts/china-study-confronto-cercasi
Solo una puntualizzazione sulle aflatossine: si concentrano nei grassi e quindi anche nel latte… se sono presenti sui vegetali saranno ben più concentrate nel latte e ancora di più nei latticini. E’ recente lo scandalo del parmigiano alle aflatossine…
Leggo con attenzione l’articolo e i commenti a seguire. Al di là di ogni più intima convinzione ideologia e/o salutistica, molto banalmente (forse) ritengo che noi siamo figli della nostra evoluzione alimentare. Un evoluzione che è andata avanti per millenni ma che negli ultimi 50anni ha subito una folle rivoluzione spinta dal consumismo e tutto quello che ci gira intorno e che è stato più volte sopra citato. Personalmente mi sento di ripartire da qui, cioè dalla ricerca di un equilibrio, dallo sforzarmi di capire e sentire i segnali e le richieste che il mio e il nostro corpo ci da. Cercando si soddisfare questi segnali con alimenti di cui si ha l’assoluta certezza della provenienza e della sana e naturale produzione (che va molto oltre il marchio Bio, ma qui si apre un altro scenario che sarebbe opportuno discutere in un altro momento), è molto impegnativo, lo hanno reso volutamente impegnativo per favorire il facile acquisto dell’immondizia convenzionale e Biologica che oggi si trova negli scaffali dei nostri supermercati. Vi auguro una buona e consapevole esistenza a tutti.
Da Italiana che vive in Nordamerica concordo pienamente e faccio anche un vigoroso applauso al paragrafo Considerazioni finali. Grazie! Quel che dico da quando vivo qui e vengo criticata da canadesi e americani per la mia dieta mediterranea (“too much carbs, too much cheese!” di fronte a una pasta alla Norma) e’: “Facciamo attenzione a mangiare cibo che ci fa bene, non a non mangiare cibo che ci fa male”. Cosi’ pare la capiscano, o almeno fanno finta…
Suggerisco di ascoltare il Professore Berrino
E trovo anche molto interessante questo libro.
Letto con attenzione sia l’articolo che i commenti. Grazie Professore (si impara così tanto a leggere i suoi articoli, che per quanto mi riguarda, potrebbero essere anche più lunghi!). Andrò fuori tema, ma una precisazione contenuta nell’articolo mi fa sorgere un dubbio e mi allarma. Mi riferisco al punto in cui il Professore parla della produzione di aflatossina da parte di alcune muffe quando alimenti vegetali, come i cereali e la frutta secca oleaginosa, non sono conservati come si dovrebbe. Chiedo, cosa vuol dire conservare cereali e frutta secca oleaginosa “come si dovrebbe”? La mia dispensa è piena di cereali in chicchi prodotti da aziende consapevoli, frutta secca e semi oleaginosi acquistati nei negozi bio e farine ottime (quasi sempre Floriddia), che non sempre si consumano nel giro di 1-2 mesi (può capitare che rimangano in dispensa anche 6-8 mesi). Il normale caldo estivo possono sopportarlo? O è necessario in estate trasferire tutto in frigo (il che sarebbe abbastanza tragico, viste le dimensioni ridotte del frigorifero)? Mi chiedo e chiedo al Prof.: posto che sicuramente il rischio di ingollare pasta e pane fatti con granaglie in cui siano presenti queste muffe è sicuramente alto quando si mangiano pani e paste fatti con granaglie provenienti da chissaddove e coltivate chissaccome, che arrivano in Italia, nelle stive di enormi navi, sicuramente molto tempo dopo esser stati raccolti, non è che anche il consumo di cereali, farine, frutta secca e semi oleaginosi iperconsapevoli, ma senza conservanti può rappresentare un rischio sotto questo punto di vista? Grazie in anticipo
il latte comunque come tutte le proteine animali produce acidità e un campo acido può essere fertile per malattie (progetto Diana promosso da Centro Tumori di Milano)
Anche io ho letto The China Study e ascoltato le conferenze su YouTube di Campbell. Nonostante ciò, non posso dire cosa è giusto o sbagliato perchè non sono una scienziata. Però, ho seguito il consiglio di Campbell di provare per qualche mese un’alimentazione vegana. Sono rinata! Smettere di bere latte per me è stata una liberazione! Inoltre, ho scoperto mille modi di mangiare, mille colori e sapori nuovi…Una svolta! Non posso dire di essere vegana, ma credo molto a ciò che il corpo ci richiede e dovremmo imparare ad ascoltarlo!
@Anna Sarni. Devo confessarle che mi aspettavo da Lei, tecnico del settore, un intervento che esprimesse il suo pensiero, che poteva non coincidere con il mio, sul tema che ho trattato, e cioè che il latte non è un alimento nocivo di per sé, ma per la scadente qualità dovuta alla cattiva alimentazione e alle deprecabili condizioni di vita del bestiame.
Invece lei mi ha sciorinato una sequela di affermazioni categoriche, espresse peraltro con un linguaggio farcito di termini tecnici che mi ricorda il latino cui faceva ricorso don Abbondio quando voleva mettere in soggezione i suoi poveri parrocchiani analfabeti. Non è così che si dovrebbe dibattere in rete ma spiegando, chiarendo, portando dati inoppugnabili e non i “pare”, i “forse” e i “secondo Tizio e Caio” perché altrimenti si fa solo sfoggio di erudizione o, peggio ancora, si fa quel terrorismo che ho deprecato nel post.
Io comunque le risponderò punto per punto, ma, poiché i punti che Lei tocca sono tanti, ho deciso di risponderle a… puntate, per evitare che venga fuori un “papiello” che possa annoiare – giustamente – i nostri lettori. La prima puntata a breve. Risponderò anche a tutti gli altri che sono intervenuti mostrando perplessità -legittime – riguardo al consumo di latte e derivati.
bell’articolo!!! Anche io concordo con quello scritto dal professore ed inoltre aggiungerei: Campbell mica ha specificato se la ricerca ha riguardato, e in quali percentuali, persone obese, che facessero attività fisica, se fumassero, etc. tutte cose fondamentali per una vita sana al fine di avere il minor numero possibile di complicazioni/malattie. E poi la ricerca è stata fatta a cavallo degli anni ’80 ( se non sbaglio ) e quindi la definirei un pò vecchiotta. E un pò come illudersi che le nostre nuove leve, tutte belle grasse e tonde, riescano ad arrivare brillantemente alla vecchiaia come la nostra generazione.
Per me le regole di uno stile di vita sano sono tre:
1) Alimentazione controllata e senza eccessi
2) Attività fisica quotidiana
3) Riduzione al massimo di carni rosse, insaccati, prodotti industriali con ingredienti scadenti.
Il libro di Campbell ha avuto successo perchè è la “bibbia” che i vegetariani/vegani hanno sempre cercato per sostenere le loro tesi a spada tratta, in più i vegani ci hanno messo il carico da novanta con il discorso “etico”. Ma perchè mai se io faccio una sana alimentazione debbo per “forza” farla per un motivo etico???
PS: io se non fosse per lo yogurt alla mattina faccio una alimentazione vegana.
Dimenticavo: ma ci sarà un motivo perchè la maggior parte della comunità scientifica non gli ha dato molto credito??? Cosa è un gomplotto delle multinazionali??? Altro articolo sul libro
Io credo che latticini, carne e uova siano come il caffè, l’alcol e le sigarette, cioè se li consumi raramente e in piccole quantità non fanno male, (dicono che un caffè al giorno, un bicchiere di vino al giorno e persino una sigaretta una volta ogni tanto non facciano male, anzi, addirittura bene…). Ma secondo me sono tutti alimenti nocivi per la salute di cui si può fare benissimo a meno, quindi io scelgo di non consumarli affatto.
Anche perchè da quando ho eliminato carne e latticini la mia salute ne ha giovato tantissimo, sparita gastrite e bruciori di stomaco, intestino regolare (cosa mai avuta prima) digestione ottima (ad esempio la classica pizza margherita, anche con mozzarella di bufala bio di ottima qualità, prima era pesante da digerire, pur non essendo intollerante ai latticini, adesso una bella pizza rossa con tante verdure la digerisco che è un piacere!)
@zerotto Il discorso etico è molo importante. Per quanto riguarda il consumo di carne e pesce personalmente sono irremovibile: non voglio cadaveri di animali morti nel piatto. Per quanto riguarda i latticini e le uova purtroppo gli animali vengono sfruttati in modo barbaro, sia per produrre il latte sia per produrre le uova…
Se dovete comprare le uova scegliete sempre quelle biologiche e se non potete fare a meno del latte preferite almeno quello di piccole aziende agricole che conoscete, magari vicino casa vostra, dove siete sicuri che le mucche non vengono trattate come macchine usa e getta…
Per il discorso etico consiglio queste letture: “Se niente importa” di Jonathan Safran Foer e “Perché amiamo i cani, mangiamo i maiali e indossiamo le mucche” di Melanie Joy
scusate, sono un po rimpi scatole, leggo molti post innegianti al veleno alimentare (carne, latte ect). Mi chiedo e vi chiedo: ma che tipo di alimenti consumate o per chi ha smesso consumavate? Come venivano prodotti? Quanto ne consumavate?
Tralasciando il discorso etico che ha ragioni più intime, personali e profonde. Siete sicuri, o meglio avete studi scentifici a lungo termine (50-100 anni) fatti su esseri umani che certificano l’assoluta assenza di complicanze e patologie dovuto ad un così radicale e profondo sconvolgimento alimentare, quale può essere ad esempio un alimentazione vegana per uno che fino a ieri si ingozzava di qualsivoglia alimento?
Leggo tanti che fantasticano benefici nell’immediato, come dargli torto, ma ripeto cosa mangiavano fino a ieri?
Poi siamo abbastanza coerenti da evitare oltre ai presunti inquinanti alimentari (carne, latte etc etc) anche quelli non alimentari? Onde Radio, Elettromagnetismo, Smog, Fumo, Alcool, e la lista è ancora lunghissima basta guardarsi in torno nel posto in cui siamo in questo momento.
Ecco, io mi sento di suggerire di ricercare un equilibrio, una ricerca attenta di cosa si mangia e di come si vive.
Ancora io, per ripetere quanto detto nel post: si può vivere senza latte, si può essere vegani o vegetariani e vivere in buona salute. Ma mi chiedo se sia giusto che oggi si criminalizzino alimenti, come il latte e i latticini, che fanno parte della nostra tradizione alimentare millenaria, e non piuttosto i metodi di produzione, che tengono conto della quantità e non della qualità.
Il mio motto? Dieta mediterranea, qualità degli alimenti, moderazione, stagionalità e ritmo nell’alimentazione, oltre all’esercizio fisico. Su Valore alimentare uscirà, in settembre, uno speciale dedicato a questi temi.
@Giulia: Mi pare di capire che Lei sia preoccupata – giustamente – del fatto che noi sottraiamo ai vitelli il latte che poi beviamo. Io aggiungerei a questo aspetto assai deplorevole anche il fatto che le mucche degli allevamenti industriali sono spinti a produrre in quei pochi anni di vita (in media non più di 5) molto piú latte di quanto il loro metabolismo permetta, mediante gravidanze a breve distanza, alimentazione forzata con mangimi iperproteici a base di soia e mais transgenico (che chissà forse fanno male quanto le farine animali di un tempo). Sicuramente il latte della terra promessa era ottenuto da mucche trattate con molto maggiore rispetto.
Il mio motto: rispettiamo le mucche, i loro cicli naturali, le loro effettive necessità nutrizionali; con il latte che producono, alimentiamo i vitellini, e quello che rimane, beviamocelo. Così berremo del buon latte avendo anche la coscienza pulita. Sicuramente queste parole faranno rizzare i capelli in testa ai produttori di latte che badano al profitto costi quel che costi!
Riguardo poi ai latti vegetali, ritengono che possono essere considerate bevande anche piacevoli (mia moglie per esempio, che non beve latte, preferisce quello d’avena di una marca italiana) ma non hanno il valore nutritivo del latte e, a mio avviso costano troppo in relazione a quello che danno. Queste bevande sono prodotti *inventati* dall’industria alimentare. Come Lei saprà, personalmente non ho molta simpatia per il “latte” di soia. La risposta di Angie mi sembra pertinente.
@Letizia: È vero, e l’ho detto nel post, forse non chiaramente: si può vivere benissimo senza latte. Quando io parlo di latte di qualità non intendo ovviamente il latte di “alta qualità” per legge, ma quello ottenuto rispettando le effettive esigenze nutrizionali e comportamentali delle mucche. Non sia pessimista, in circolazione ci sono dei buoni latti!
@Arianne: Leggerò quanto lei suggerisce e riferirò.
@Anna Sarni: Come ho già scritto ho bisogno di qualche giorno per tradurre il suo “latino” e commentarlo adeguatamente.
@Roberto: Condivido in toto quanto dice.
@slicing potatoes: La sua massima, “Facciamo attenzione a mangiare cibo che ci fa bene, non a non mangiare cibo che ci fa male“. Per i motivi addotti da Roberto, ora, invece di interessarci del cibo che ci nutre davvero, dobbiamo interessarci del cibo che ci fa male. Una preoccupazione moderna, perché per millenni il cibo è stato considerato dono divino.
@Bonetta Dall’Oglio: Ho discusso diverse volte con il prof. Berrino della questione latte sì, latte no. Ne riparleremo con calma.
@aleale: Le muffe si sviluppano quando c’è umidità e caldo, ma non è il caso di andare ora fuori tema.
@marcella: Non bisogna fare confusione tra il latte (che acidifica pochissimo, dato il suo basso contenuto di proteine) e derivati del latte, come i formaggi stagionati, che invece acidificano molto.
@Laura: Sentirsi bene seguendo una dieta vegana non è dovuto al fatto che ha eliminato il latte, ma a quello che ha eliminato — oltre al latte — la carne, gli insaccati e i formaggi stagionati, che insieme, ed eccedendo nelle quantità, mandano in tilt l’apparato digestivo e il metabolismo. Non ci voleva il libro di Capmbell: queste cose noi mediterranei le sappiamo da sempre!
@zerotto, Giulia e Roberto. Siete intervenuti mentre rispondevo ai precedenti interventi. Concordo pienamente con quanto dite.
Prof., grazie di esistere! I suoi post sono sempre un concentrato di scienza, cultura, buon senso e…piacere del buon cibo. Quanto alla lunghezza, bè…alla fine mi auguro sempre lei ne faccia subito un altro, si figuri.
A tutti quelli che rispondono con assoluta convinzione che invece Lei ha torto, il latte fa malissimo ecc., vorrei replicare che non si mangia solo per nutrirsi ma anche per il piacere di farlo. Io traggo un enorme piacere dal bere un buon bicchiere di latte (magari appena munto, in montagna), dall’assaggiare un ottimo formaggio e a pranzare o merendare a pane e burro. E anche una fiorentina ha il suo perchè (tra l’altro a volte mi chiedo: pare che le persone che vivano più a lungo stiano proprio in Toscana, patria della fiorentina appunto). Non solo. Trovo che i discorsi “terroristici” sviino l’attenzione invece dal vero problema: quello di combattere gli allevamenti intensivi, la sofferenza degli animali cresciuti in quel modo, ecc. Io mi faccio un mazzo enorme (grazie Izn per la consapevolezza che mi hai dato!) per trovare latte, formaggio, carne non “industriali”, confesso che a volte mi sveglio pure alle cinque del mattino per arrivare al mercato dei produttori consapevoli in tempo per trovare il pollo giusto ancora in vendita, sarebbe molto più comodo (oltre che costoso) andare da Naturasì a prendere del tofu o qualsiasi altro alimento vegano/vegetariano, i legumi ecc. ecc. Quindi, cari vegan/terroristi, con i vostri discorsi mi offendete, offendete la mia ricerca di consapevolezza, che, anche se diversa dalla vostra, ritengo abbia uguale dignità. Fatevene una ragione: un mondo in cui tutti mangino come voi non è possibile, quindi unitevi alla nostra battaglia per rendere invece più “di qualità” il cibo della nostra tradizione.
@Anna grazie, la sua spiegazione non lascia nulla in sospeso complimenti.
@Prof Giannattasio sono d’accordo con lei per quanto riguarda le mucche da allevamento per il latte, infatti ho scritto: se si vuole bere latte e consumare latticini preferire sempre quelli di piccoli allevamenti bio, meglio se conosciuti personalmente, dove si è certi che le mucche vengano rispettate, allevate e alimentate come di deve.
Le bevande vegetali si possono anche facilmente autoprodurre in casa, pensiamo ad esempio al buonissimo latte di mandorla, che in Sicilia si usa fare in casa da secoli… buono e ricco di calcio (perchè le mandorle sono ricche di calcio).
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@Roberto Prima di diventare vegetariana e poi vegana non ero affatto una che fino a ieri si ingozzava di qualsivoglia alimento. Sono passata molto gradualmente, nell’arco di alcuni anni, ad un’alimentazione prima vegetariana e poi vegana. Anche da onnivora ho sempre seguito un’alimentazione sana con tanto esercizio fisico, mai fumato, mai bevuto caffè, mai assunto alcol se non raramente, pochissima carne rossa (anche perchè non mi è mai piaciuta) mai salumi, in pratica quasi solo carne bianca, pesce, latticini e uova e tante verdure, frutta e legumi. Stavo bene, non avevo nessun problema e nessuna intolleranza, eccetto frequenti bruciori di stomaco/gastrite e intestino pigro. Poi ho eliminato la carne e ridotto al massimo il pesce, ho lasciato i latticini ma solo freschi , non stagionati, e le uova circa una volta alla settimana. La mia salute ne ha subito giovato, bruciori di stomaco diminuiti moltissimo ma intestino ancora tendenzialmente pigro. Poi ho eliminato completamente i latticini e le uova e la salute è ancora migliorata ulteriormente. Bruciori di stomaco spariti e intestino regolare (è vero ho anche sostituito le farine e i cereali bianchi con quelli integrali o semintegrali ma non sempre….).
La cosa più sorprendente è stata la pizza, anche con mozzarella bio di bufala di ottima qualità prima era pesante da digerire, adesso, mangiando pizza rossa con le verdure (anche non necessariamente con farina integrale) la digerisco benissimo e non ho più problemi di stipsi.
@Giulia mi pare di non aver scritto il tuo nome nel mio commento non capisco perchè mi rispondi in maniera così personale. Ho cercato di fare un discorso molto generico. Ribadisco che ognuno è giusto che segua le proprie idee, nel limite del rispetto e del danno altrui.
@Giulia, ovviamente fai benissimo a fare quello che fai perchè stai ascoltando il tuo corpo e la vivi con equilibrio.
E condivido molto la scelta delle farine, che nell’uso alimentare devono essere almeno di tipo2 cioè semintegrali.
Mi preme dire che ci sono centinaia (se non migliaia) di studi che Certificano la tossicità (e la tossiemia) di elementi quali latte e derivati del latte NON umano PER l’uomo.
Non c’è santo che tenga, non c’è teoria che può essere smussata.
Il latte vaccino\caprino\d’asina\di pecora Non è adatto all’uomo.
Per una serie di motivi che non si fermano alla caseina (causa dell’intolleranza) ma vanno ben oltre.
Dal consumo di calcio osseo per assumerlo, all’esagerata quantità proteica e di colesterolo.
Pure nelle piccole dosi.
E parliamo di latte “biologico”, figuriamoci quello industriale, ove si aggiungono steroidi, betabloccanti, induttori della crescita, “mangimi” tossici, antibiotici, eccetera.
E che sia biologico o meno, oltre che dannoso NON E’ NECESSARIO e oltre che sia dannoso e non necessario, è CRUDELE. che sia bio o meno ..
Io direi che la posizione vegetariana così come è intesa, sia di per sè fuorviante per una salute al 100%.
Secondo me evolvere significa proprio questo, capire che c’è ALTRO e fare delle scelte Eticamente corrette e Salutari proprio in base alle cose che sappiamo oggi..
Ovvio che in rete e nelle teste di ognuno c’è tutto e il contrario di tutto..
Ma poi in ognuno di noi si forma una VERITA’ ed è l’unica cosa che conta se ci fa’ star bene e vivere sereni…
Grazie comunque del suo esaudiente POST!
@Vu mi piacerebbe vedere questi migliaia di studi che Certificano la tossicità del latte. Se lei per scelta etica, come presuppongo, ha deciso di non inserirli più nella sua dieta ben ne venga!!! Ma questo non implica che il latte sia tossico, sicuramente ci si dovrebbe battere per l’abolizione degli allevamenti intensivi e lo sfruttamento degli animali in questo modo, soprattutto anche considerando l’alimentazione a cui vengono sottoposti. Se poi si mira, come lei ben dice, ad una salute al 100% mi domando come mai poi tutti i vegetariani/vegani facciano così poco sport, io e mia moglie spesso e volentieri siamo gli unici a non mangiare carne, pesce, uova e latticini alle gare a cui partecipiamo. Forse lo sforzo fisico ha bisogno di essere sorretto da ben altre motivazioni che quelle etiche e venendo a mancare…
PS: i vecchi sardi, che sono tra gli uomini più longevi al mondo, hanno passato la vita alimentandosi con formaggio di capra e bevendo vino, tutto chiaramente in modiche quantità e facendo tantissimo movimento. Come vede sono gli eccessi a far male, l’equlibrio invece ci garantisce una vita sana.
Saluti
@Giannattasio, mi dispiace leggere la sua risposta irritata, non vedo come avrei altrimenti potuto spiegare, senza scrivere un romanzo, il perché ho scelto di eliminare il latte.
Voglio puntualizzare che “eliminare completamente” il latte per me poggia anche su motivi etici, ma non era il tema e ho anche dimenticato di fare accenno a questo nella lista, ad ogni modo i punti elencati sono tutti frutto delle mie ricerche, riguardano il latte che consuma la stragrande maggioranza delle persone, quindi il latte delle nostre frisone, pastorizzato, al supermercato ed i suoi derivati. Alcuni punti si estendono a tutto il latte bovino, altri a quello delle razze che producono la caseina A1. Certo è complesso, per questo ho invitato alle ricerche personali.
Si prenda il tempo che vuole, ogni confronto è per me motivo di arricchimento e ricerca, anzi grazie per il suo impegno a illustrare quali sono le sue conclusioni.
Ovviamente mi riservo il diritto di replica, ringraziandola se me lo consentirà.
Spero vorrà raccogliere l’invito del gruppo Macro e rivolgere a Campbell le sue riserve, sono al corrente delle critiche al suo lavoro e mi tengo osservatrice esterna, perché non ho avuto ancora modo di controllare personalmente e non sono al corrente di “conclusioni condivise” sullo studio China.
riguardo alla qualità che cambia in base al tipo di allevamento e alla razza: nessun dubbio, sono perfettamente d’accordo con il fatto che la qualità degli alimenti di origine animale, per gli animali allevati estensivamente, sia molto diversa da quella degli animali allevati intensivamente (cambia anche l’impatto ambientale e il benessere animale). ma se mi si parla di “alimento” come “alimento” sono oggi del parere che il latte bovino sia stato più spesso associato a patologia rispetto alla carne rossa, anche se andrebbero fatte molte puntualizzazioni, dato che quest’ultima “peggiora” il suo carico di cancerogeni a seconda della preparazione.
Cio’ non toglie che siamo gli unici mammiferi che continuano a bere latte per tutta la vita perdipiu’ di un’altra specie!
Se secondo voi e'”normale”
@ Anna Sarni. Non sono affatto irritato ma da una professionista del settore non mi aspettavo una mitragliata di improperi contro il povero latte ma un commento pacato e articolato a quanto ho scritto. Lei parla del latte con tanta acredine come se il povero, candido (di colore) latte le avesse fatto un grave torto. Invece non è altro che il prodotto delle ghiandole mammarie della mucca che la follia degli uomini ha reso un veleno (su questo sono perfettamente d’accordo con lei). Eccole intanto la prima puntata dei commenti alle sue affermazioni.
1. Dopo averlo tanto studiato il latte è sparito da casa mia, questa sarebbe la sintesi e spiegarne i motivi è davvero complesso, andrò per punti partendo da una domanda: perché assumere latte e latticini se la nostra alimentazione è già notoriamente sovraccarica di proteine e grassi saturi?
Risposta: Ma come, un alimento si studia (con il cervello) invece di assaporarlo, odorarlo, guardarlo per esaltare i sensi e trarne piacere? Questo suo inizio mi fa capire che lei lavora molto di testa e molto poco con i sentimenti. La sua domanda poi io potrei rovesciarla e porla così: perché non usiamo la moderazione nel consumo degli alimenti animali sovraccarichi di proteine e grassi, così possiamo inserire nella nostra dieta anche il latte? Lei, da veterinaria, saprà che il latte è l’alimento animale che ha il minore contenuto di grassi saturi, di proteine e di colesterolo. Una razione normale di latte intero (125 ml, (praticamente un bicchiere piccolo) non arriva a 3 grammi di grassi saturi, di cui alcuni, quelli a catena corta, come l’acido butirrico, benefici, a 4 grammi di proteine e 15 mg di colesterolo. Per avere un termine di paragone, una porzione di wurstel (100 grammi) contiene circa 9 grammi di grassi saturi, 12 grammi di proteine e 65 mg di colesterolo Ma allora, perché prendersela tanto con con il latte?
2. “Non c’è molto altro di interessante nel latte, almeno non nel latte pastorizzato”.
R. Ma come si fa a dire che il latte non contiene altro di interessante. Se è di *di qualità* e *intero* (perché quello scremato è una moda imposta dalle industrie alimentari), contiene lattosio, piccole quantità di proteine ad attività batteriostatica o battericida, vitamine liposolubili, acidi grassi polinsaturi tra cui gli omega-3 ed altro ancora.
3. “Il latte non è una buona fonte di calcio, non ha mai dimostrato di prevenire rachitismo, osteomalacia, osteoporosi, sin dalla sua comparsa, 10,500 anni fa, nell’alimentazione umana”.
R.Se lei vuole alludere alla relazione tra latte e disturbi a carico del sistema osseo, è bene non confondere il latte con i formaggi stagionati. Infatti non è il latte a favorire la decalcificazione delle ossa, ma il consumo eccessivo e prolungato dei formaggi stagionati che, acidificando il sangue (come la carne e gli insaccati), causano la mobilizzazione del calcio dalle ossa in modo che questo calcio ionico per la sua alcalinità riporta il pH ai suoi valori normali.
4. “Per meccanismi ancora parzialmente oggetto di studio (aumento del PRAL/eliminazione diretta del calcio contenuto), come le altre proteine animali aumenta la calciuria e, per chi soffre di calcolosi, è un problema, sovraccarica il rene dei più piccoli per la ricchezza di soluti, dare il latte da bere ai bambini, contrariamente a quanto puo’ sembrare intuitivo, li predispone alla disidratazione anche grave, poiché il rene è costretto a diluire quindi a perdere ulteriori liquidi”.
R: Non è il bicchiere di latte mattutino che causa la calciuria, ma l’eccessivo introito di calcio con i diversi alimenti contenenti calcio compresi quelli vegetali (mandorle, brassicacee, arance, ecc), e soprattutto il ricorso agli antiacidi e l’eccessivo consumo di integratori a base di vitamina D. Ci sono anche cause genetiche e malattie da disfunzioni ormonali. Tutti gli altri effetti apocalittici che il latte eserciterebbe sul bambino da lei riportati non trovano riscontro nella letteratura scientifica e il latte di mucca, se è di ottima qualità, è un valido alimento per lo svezzamento. Se avesse lavori scientifici che attestano quanto Lei dice, ce li faccia conoscere.
5. “Il 40% dei bambini sotto i 9 mesi sperimenta, con l’assunzione di latte e latticini, microemorragie – forse a causa di questo, ma sicuramente a causa della povertà in ferro, alla caseina che ne ostacola l’assorbimento, alla ricchezza di calcio che lo complessa sequestrandolo, il latte è uno dei maggiori alimenti anemizzanti noti”.
Ma insomma, secondo Lei, il latte di mucca ce l’avrebbe con i bambini. Suvvia, questo è terrorismo bello e buono. Certo ci sono alcuni bambini che sono allergici o intolleranti al latte, ma non si deve generalizzare perché sono casi particolari. Poi, peraltro questi bambini guariscono da questa loro allergia o intolleranza al latte. Se le interessa, trova altri dettagli sul mio libro: Allergie e intolleranze alimentari: i consigli, le diete, il cibo di qualità (Ed. Valore alimentare 2013). Comunque, anche in questo caso, se ha dati scientifici ce li faccia conoscere.
Fine della prima puntata. A presto per la seconda.
P.S.: I pastonudisti avranno notato quanta solerzia ho messo questa volta nel rispondere a tambur battente ai vostri interventi. Due sono le ragioni. La prima è che questa criminalizzazione del latte tout-court non mi va proprio a genio. L’altro motivo è che sto solo in casa e quindi non ho la moglie che mi rimprovera di “perdere” tanto tempo al computer invece di innaffiare il giardino!
@Valentina. Il leone, quando ha fame, fa a brandelli l’uomo, il topo va pazzo per il pecorino, le gatte mangiano i grilli con lo stesso gusto con cui noi divoriamo le aragoste, e poi bisogna sfatare il mito che gli animali domestici non bevono latte. Le mie adorate gatte, Cocò e Mimì, vanno pazze per il latte quello lì, ma se gli dò quello del supermercato addizionato di omega-3, quasi quasi me lo tirano appresso! È *sempre* una questione di qualità.
Complimenti, davvero molto interessante, aggiungerei però alla critica la considerazione che la parte più debole del China Study è l’analisi statistica, che quindi mina completamente qualsiasi conclusione a cui giunge lo studio stesso
Possiamo continuare a scrivere per ore sul fa bene, fa male, fa bene ma poco o fa bene comunque..
Ma il fatto che le mucche, come tutti i mammiferi, producono latte solo dopo il parto, così da avere a disposizione il latte necessario per l’allattamento del proprio vitello fino al termine dello svezzamento e che negli allevamenti, pertanto, le mucche vengono inseminate artificialmente ogni dodici mesi in modo da programmare un parto ogni anno e garantire in tal modo una produzione di latte quasi continua e che vitellino nato verrà invece allontanato dalla madre entro qualche giorno, in modo che non consumi il prezioso latte destinato al mercato e la mucca possa essere disposta quanto prima sotto mungitura intensiva…
Gia’ solo questo, potendo scegliere altro,ci dovrebbe convincere che possiamo farne a meno..
Quindi cio’che ci frena e’il gusto, la tradizione e la convinzione che se sono mucche felici il discorso cambia..
Ma purtroppo non credo sia così..
Ma ognuno ha il suo senso etico e la sua verita’ed e’giusto così..
Le rispondo punto per punto, anch’io con calma, ma non troppa.
1) “Lei, da veterinaria, saprà che il latte è l’alimento animale che ha il minore contenuto di grassi saturi, di proteine e di colesterolo. Una razione normale di latte intero (125 ml, (praticamente un bicchiere piccolo)…”
quando si valuta un alimento non si usano più i nutrienti riferiti ai grammi ma alle calorie.Il latte è composto principalmente d’acqua e non credo di dovermi spingere oltre nelle spiegazioni dato che lei ha già trattato la caseina in questa chiave, nel suo articolo. Se valutiamo il latte in rapporto alle calorie cambia tutto, questo me lo insegnerà lei.
E’ chiaro che il mio discorso generale si rivolge al “consumo medio di latte e latticini”, quello valutato nella letteratura. Ovviamente tutto va sempre rapportato alle dosi, un bicchiere di latte di buona o di cattiva qualità, nell’ambito di una dieta variata, non fa danni alla maggior parte delle persone sane, non a tutte. Riguardo i nutrienti che apporta, proteine e grassi in particolare, essi sono già in eccesso nella nostra alimentazione, questo è di dominio pubblico e se vuole le porto la posizione EFSA, oppure SIP a questo riguardo. Riguardo agli altri alimenti di origine animale, non ne ho fatta menzione e non sono indispensabili nell’alimentazione umana. Riguardo al discorso “cerebrale”… il piacere è importante, lo capisco e lo rispetto; anche una fetta di torta con margarina e sciroppo di mais è gratificante, ma non stiamo parlando di piacere, almeno non io, tra l’altro è una questione di gusti: da quando ho smesso di assumere latte, se è presente sento “la mucca”, come prima sentivo “la pecora” nel suo latte. Insopportabile per me.
2) “contiene lattosio, piccole quantità di proteine ad attività batteriostatica o battericida, vitamine liposolubili, acidi grassi polinsaturi tra cui gli omega-3 ed altro ancora.”
Il lattosio è uno zucchero, non vedo cosa apporti di prezioso e rappresenta piu’ un problema che un punto di forza. E’ il lattosio che è stato messo in relazione al cancro all’ovaio, anche se non si tratta di una relazione confermata.
le proteine ad attività batteriostatica: non nego che ci sono elementi interessanti nel latte: si riferisce sicuramente alla lattoferrina, che presenta attivita’ antimicrobica, che viene pero’ perduta durante il processo di pastorizzazione. Anche il lisozima e’ una proteina con interessante attività antimicrobica, per quanto sia presente in maggiore concentrazione nel latte materno (39 mg/100ml vs 13 ug/100ml). Nel latte sono anche contenute immunoglobuline, peptidi e citochine con attività biologica interessante. sono degradate durante il processo di pastorizzazione: niente di tutte queste belle cose dunque arriva nel suo bicchiere di latte pastorizzato.
gli altri elementi, retinoidi, vitamina D (suppongo si riferisca a questi) sono ampiamente rappresentati in altri alimenti meno controversi. La vitamina D ce la regala il sole. Gli omega3, presenti in piccole quantità, non penso proprio passino intatti i trattamenti termici e, in ogni caso, sono anch’essi ampiamente rappresentati in altri alimenti che non hanno ricevuto le stesse accuse del latte vaccino e dei suoi derivati. Il latte contiene anche una quota di circa il 2,7% di acidi grassi trans (ovviamente la percentuale è nell’ambito dei grassi totali). L’assunzione Ideale di acidi grassi trans e’ 0 (zero).
3) non mi faccia dire cose che non ho detto: son dati statistici, indagini epidemiologiche che cominciano nell’epoca nella quale è cominciato il consumo: sono stati cercati indizi per un possibile vantaggio biologico del consumo di latte nelle ossa fossili, da allora fino ad oggi non esistono evidenze che il consumo di latticini abbia migliorato lo stato delle nostre ossa, semmai esistono evidenze che i popoli dove si consumano più latticini sono spesso quelli dove si registrano più fratture (ma son dati ancora dubbi, infatti non ne ho fatto menzione). sulle cause possibili lei ne ha elencate due (mobilitazione del calcio ad opera del sistema tampone dei fosfati e carenza di vitamina D).
4) tutte le proteine animali, per il meccanismo che lei ha descritto da solo, possono provocare calciuria. Di nuovo: non parlo del bicchiere di latte ma del consumo di latte e latticini “medio”. Generalmente chi soffre di calcolosi da ossalato di calcio ha, tra le indicazioni generali, quella di ridurre l’apporto di alimenti che contengono acido ossalico, proteine animali e latticini.
5) quali dati scientifici dovrei portare? le microemorragie intestinali nei bambini, da latte, sono condivise… le cerco al volo qualcosa, qui, qui, qui, qui, e qui.
ce ne sono tanti… spesso basta il primo rigo, come qui: “Young infants commonly show occult intestinal blood loss when fed cow’s milk, but in older infants blood loss may be less common.”
la causa non è nota ed è raro che sia legato ad anemia, ma si osserva comunemente questa enteropatia da latte vaccino nei bimbi sotto i 9 mesi, ancora di più se si scende… a lei sembrerà poco, a me sembra abbastanza dato che tengo molto alla salute intestinale.
Non sono da sola a sconsigliare il latte ai bambini, anche la Società Pediatri Italiani lo sconsiglia (parmigiano ma tutti i latticini, latte compreso) i primi 24 mesi.
“L’altro fronte su cui intervenire è quello del latte: una volta terminato l’allattamento al seno il latte da usare è quello ipoproteico, escludendo rigorosamente il vaccino, almeno sino al compimento dei due anni di età.”
attendo la seconda puntata.
Nutrirsi con articoli come questo aiuta a nutrirsi meglio, stimola il dubbio, rimette in moto menti altrimenti incapaci di muoversi al di fuori dei binari del “pensiero unico vagano”.
A quanti qui nei commenti abbiano toccato la questione “latte di qualità” offro uno spunto (un articolo di Roberto Rubino pubblicato sul mio portale Qualeformaggio.it) per osservare la zootecnia intensiva da una prospettiva tanto insolita quanto – ahinoi! – reale. Una lettura per capire quanto sia ingannevole quella denominazione e quanto – evidentemente – la politica sia irresponsabilmente asservita alle menzogne e al malaffare industriali. Buona lettura a chi deciderà di leggere!
Non ho mai letto The China Study benchè consigliatomi. Dai pochi stralci di testo posso con assoluta certezza ravvisare delle enormi inesattezze. Ed in particolare quella legata al fattore aflatossine/ caseina ed al loro legame cancerogeno. Detta così un profano non può certo contestare assunti che sembrano avere una base scientifica e sui quali non può discernere. Ma a me, mera allevatrice di mucche da circa tre generazioni lo strafalcione salta agli occhi. E mi stupisco che si possa scrivere e diffondere su un testo in commercio un informazione che definirei terroristica.
Vengo al punto. L’assunto che la combinazione aflatossine/caseina sia cancerogena è falso semplicemente perchè il fatto non sussiste! Anzitutto chi di voi sa cosa sono le aflatossine? Le aflatossine sono appunto tossine che possono essere trovate nel latte e nella carni quando gli animali mangiano farine intaccate da muffe ( mais e cereali vari stoccati in silos, navi e magazzini per mesi/ anni… Normale per nostra industria alimentare globalizzata!).
Ora questo fatto è noto, tanto che in Italia esiste una legge molto severa che controlla giornalmente il tasso di aflatossine nel latte fornito dagli allevatori per la vendita (ed è il terrore di ogni allevatore!) Per cui il latte in Italia da questo punto di vista non contiene aflatossine!!!! Pertanto la caseina non puó combinarsi con queste aflatossine (che comunque sono muffe, di per se fanno male a prescindere!).
Non vedo cos’altro aggiungere. Trovo assurdo che un testo che sembra diventata una bibbia possa fare terrorismo su una banalità del genere. Dal canto mio io credo che la regola unica debba essere badare alla qualità degli alimenti.la buona vecchia regola che ci insegnavano i nostro nonni. Qualità e varietà. Le carni una volta a settimana. Ok uova ok latte, ma anche legumi e cereali integrali. Mia nonna ci é arrivata a 95 anni e friggeva con lo strutto!!!
Per il resto. Le mie mucche mangiano l’erba! Pensate che rivoluzione! Così il problema delle muffe nelle farine che non si sa Mai da dove arrivano e che schifo contengono l’ho risolto alla radice. Sentii Veronesi dire uno strafalcione similare sul fattore cancerogeno delle carni legata all’inquinamento da aflatossine. Ora non so se per le carni ci siano controlli come per il latte, peró il discorso è sempre lo stesso. Questo problema è legato al metodo produttivo. Se gli animali mangiano come natura vuole il problema non sussiste. Voi dite… Non mangiare le carni e i prodotti animali potrebbe comunque essere la soluzione. Io vi rispondo: e le farine? Sapete quante aflatossine ingurgitiamo direttamente? E il riso? E gli altri cereali in commercio? Quante tossine si sviluppano nello stoccare per anni prodotti che fanno il giro del mondo?
Ragazzi il problema dell’inquinamento alimentare esiste xk siamo in mano ad un industria alimentare senza scrupoli e sempre più globalizzata. Finché non ci riapproprieremo di una cultura alimentare vera, che è fatta di conoscenza del cibo e delle sue materie prime e non del prodotto finito a cui ci ha abituato l’industria, saremo tutti inguaiati. Possiamo pure eliminare tutto e nutrirci di foglie di cavolo e basta. Ma tanto l’industria slimentare verrà a scovarci anche li. Perchè per loro noi siamo mucche da mungere. Lo so che è triste ma è così. Andate dal contadino, da uno di cui possiate fidarvi, chiedete, controllate ciò che mangiate. Ricordate come facevano i nostri nonni?
P.s per un periodo di circa un anno ho fatto una dieta vegana suggerita da una naturopata per cercare di risolvere un ostico problema di salute. Non ho ravvisato nessun beneficio a parte una cronicizzazione della mia fino ad allora leggera colite. Ho abbandonato la dieta e risto il problema quando ho trovato un medico capace di farmi la giusta diagnosi (un medico in pensione di 87 anni che forse ancora ha goduto di una preparazione medica all’altezza di tale definizione!) Dalla mia esperienza ho capito che dietro questa storia della dieta Vegan che cura qualsiasi male c’è tanta disinformazione e incapacità. Tutto il resto è noia. Saluti. Scusate gli errori ma ho scritto dal cell.
vorrei anche aggiungere che sarei d’accordo, eticamente, al prendere il latte che avanza dall’allattamento animale, lasciando l’animale libero e rispettandone i cicli riproduttivi naturali, ma, con i nostri consumi, non è nemmeno lontanamente fattibile.
Se mi convincerà con i suoi argomenti, forse, leggero’ il suo libro. Ma non sono solita leggere le interpretazioni diverse da quelle che si ricavano facendo ricerche indipendenti.
La prego di riservarmi lo stesso rispetto che le riservo io, non ho scritto niente di terroristico, ho solo condiviso i miei dati e, rivolgendomi direttamente a lei, ho usato un linguaggio che credo sappia interpretare, chiedo scusa a chi legge per la tecnicità, ma non potevo non appellarmi ad essa per rispondere ad un’affermazione scientifica, quale quella della sicurezza del latte e dei suoi derivati.
Salve Dottore.
Non ho tempo di entrare a discutere punto per punto la sua risposta ad Anna Sarni, ma la questione delle microemorragie non è nulla di trascendentale, nè di inventato da Anna. Lo sa qualunque pediatra, è fatto ben noto ed è uno dei motivi per cui attualmente qualunque pediatra sconsiglia fortemente il latte vaccino prima dell’anno di età. Si consiglia ufficialmente di aspettare almeno fino ai 12 mesi.
A proposito delle microemorragie dei bambini
È importante precisare fin da subito che il problema delle microemorragie riguarda i bambini nel primo anno di vita. In base alle ricerche del prof. Ziegler, pediatra della Yowa University, circa il 40% dei bambini americani che assumono latte di mucca entro il primo anno di vita, soffrirebbe di perdite di sangue attraverso le feci. Ma poi, sempre secondo il prof. Ziegler, questo disturbo scompare verso il dodicesimo mese.
Riflettiamo un po’. Il primo anno di vita di vita è il periodo in cui il bambino dovrebbe essere allattato esclusivamente al seno (primi 6 mesi di vita) per poi essere svezzato, ma continuando ad essere allattato al seno anche fino a 2 anni di età ed oltre (queste sono le attuali raccomandazioni dell’OMS). Se si seguissero queste raccomandazioni, non ci sarebbe nessuna necessità di ricorrere né al latte di mucca né ai latti artificiali. Dove sta il problema? Sta nel fatto che, per il sistema sociale e lavorativo che ci siamo dati, le mamme non sono in grado di seguire le raccomandazioni dell’OMS e conseguentemente si affidano ai latti artificiali raccomandati dai pediatri o al latte di mucca del supermercato.
È ovvio che il latte di mucca può far male ad un bambino che dovrebbe ancora alimentarsi con latte materno! Pensate che, rispetto al latte materno, ha un contenuto di proteine totali 4 volte più elevato, ha tanta caseina in più e tra le diverse frazioni della caseina, ce n’è una quasi assente nel latte materno. Insomma sfortunato quel bambino che, passando dal latte materno a quello di mucca, deve impegnarsi allo spasmo con il suo sistema intestinale e quello immunitario per fronteggiare una situazione del tutto nuova, imprevedibile ed estremamente impegnativa. Poi, con l’età, il bambino si adatta, e il latte di mucca diventa alimento come tanti altri.
Su questo stato di cose un po’ ci marcia l’industria alimentare per vendere i suoi latti artificiali, cavalcando anche il fatto che il latte di mucca contiene poco ferro. Ma durante lo svezzamento i bambini possono prendere ferro da altre fonti alimentari.
È vero, come dice Valentina, i pediatri consigliano i latti in polvere. Beh, la maggior parte dei pediatri si fida del latte in polvere, come prima si fidava del latte artificiale che considerava nutrizionalmente pari al latte materno (oggi l’OMS li ha sconfessati, anche se con riprovevole ritardo), del latte di soia (che ora è sconsigliato nel primo anno di vita), degli oli di semi al posto dell’olio d’oliva (oggi sappiamo che quest’ultimo non ha uguali dal punto di vista nutrizionale).
In conclusione siamo di fronte ad un classico caso della pagliuzza che si fa diventare un tronco: sì, il latte di mucca può dare problemi ai bambini entro il primo anno di vita, ma non è il latte a essere criminale, ma questo sistema sociale e lavorativo che non permette alle mamme di allattare il suo bambino al seno come la natura e il bambino richiedono.
Poi, che il latte di mucca sia in buona parte di scadente qualità e possa far male a tutte le età, è indiscutibile. Ma c’è dell’ottimo latte, sì che c’è e, se piace, perché no, ovviamente con moderazione.
Buone vacanze a tutte(i) le/i pastonudiste(i).
La sua precisazione è già stata fatta (“-il 40% dei bambini sotto i 9 mesi sperimenta, con l’assunzione di latte e latticini, microemorragie intestinali, senza evidenti conseguenze.”)
lei mi ha chiesto bibliografia dunque per qualcosa che conferma. Mi lasci capire: è d’accordo con me (e con la SIP) sull’evitare il latte vaccino nella prima infanzia? Non tutti i bambini sono allattati al seno e lo svezzamento comincia tipicamente dopo i 6 mesi (OMS). Se il latte vaccino fosse un alimento “come gli altri” come mai questo fenomeno ed il consiglio di posticiparne l’assunzione dopo i 12, ma anche 24 mesi? Dunque l’enteropatia infantile da latte vaccino non è più un punto da discutere. Gli altri?
Mi indichi, cortesemente, dove, chi, perché “il latte di soia è sconsigliato nel primo anno di vita”, sugli olii sono d’accordo con lei, sul latte di soia affatto, salvo che non competa con il latte materno e che non stiamo parlando di bambini allergici. Oppure voleva parlare delle formule a base vegetale? In questo caso esistono solo 2 controindicazioni, nel caso delle formule a base di soia. La prego di spiegarmi… La soia l’ho studiata ma questa sua affermazione non l’ho mai vista condivisa in alcun documento ufficiale, studio epidemiologico, review o meta analisi, né un documento “avvallato” da enti od organismi che si occupano di alimentazione, le chiedo chiarimenti.
Tornando alla sicurezza del latte, ci sono molti punti descritti che “pesano” sul latte, se il latte (con i suoi derivati) fosse un alimento “sano” non sarebbe oggetto di limitazioni né da parte della SIP, né in corso di una serie di patologie metaboliche. . Non sarebbero descritti rischi da un suo consumo sostenuto (ho dimenticato di associarlo all’epatocarcinoma, come dagli studi di Campbell, linkato di seguito trova uno studio epidemiologico svolto su quasi 450,000 persone non suo molto recente http://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1002/ijc.28812/abstract )
Frutta e verdura sono alimenti sani, non esiste una patologia (fatta eccezione per alcuni stati infiammatori acuti intestinali, alcune intolleranze o allergie) nella quale vengano limitati. Più se ne consumano meglio è.
Il latte vaccino vince, tra gli alimenti, forse il primato di associazioni a patologia, mentre i media continuano a presentarlo come “alimento eccellente” infatti ogni volta che mi trovo a presentare questi dati la resistenza è fortissima, sulla soia invece accade l’opposto: una valanga di documenti a sostegno della sua sicurezza e, perfino, salubrità e basta un articolo scritto con un po’ di bibliografia “ad hoc”, tagliato e cucito anche distrattamente, ed ecco che la gente reagisce con paura e, dopo aver gettato il tofu nella spazzatura, propaga il tam-tam aumentando la confusione e nutrendo la disinformazione.
La verità sul latte vaccino ed i suoi derivati, alla fine, si evince anche dalle sue parole, se si supera un consumo “modesto” di derivati del latte ci si espone praticamente ad una parte consistente delle prime cause di morte e di patologia cronica in occidente.
La dose fa il veleno, ma un alimento “sano”, per definizione, non va moderato.
Harvard parla di “massimo 1 o 2 porzioni al giorno sconsigliandone l’assunzione durante i pasti, precisando che “non è necessario” e ha tolto latte e derivati dalla piramide alimentare.
Grazie per il confronto.
Grazie Professore per il post che porta luce su questo argomento caldo. Peccato che i commenti al post ne abbiano offuscato il messaggio fondamentale “in medio stat virtus”. Contraddizioni ce ne sono un po’ ovunque sparse nel dibattito che resta interessantissimo. Insomma, questo bicchiere di latte, proveniente da una mucca che vive in maniera sana e mangia quello che le piace, in più in una dieta che predilige cereali completi, verdura e zero proteine animali, fa male oppure no ? Non credo… Se non fosse per uno yogurt di capra bio che mangio (bevo) al mattino, e una o due uova a settimana, sarei vegana. Non credo che questo yogurt abbia o avrà su di me gli effetti apocalittici intimidati. Non è neanche vero, come ha scritto qualcuno, che ci sono alimenti che possono essere mangiati all”infinito e restare innocui. Non credo infatti che se mangiassi tutti i giorni per tre volte al giorno una stessa verdura tipo le melanzane, il mio intestino dopo un anno (ma anche dopo un mese) mi ringrazierebbe, anzi… A chi non ha abbastanza buon senso e ha bisogno di uno studio Scientifico per avere la risposta, che dire, peccato che questo studio non si farà mai, visto che nessuno (spero) si offrirebbe di mangiare melanzane tre volte al giorno per un anno…
Gentile professore , in considerazione del fatto che ognuno di noi e’ sottoposto inevitabilmente ad inquinamento chimico ed elettromagnetico , ognuno di noi potrebbe avere un tumore che può rimanere silente fino alla morte . Il latte , anche quello della nostra mucca che vive nel nostro orto e che mangia l’erba , contiene i fattori di crescita , che favorirebbero lo sviluppo di eventuali cellule tumorali . Questo e’ stato dimostrato in diversi studi e per questo personalmente l’ho eliminato . Grazie per le precisazioni che ci ha indicato .
@Anna Sarni: Se continuiamo questo dialogo tra sordi, rischiamo di annoiare i nostri lettori per cui alzo le braccia. Per la soia può andarsi a leggere quanto ho già scritto su questo blog. Qualunque alimento, non solo il latte, se consumato in eccesso può causare disturbi. Non è vero che il latte è stato introdotto recentemente ma del suo consumo ci sono riferimenti nella Bibbia. 7500 anni fa c’è stata una mutazione genetica per cui alcune persone sono diventati tolleranti al lattosio e da queste è nata la popolazione degli intolleranti che è migrata in Europa (la letteratura la trova nel mio libro che le ho citato).
Il legame tra latte e cancro della prostata, e tra latte e acne è ancora sub judicio e comunque vale il discorso sulla qualità che ho fatto in questo post. E mi fermo qui perchè mi è venuto l’affanno. Concludo dicendole che, se non vuole bere il latte, nessuno le dice il contrario. E, se vuole bere il latte di soia, lo beva pure. Io non berrò mai un latte proveniente da allevamenti industriali ma per questo non criminalizzo il latte. Non berrei invece il “latte di soia” per tutti i motivi esposti nei post che ho dedicato a questo legume. Punto.
@Emilia: Concordo pienamente con lei: era quello lo spirito del mio post, ma purtroppo troppo spesso la discussione prende una direzione inaspettata, indesiderata. Non mi meraviglio, con tanti anni di esperienze sulle spalle.
@Elisa: Ha ragione, viviamo ormai in un mondo contaminato, ma dobbiamo pur mangiare, e allora cerchiamo di scegliere non dico l’ottimo ma il meno peggio. Il blog della benemerita Sonia sta qui per questo.
@tutti i pastonudisti: Se volete che io mi esprima su qualche aspetto relativo alla qualità del latte, intervenite pure ma che si discuta della qualità del latte senza arrivare ai PRAL, ai TORC1, ai BMC/, ai TMAO… Questo vocabolario lasciamolo agli scienziati o pseudo tali.
mi pare che lei rifiuti di fare quello che ha chiesto a me: portare i riferimenti bibliografici. non mi ha dato risposte, ma non poteva fare altrimenti.
il cancro alla prostata ha, tra i fattori di rischio, il consumo di latte e latticini. Lo troverà riportato in molti studi e siti dedicati a questa neoplasia, lei o chi legge in generale. La relazione è positiva in molti studi, la certezza in questi argomenti non esiste e lo sa bene, si usano le “probabilità”. la soia invece sembrerebbe avere un ruolo protettivo… questo dicono gli studi epidemiologici, che piaccia o meno.
Lei è un medico, ha una grande responsabilità quando si rivolge alla gente che ha fiducia in lei, spero la senta e li protegga come figli.
Aveva promesso di rispondermi punto per punto…
In facebook esiste un gruppo di studio sulla soia e sul latte (e su altro), chi volesse approfondire o portare le sue conoscenze o obiezioni è invitato, invito anche lei, dato che li possiamo usare tutti i termini tecnici che vogliamo e ci sono altri professionisti. Trovarlo è facilissimo.
Intanto spero di vederla al contraddittorio con Campbell, ho un’idea di cosa le risponderebbe, ma non la espongo perché mi piace essere precisa e su questo non posso.
mi scuso per l’italiano, la fretta e i tanti anni all’estero non aiutano.
Anna Sarni, i miei più vivi complimenti, lei è un mito! Sarò sicuramente presente al convegno al Sana di Bologna dove si parlerà del libro con l’intervento del prof. Campbell, e rinnovo anch’io l’invito al prof Giannattasio a partecipare! Rimetto il link con le info e l’invito qui.
Qui nessuno deve convincere nessuno…
La cosa ‘nutriente’ di questo luogononluogo, come lo chiama Izn, è leggere, o meglio ascoltare e osservare i vari punti di vista delle persone che intervengono, per s-cambiarsi e con-dividere con curiosità opinioni, idee, riflessioni…
Non si smette mai di imparare gli uni dagli altri… e questo vale per tutti…
Poi, a ciascuno le proprie scelte ad personam, non siamo tutti uguali, e ognuno ha anche i suoi gusti…
Il Prof. ci regala generosamente le sue conoscenze, le sue ricerche, i suoi studi, ed esperienze, in
maniera semplice, pratica e utile, e anche dilettevole, da libero pensatore e ricercatore quale è: GRAZIEEEEEE :-))
Colgo l’occasione per allegare anch’io 2 link, (qui e qui) dei numerosi che si trovano in rete sulla soia… (anche se il post proposto dal Prof. Giannattasio era… il latte…!!!!!)
Sereno agosto a Tutti, che sia fruttuoso e costruttivo!
@Anna Sarni: Cara Anna, l’approccio del pasto nudo è piuttosto distante da quello della scienza “ufficiale”; diciamo che noi uniamo alle conoscenze scientifiche tutte le altre conoscenze possibili. Chi segue il blog lo sa, come sa che il prof Giannattasio ama la gente profondamente e responsabilmente. Per gli articoli sulla soia ti rimando alla sua rubrica, che trovi qui; ci sono ben tre post nei quali il prof esprime il suo pensiero in proposito.
Il prof non ha un’account Facebook e non intende aprirlo; è già tanto che una persona della sua età e con i suoi impegni riesca a parlare con la gente attraverso il blog e su Valore Alimentare; non possiamo chiedergli anche i social, considerato anche il fatto che passa molto più tempo in giro per conferenze che a casa :-)
Per quanto riguarda il convegno non credo proprio che una persona come lui possa partecipare senza un invito ufficiale, e pure in quel caso bisognerebbe vedere se non ha già altri impegni.
Credo che il problema nel vostro dialogo sia che parlate due lingue diverse. Alcune persone decidono, dopo aver approfondito completamente una conoscenza, di andare oltre, e di integrare il proprio sapere con nuove informazioni e concetti, e a quel punto è molto difficile per loro dialogare con chi cerca continuamente di riportarli su un piano che hanno già esplorato nella sua interezza.
Scusate, ma va bene che siamo tutti diversi (verissimo) è che non di sola scienza (riduttiva, argomento trattato dallo stesso Campell nel suo ultimo libro “Whole”), ma ci sono argomentazioni e non argomentazioni.
SE non si vuole discutere usando, per lo meno come punto di partenza, i dati che emrgono dalle ricerche epidemiologiche così come studi più circoscritti, non vedo di cosa parliamo.
@izn: scusa, ti leggo da molto tempo ma stavolta non ho proprio capito il tuo commento. Se una persona ha approfondito completamente la conoscenza di un argomento e decide di andare oltre e di esplorare altri orizzonti non significa che poi non possa rispondere alle domande che gli vengono rivolte. Anzi, avendo sviscerato completamente l’argomento, dovrebbe puntare il dito proprio sulle argomentazioni che non lo convincono. Allora, visto che queste 2 persone sarebbero su 2 piani diversi, a noi poveri lettori non resterebbe che accettare fideisticamente gli argomenti dell’uno o dell’altro? Basandoci sulla simpatia o su cosa? I dibattiti si aprono per essere argomentati non per lasciar perdere se non tutti la pensano allo stesso modo. Peccato che anche a te stia bene così
@isabella e maria: quello che intendevo è che non è citando gli studi scientifici che il prof risponderebbe, perché non sono quelli il nostro unico riferimento. Per quanto mi riguarda ha risposto già, ma la risposta non è stata colta da alcune persone, e il motivo è che ci troviamo su piani di conversazione diversi. I “dati che emergono dalle ricerche epidemiologiche” non sono un buon punto di partenza, per tutti i motivi che il prof ha elencato.
Dimenticate sempre che se la qualità del latte fa la differenza, e sicuramente la fa insieme alla quantità. quanto latte abbiamo di qualità?
Chi lo trova? Dove si trova?
Quante poche persone possono accedere ad un latte di qualità?
Una piccolissima percentuale.. E allora di cosa parliamo?
in Permacultura si dice “lavora con e non contro” qui mi pare che stiate lavorando tutti contro tutti senza andare al nocciolo della questione: le possibili soluzioni.
Latte di qualità ce n’è poco? io dico forse ce n’è abbastanza, d’altra parte per chi lo consuma è consigliabile consumarne poco e poco significa che se cerchiamo bene ce n’è per tutti.
Facciamoci delle passeggiate in campagna la domenica invece di andare nei centri commerciali e vedrete quante cose “salubri” ancora si trovano…. magari lì dietro casa c’è ancora un vecchiarello con 2 vacche che gli da solo fieno e amore. Buona ricerca.
@ISA: secondo me il punto è proprio questo: non è il latte “vero” a dover essere demonizzato, ma la cosa malata nel quale l’industria lo ha trasformato. Nelle indagini epidemiologiche è specificato quale latte è stato utilizzato?
Se il latte vero è difficile da trovare, la colpa è nostra che non lo pretendiamo, lasciando sui banchi dei supermercati quelle schifezze che ci propinano. Siamo noi che facciamo la richiesta, non è vero che sono in pochi a poter accedere al latte di qualità, come al cibo di qualità, è solo che non ci viene detto come.
Ho fondato l’associazione del pasto nudo proprio per questo scopo, spiegare alle persone, soprattutto quelle che credono di non poterserlo permettere, come accedere al cibo vero, “consapevole”.
@Roberto: Sììììììì!!! È proprio quello che intendo! :-)
I dati scientifici e il buon senso
Ho scritto questo post per farvi partecipi di mie perplessità riguardo alla criminalizzazione del latte in voga oggi (ma la stessa ingiusta criminalizzazione si fa anche per i grassi in generale, che pure sono indispensabili per il nostro organismo) e ho messo sul tappeto queste tre aspetti:
1. La validità degli esperimenti di Campbell sull’effetto della caseina sui ratti;
2. se il latte, alimento fondamentale da tempo immemorabile, sia diventato nocivo come per l’intervento del demonio oppure perché quello che si consuma oggi è di cattiva qualità;
3. le ricerche epidemiologiche che mettono in evidenza una possibile relazione tra rischio di insorgenza del cancro della prostata e consumo di latte sono viziate dal fatto che hanno considerato le persone che consumano latte ma non la qualità del latte che queste persone consumavano;
4. al vegetarianesimo o al veganismo si arriva per convinzione personale e non perché terrorizzati dalla lettura di certi libri o di informazioni apocalittiche circolanti in rete.
Molti intervenuti hanno colto lo spirito del mio post. Alcuni invece sono partiti con la lancia in resta per una crociata contro il latte, sciorinando una tiritera di dati scientifici o presunti tali che dimostrerebbero che il latte è malvagio nei nostri riguardi, mentre hanno evitato completamente di intervenire sulle questioni da me poste.
A costoro dico questo:
Il metodo scientifico, di cui noi oggi ci avvaliamo, è uno strumento meraviglioso per progredire, anche nel campo dell’alimentazione. Noi consumatori però dovremmo essere in grado di valutare i risultati che poi si traducono in scelte alimentari anche armandoci di buon senso e tenendo conto delle conoscenze che ci hanno trasmesso i nostri avi, dotati di quella saggezza istintiva che noi abbiamo perduto. Se invece prendiamo per oro colato qualunque risultato scientifico, rischiamo di brutto perché troppi interessi di bottega ruotano intorno alla ricerca in campo alimentare. Pensate al latte in polvere che ignominiosamente per decenni si è fatto passare come degno sostituto del latte materno; alla margarina vantata come più salutare dell’olio extravergine d’oliva fino a che non è venuto fuori l’affare dei trans; agli oli di semi che dovevano essere amici del cuore che ora sono sotto inchiesta per l’elevato carico di omega-6. E poi gli additivi e i pesticidi che la ricerca ha considerato prima innocui (e quindi permessi nella nostra alimentazione) e poi nocivi (e quindi vietati).
Detto questo, voglio parlare degli argomenti “scientifici” tanto amati dai crociati anti-latte.
1. Riguardo alle ricerche epidemiologiche che evidenzierebbero un aumento del rischio di insorgenza del cancro della prostata e il consumo di latte, la World Cancer Research Fund (WCRF) parla, almeno per le ricerche svolte prima del 2007, di prove “limited-suggestive” cioè scarse e insinuanti il “sospetto”, e non di prove convincenti o almeno indicanti una probabilità. E giacché ci siamo, sempre il WCRF parla dell’esistenza di prove indicanti la probabilità (che è qualcosa di più della “suggestion” che il latte riduca il rischio di cancro del colon-retto. Inoltre, c’è da dire che la maggior parte di queste ricerche epidemiologiche mettono l’aumento del rischio di insorgenza del cancro della prostata in relazione non al consumo di latte ma *al consumo eccessivo* di latte (e quindi all’introito eccessivo di calcio). Ecco quanto viene detto in una recentissima rivista della letteratura disponibile su questo tema: “Vi è la necessità di più ampie prove di controllo randomizzate che saranno anche utili per identificare la dose ottimale e la durata (di assunzione) di nutrienti come pure per determinare potenzialmente perché alcuni subgruppi di pazienti rispondono meglio che altri”.
Al di là del linguaggio scientifico-burocratico, il senso è chiaro: c’è ancora molto da fare per essere sicuri del rischio e per agire di conseguenza sul piano dietetico. Per questo le indicazioni dietetiche che sono date attualmente non parlano quasi mai di eliminare il latte, ma di farne un uso limitato. Affinché ci si renda conto di quanto siano complicate e di difficile interpretazione queste prove epidemiologiche, basta accennare ai dati in letteratura che dimostrerebbero che il rischio maggiore di sviluppare nel corso della vita il cancro della prostata lo corrono le persone che hanno ecceduto nel consumo di latte nell’adolescenza.
2. Il consumo di latte provoca la produzione di muco? Non c’è nessun lavoro scientifico che dimostra questo. Nel sito dell’Harvard Medical School si parla di un effetto essicante da parte del latte sul muco, ma non di un effetto stimolante. Per questo motivo, e memore degli insegnamenti dei grandi clinici che ho avuto come maestri da studente, levo il latte soltanto nel corso di infiammazioni delle vie aeree e intestinali e decido caso per caso se levare o ridurre al minimo il latte ai bambini linfatici. Nel caso delle infezioni intestinali, levo il latte perché può succedere che ci sia un’intolleranza temporanea al lattosio.
Concludo ripetendo il mio *no al latte proveniente dagli allevamenti industriali* in cui gli animali sono tenuti in condizioni di sofferenza, alimentati con concentrati a base di soia e mais (per di più transgenici) e con mangime farcito di pesticidi, additivi, antibiotici ecc. (che poi passano pari pari nel latte), costretti a gravidanze ravvicinate (che aumentano gli estrogeni nel latte), che, come negli Stati Uniti sono trattati con l’ormone della crescita (che poi aumenta i livelli di IGF1 nel latte), scornati, separati al parto dai loro vitelli, mandati al macello a 5 anni, dopo soltanto 2-3 lattazioni.
Io getto questo grido d’allarme, forse poco scientifico perché viene dall’anima: *attenzione, perché tutta la sofferenza delle bestie che si allevano industrialmente ce la ritroviamo nell’aria che respiriamo e nel latte che beviamo*.
Non bevete il latte se non vi piace o se avete fatto una scelta – consapevole, non scientifica – di diventare vegani. Ma se desiderate bere latte, sceglietene uno di ottima qualità (= prodotto da mucche che sono allevate nel rispetto dei principi dell’etologia) e limitatevi alla razione quotidiana. Al bando gli estremismi manichei e le condanne da sacra inquisizione in ossequio ai dati scientifici che vanno sempre cucinati nel brodo del buon senso e dell’autonomia nel pensare che ognuno di noi deve avere, se no l’industria alimentare ci gira a modo suo.
1. WCRF/AICR’s Second Expert Report: Food, Nutrition, Physical Activity, and the Prevention of Cancer: a Global Perspective (2007)
2. Mandair D e coll. Prostate cancer and the influence of dietary factors and supplements: a systematic review. Nutrition and Metabolism (2014) 11, 30
3. Torfadottir JE e coll. Milk intake in early life and risk of prostate of advanced prostate cancer. Am J Epidem (2012), 175, 144-153
Sarebbe interessante sapere la quantità di aflatossine che deve essere presente nel mangime della mucca affinché nel latte prodotto si trovino le aflatossine necessarie per innestare il pericolo aggiuntivo di sviluppare un tumore. Dopo tutto le aflatossine, in assoluto le micotossine peggiori, sono estremamente regolamentate ed è possibile trovarle solo in quantità molto molto molto piccole nei cibi/mangimi destinati alla catena alimentare umana.
È vero che è molto difficile evitare lo sviluppo delle micotossine, ma i controlli in Europa ci sono (e se non mi fido di quei controlli, perché mi dovrei fidare di altri?) e la legislazione comunitaria mi dice che il cibo che consumiamo è sicuro. Indubbiamente è possibile che la legislazione non sia al passo con la ricerca, ma se questo è il caso, non sarebbe un approccio migliore semplicemente ridurre le quantità di aflatossine che possono essere presenti nei mangimi? Mica è colpa del latte se le aflatossine sono cancerogene e se la sua composizione ne esalta la canceroginicità, allora diminuiamole.
@Anna Sarni, mi sono perso in tutta quella discussione riguardante i neonati e i bambini i età di svezzamento. Pressoché tutti dicono che il latte vaccino non è adatto come sostituto del materno/formulato prima dei 12 mesi di età per vari motivi (composizione, contenuto proteico, microemorragie, ecc. In alcuni paesi del nord Europa dicono che 9 mesi sono sufficienti se il bambino già assume una buona varietà di cibi, ma a quanto ne so questi sono in minoranza.
Non è la stessa cosa che dice Matteo Giannattasio? Di nuovo, mica è colpa del latte se non allattiamo i bambini quanto loro meriterebbero.
Leggo ora l’ultimo commento di Matteo Giannattasio da cui cito:
“alimentati con concentrati a base di soia e mais (per di più transgenici)”
E che problema c’è con i mangimi transgenici (ovvero OGM)? Dove sono le prove? Questa volta è Matteo Giannattasio a fare lo scaremongering e la divisione manichea, o no?
Non dimentichiamo che praticamente tutto il mais del mondo è OGM e che ne importiamo milioni di tonnellate ogni anno in Italia.
@Andrea: sul pasto nudo abbiamo parlato molto delle nostre perplessità sugli OGM e perché siamo molto contrari alla loro introduzione. data l’importanza e la complessità dell’argomento, ho ritenuto opportuno dedicare agli OGM una rubrica, che trovi qui.
Anche il prof ne ha parlato nella sua rubrica in un post che esprime molto chiaramente il suo pensiero.
Per inciso, non è assolutamente vero che tutto il mais del mondo è OGM; ad esempio in Italia non è legale coltivarlo (anche se si può acquistare, proveniente dall’estero) e ne abbiamo molte varietà antiche oltre a quelle convenzionali (anche queste comunque non OGM). E non siamo certo l’unico Stato ad aver fatto la scelta no-OGM.
Il fatto che venga importato non vuol dire che lo vogliamo, ma semplicemente che la maggior parte della gente non è informata sulla sua provenienza.
Sì, vero che non si può coltivare in Italia, ma è anche vero che la quasi totalità, mi pare l’80%, di quello utilizzato sia OGM. Non mi interessa più di tanto l’aspetto degli OGM, ma puntualizzo solo che in Italia sono di uso comune e così come per il latte siamo ancora qui, a nessuno sembra che sia cresciuto un terzo braccio per aver consumato carne/latte/latticini/derivati animali che contengono sicuramente materiale OGM, nonostante la popolazione lo assuma giornalmente da decenni.
Interessante come l’argomento (di carattere puramente retorico e non scientifico) che il latte non faccia male perché lo si beve da sempre e siamo ancora qui non si applichi anche all’OGM. Non vedo la differenza tra le due.
Sulle varietà antiche lasciamo stare…
Comunque, c’è chi è molto più ferrato di me sull’argomento :)
@Andrea: non si tratta di arti che crescono, ma di altri piccoli e grandi problemi fisici che tutti stiamo sperimentando e del fatto che non sappiamo sul lungo termine a cosa possa portare tutto questo; oltre agli aspetti devastanti sull’agricoltura, ma per questo ti rimando alla rubrica di cui ti scrivevo sopra.
Perdonami ma non capisco il paragone tra latte e OGM. Il latte c’è da sempre, gli OGM esistono da… tipo cinquant’anni? O meno? E sono presenti (solo mais e soia) sul mercato italiano da meno di vent’anni se non sbaglio, e nonostante la stragrande maggioranza della popolazione italiana sia contrarissima.
izn, ma così non si ragiona con il metodo scientifico, ma con le emozioni e l’irrazionalità :)
Ovvero, gli OGM hanno alcuni vantaggi, ad esempio per quanto riguarda l’utilizzo di diserbanti, quindi stiamo barattando quello che è un vantaggio accertato, con un qualcosa di potenziale che nonostante l’utilizzo da decenni ancora non è stato effettivamente dimostrato. inoltre bisognerebbe capire perché gli ibridi (che esistono più o meno da sempre e sono in continua evoluzione) vanno bene, e meno male, altrimenti faremmo tutti la fame, mentre gli OGM no.
Comunque tutto sarei disposto a dimenticare tutto ciò se non fosse, appunto, per l’approccio manicheo.
Gli OGM, TUTTI gli OGM, sono il male, invece di valutarne uno per uno pro e contro. Questo è l’approccio che non ritengo costruttivo in quanto va contro ai “dati scientifici e il buon senso” citati da Matteo nel suo commento in alto.
Tra l’altro, mica è colpa mia se il governo è ipocrita, da una parte mi vieta di coltivarlo in Italia, dall’altra mi dice che ne posso comprare quanto ne voglio e comunque darlo da mangiare a tutti… Ma allora fa male o no? :D
@Andrea: Andrea, perdonami ma in questa sede siamo molto OT con l’argomento OGM. Se vuoi parliamone tranquillamente nei post sugli OGM che ti ho linkato sopra, dove nei commenti abbiamo già discusso ampiamente di quello che stai scrivendo, altrimenti ripetiamo sempre le stesse cose :-)
:)
Bisognerebbe capire se l´IGF1 é stimolato solo dal latte industriale o anche dal latte buono delle vacche che pascolano in alta montagna. Tra l´altro, sul fatto che il latte sia un alimento che fa parte della dieta umana da sempre non concordo. Nella tradizione alimentare Cinese per esempio, il latte non é nemmeno contemplato.
Luca
Mah…??
4. al vegetarianesimo o al veganismo si arriva per convinzione personale e non perché terrorizzati dalla lettura di certi libri (quali???) o di informazioni apocalittiche circolanti in rete.
E poi…: “Io getto questo grido d’allarme, forse poco scientifico perché viene dall’anima: *attenzione, perché tutta la sofferenza delle bestie che si allevano industrialmente ce la ritroviamo nell’aria che respiriamo e nel latte che beviamo”
…. Questa non è forse una informazione apocalittica che ora gira in rete??? Vede che allora tutti contribuiamo a fare un po’ di terrorismo???
Ritengo inoltre poco professionale discutere contro qualcuno che non può difendersi (Cambpell) e che probabilmente nei suoi libri non si riferiva proprio esattamente al latte di “qualità” delle mucche del contadino del maso allevate a fieno e amore….
@Luca, in Cina non viene utilizzato perché hanno un numero molto maggiore di intolleranti al lattosio, per cui l’utilizzo del latte da adulti non si è mai sviluppato. (lo dice Bressanini qui). poi si può discutere se è nato prima l’uovo o la gallina, ma è un’altra storia.
@Andrea: forse ti mancano i rudimenti di logica matematica. SE tu afferti che “E´sempre vero P”, questa frase si puó negare per esempio mostrando che esiste -almeno- un caso in cui P é non vera. E quindi, di nuovo: non é vero che il latte é un alimento che fa parte della dieta umana da sempre.
@Luca, ?????
Ho dato un´occhiata a PubMed. Una rapida ricerca, ha dato i seguenti risultati:
1) Matteo Giannattasio: 4 pubblicazioni
2) Colin Campbell: 187 pubblicazioni
3) Franco Berrino: 193 pubblicazioni
Questo certo non dice nulla, ma qualche indicazione la puó dare.
Luca
@Andrea: non é questione se é nato prima l´uovo o la gallina, ma sul fatto che nel suo insieme i popoli della terra non si sono mai cibati di prodotti caseari nello stesso modo in cui lo facciamo noi. Nel bel libro “Il grande libro dell´ecodieta” di Carlo Guglielmo il tema é trattato in dettaglio. Esistono valanghe di ricerche sui problemi derivanti dal latte vaccino. Ve le posto a breve,
Luca
@Luca: grazie al cielo qui sul pasto nudo non giudichiamo l’importanza di una persona (e la sua credibilità) in base alle pubblicazioni “scientifiche” che ha fatto.
Ad ogni modo in questo post si sostiene appunto che non dobbiamo assolutamente cibarci di prodotti caseari “nel modo in cui lo facciamo noi” ma con moderazione e discernimento. Mi sembra molto diverso.
@izn: infatti, e per fortuna che é cosí, non a caso ho sottolineato “e questo certo non dice nulla” peró chi si prende la briga di parlare di queste cose dovrebbe per lo meno conoscere la mole di lavori che sono stati pubblicati sull´argomento.
@Luca: metto la mano sul fuoco sul fatto che il prof (se ti riferivi a lui) conosca molto bene gran parte se non tutti i lavori di cui parli. Questo non vuol dire che debba trarne le stesse conclusioni che ne trarrebbe un’altra persona.
Brava Izn! Così si risponde! Frequento questo blog proprio perché non si fa imbambolare solo dai nomi di chi dice e scrive tante cose! Frequento per studio e lavoro l’ambito della ricerca scientifica e di persone che scrivono tante cavolate è pieno il mondo, preferisco chi si fa sentire ogni tanto, ma quando lo fa dice cose sacrosante! Grazie Prof. per questo articolo! Di latte ne consumo ben poco, ma lo consumo buono. Tutti mi dicevano che per la candida dovevo smettere di bere latte e smettere di mangiare pane, così li avevo eliminati totalmente, portando come conseguenza un tragico peggioramento della candidosi. Da quando bevo poco latte ,ma buono e mangio un paio di fette di pane fatto con pasta madre casalinga, la mia candidosi l’ho salutata da lontano con la mano. Alla faccia dei dottoroni contro il latte per partito preso!
@andrea: Il mio inciso (per di più transgenico) nasce da considerazioni basate su dati scientifici e di buon senso che ho fatto più volte non solo su questo blog, ma anche sulle pagine del Corriere della Sera. In particolare il mio riferimento alla soia transgenica che diamo in pasto alle mucche tiene conto di un lavoro scientifico pubblicato recentemente su “Food Chemistry” dove si dimostra che la soia GM resistente al glifosato ha un alto contenuto di residui di glifosato e di un suo metabolita, mentre la soia non GM, sia coltivata con metodo convenzionale che biologico, non contiene residui del genere.
Ma c’è dell’altro. Un gruppo di ricercatori dell’Università di Napoli ha pubblicato l’anno scorso dati riguardanti l’alimentazione di animali con soia GM. Molto interessanti appaiono i risultati scaturiti dalle indagini effettuate sui capretti nati da madri che ricevevano, a partire da 60 giorni prima del parto, soia GM vs soia convenzionale e alimentati esclusivamente con latte materno. Soltanto nel gruppo di capretti figli di madri alimentate con soia GM, infatti, sono stati rilevati frammenti del DNA transgenico nel fegato, rene, muscolo, milza, cuore e sangue. Tali risultati suggerirebbero un passaggio del DNA attraverso il latte.
In questi capretti, infine, è stato registrato un significativo aumento dell’LDH, in particolare dell’isoenzima LDH1 nel cuore, muscolo e rene, nonché della GGT nel fegato (Mastellone et al. Food and Nutrition Science 2013, 4, 50-54). Sono studi che ovviamente vanno approfonditi.
@letizia: Io non so se lei sia mai andata a visitare allevamenti industriali e se abbia il tipo di sensibilità che può farle avvertire in cuor suo la loro sofferenza. Non so nemmeno se ha avuto modo di leggere libri come La vita degli animali del premio Nobel Coetzee o Liberazione Animale di P. Singer. Possiamo discutere se il mio è terorismo soltanto dopo che avrà fatto l’una e l’altra cosa.
Grazie prof per la sua pazienza nell’insegnarci il buon senso!
Bressanini aveva scritto un esilarante pesce d’aprile demonizzando con linguaggio scientifico niente meno che…l’acqua. Il metodo scientifico è indispensabile, ma per poterlo applicare ci poniamo su un determinato livello di osservazione, non bisogna mai perdere di vista gli altri livelli, più globali, che sono quelli che danno senso ai dati. Per fare un esempio che mi tocca particolarmente, dopo aver esaltato a lungo i benefici della formula, per anni molti studi hanno tentato di dimostrare la superiorità del latte materno. Adesso cominciamo ad accorgerci di quanto sia insensato, perché è il latte materno ad essere la norma, non è corretto dire che il latte protegge da una patologia, è la formula che costituisce un rischio.
Non ci nutriamo di molecole, ma di alimenti, con tutto il corollario di aspettative, piaceri, credenze, valori, ricordi, tradizioni di cui li investiamo. Tanta conoscenza non ci dice come trovare il benessere, ci dice semmai “non mangiare questo perché contiene quello che ti fa male a quell’altro”. Ci vuole consapevolezza, saggezza, per trovare il giusto equilibrio che fa per noi, che è parte di un equilibrio più grande.
Un ultimo appunto sugli OGM. Non ne voglio nel mio piatto, non perché temo che un gene in più mi faccia spuntare il terzo braccio, ma perché non approvo la politica di profitto che sta dietro alla loro produzione, i monopoli e lo sfruttamento della terra. Stiamo facendo alla terra la stessa violenza che facciamo alle vacche da latte, trasformando il cibo in veleno e la terra in deserto.
Un pó di bibliografia sui danni del latte (10 riferimenti, i prossimi in arrivo…)
1)Milk and other dietary influences on coronary heart disease;
2) Dietary lactose as a possible risk factor for ischaemic heart disease: review of epidemiology;
3)Possible connection between milk and coronary heart disease: the calcium hypothesis;
4) An Ecologic Study of Dietary Links to;
5) Dairy products, calcium, and prostate cancer risk in the Physicians’ Health Study;
6) Associations of Energy, Fat, Calcium, and Vitamin D with Prostate Cancer Risk;
7) Plasma insulin-like growth factor-I and prostate cancer risk: a prospective study;
8) Insulin-like Growth Factors and Prostate Cancer; A Population-based Case-Control Study in China;
9) Insulin-Like Growth Factor 1 and Prostate Cancer Risk: A Population-Based, Case-Control, study;
10) Serum Insulin-Like Growth Factor-I Levels and Prostate Cancer Risk—Interpreting the Evidence.
Scrive lo scienziato Rupert Sheldrake nel suo ‘The Science Delusion’ 2012:
“… Mettere in dubbio le convinzioni consolidate non è anti-scientifico, anzi è centrale per la scienza stessa. Al cuore creativo della scienza si trova uno spirito di ricerca aperta. La scienza è un processo, non una posizione o un sistema di credenze. Si dà scienza innovativa quando gli scienziati si sentono liberi di formulare nuove domande e di costruire nuove teorie. Quando si considera un’ipotesi ampiamente accettata come l’inizio di una ricerca, anzichè come verità indubitabile, si aprono orizzonti del tutto nuovi… Le scienze sono frenate da ipotesi che si sono cristallizzate in dogmi, mantenuti da tabù potenti…., che fungono da barriere nei confronti di un pensiero aperto… La filosofia della scienza nega l’esistenza di ogni realtà spirituale o di fini non materiali, ma in questo libro mi occuperò delle affermazioni scientifiche del materialismo, non dei suoi effetti sugli stili di vita….. Il bisogno di mantenere l’autorità della scienza significa che il disaccordo e il dibattito sono pericolosi, quindi relegati dietro le quinte…. In quasi tutte le altre sfere della vita umana ci sono non uno ma una moltitudine di punti di vista: esistono molte lingue, culture, nazioni, filosofie, religioni, sette, partiti politici, aziende e stili di vita. Solo nel campo della scienza possiamo trovare ancora il vecchio ethos del monopolio, dell’universalità e dell’autorità assoluta… Le voci che dissentono sono eretiche. Un dibattito pubblico corretto è estraneo alla cultura delle scienze… I dibattiti non fanno ancora parte della cultura della scienza. La cultura della scienza cambierebbe se fossero la consuetudine le domande aperte, invece della contrapposizione fra una parte che è nel giusto e una eretica… Un dialogo è uno scambio di idee e opinioni, un’esplorazione congiunta. Non è detto che una parte debba vincere… L’illusione che gli scienziati siano superiori al resto dell’umanità significa che hanno poco da imparare da tutti gli altri… Rendersi conto che le scienze non conoscono le risposte fondamentali porta all’umiltà e non all’arroganza, all’apertura anzichè al dogmatismo…. Resta molto da scoprire e da riscoprire, compresa la saggezza… “
L’economista italiano stimato in tutto il mondo Carlo Maria Cipolla, invece, scrive nel suo Literacy and Developement in the West 1969:
“Nel futuro, la vita su questo pianeta dipenderà sempre più dalla capacità dell’uomo di seguire virtute oltre che conoscenza. Istruendo un selvaggio nelle tecniche più avanzate, non se ne fa una persona civile; se ne fa un selvaggio più efficiente. Se la vita su questo pianeta ebbe inizio e progredì per un lavorio di processi indipendenti da una volontà cosciente, questo non è più il caso in un mondo industrialmente avanzato nel quale l’uomo domina forze sempre più poderose…”
Concludo: la Vita è una vastissima UNITA’ di numerosi aspetti collegati fra loro, che noi…. riusciamo puntualmente a dividere (e a dividerci)….. spesso con poco garbo…
Il Prof. ha citato l’Anima…
La nostra vera essenza…
La nostra guida più intima, il nostro istinto innato…
Dimenticato…? …o perduto…?
@luca. Guardi meglio, mi sa che non non ha visto correttamente il mio curriculum. Lei invece di commentare il mio intervento con le pubblicazioni recentissime citate mi sciorina questo elenco di siti che riportano lavori che in gran parte risalgono a prima del 2000 e il più recente al 2002 e che comunque riportano ipotesi da verificare.
PS. Quando ho scritto questo post sapevo a che cosa andavo incontro, ma non mi sono tirato indietro per senso di responsabilità nei riguardi di tante persone che sono in balia di un’informazione in rete che pecca di tante i: ignoranza, interessi di parte, ideologia, intolleranza, informazioni errate o manipolate. In tanti anni di professione ho visto tante persone ammalarsi per colpa del cibo, troppo o poco e scadente. In questi tre giorni ho cercato di rispondere sempre anche se questo è stato per me oneroso e ha sollevato malumori in famiglia. Perfino i mie adorati gatti si sono sentiti trascurati! Ma mi rifarò. Penso che molti lettori abbiano apprezzato, come dimostrano i quasi 2000 like che avranno mandato in sollucchero izn. Penso di aver detto tutto quello che avevo da dire e potevo dire sull’argomento latte che mi ha sempre appassionato non tanto dal punto di vista nutrizionale, quanto dai diversi punti di vista (scientifico, sociale, psicologico, costume) che hanno portato alla criminalizzazione odierna di un alimento, che un tempo, assenti il consumismo e industrializzazione del cibo, era considerato, insieme al pane, dono divino. Da vegetariano chiedo venia ai vegani che sono intervenuti nel dibattito di non essere riuscito a stabilire un dibattito costruttivo. Ma questo mi succede sempre quando vado in giro per fare conferenze.
Per finire una osservazione: anche l’autore del China study poi, in fondo vegano 100% non è visto che tollera il pesce!
Quel che mi dà fastidio quando si parla di “demonizzare” un alimento è fare di tutta l’erba un fascio. Il motivo per cui mi piacciono le argomentazioni del Prof. è proprio perché lui sa distinguere casi e casi.
Io sono un ingegnere chimico alimentare, quindi qualcosina di questa industria direi che ne so,nonostante la mia giovane età, e mio padre è un affinatore di formaggi e spesso lo accompagno dai margari da cui compra il formaggio, per lo più in Francia. Sono persone che amano ogni singola mucca, capra e pecora che hanno, le mungono a mano e ne rispettano i cicli riproduttivi. Ho visto una mucca piangere il suo vitellino sbranato da un lupo(e qui aprirei un’altra parentesi, ma andrei fuori tema!) e nascondersi tra le braccia del suo allevatore. Ho visto questi margari dire a mio padre che non avevano più formaggio da vendergli per qualche mese perché gli animali erano “a riposo”. So anche come sono gli allevamenti di massa e fanno schifo. Ho letto “il dilemma dell’onnivoro” di Pollan e ne sono rimasta basita.
In riferimento agli studi citati contro il latte come alimento, molti non hanno subito processo di peer-review a quanto vedo e altri contengono molti vocaboli quali “possible, may cointain, may cause, etc…” che tradotto in italiano significa “non comprovato”.
In fin dei conti quel che voglio dire è che meno male che esistono persone come Izn, il Prof Giannattasio e tanti freqeuntatori di questo blog, dotate di larghe vedute, di opinioni equilibrate e che sanno combinare la scienza con una visione etica e poco consumistica di questo mondo.
P.s: Grazie Izn per avermi evitato la figuraccia del mio commento precedente!
ci sono alcune cose che mi sento di aggiungere, per chiudere il mio discorso, più che altro sono osservazioni e puntualizzazioni.
Io ho eliminato il latte, tutto, anche “etico”, se possibile, perché ho notato la scomparsa, con esso di mille disturbi come l’acne, i continui raffreddamenti, sinusiti e bronchiti, la dismenorrea, la stipsi e via dicendo, ed ho comunque sottolineato alcune cose:
“IO ho eliminato il latte”, non ho mai detto che il latte vada eliminato sulla base delle evidenze che ho raccolto. Ho detto che un bicchiere di latte, a molte persone anche se non a tutte, non fa danni e che i danni si registrano con il consumo “eccessivo” di latte e derivati, questo “eccessivo” è pero’ tutto da vedere, per Harvard e per Berrino si tratta di dosi molto limitate, dal canto mio (che non ho pubblicato niente ma passo sulle pubblicazioni scientifiche almeno 2 ore al giorno da forse 20 anni, dei quali 4 su latte e soia in particolare) mi sentirei di dire altrettanto.
Se fosse possibile il consumo “diffuso” di latte “di qualità e senza sofferenza” sarei eticamente d’accordo, ma credo che qui sfuggano i numeri: cosa significa, in termini di produzione, il consumo di, esempio, 2 lt di latte vaccino a famiglia in Europa se non nel mondo, considerando che una mucca “non spinta geneticamente” ne produce circa 10-15 al giorno. Se qui dentro si consuma latte di mucche cosi’ in maniera modica… non ho proprio niente da dire.
Detto questo: capisco perfettamente il discorso “vagliare la letteratura disponibile e trarne le proprie conclusioni”, questo lo faccio anche io… ma una cosa è dire la propria opinione come tale, rispettando il diritto del lettore alla conoscenza degli studi disponibili (quindi comunicare cosa dicono invece gli studi, presentando i propri bias, come quello avanzato dal professore sugli studi che legano il cancro alla prostata al latte (grasso e calcio), un’altra cosa è presentare le proprie opinioni come se fossero “le conclusioni deducibili”. Non so se mi sono spiegata. Esempio: secondo me (Anna Sarni) il latte è legato al cancro al seno in maniera piuttosto chiara, ma non lo scrivero’ mai: scrivo quello che posso scrivere: nel latte sono stati evidenziati dei fattori legati in maniera indipendente al cancro al seno, il legame pero’ non è confermato. Forse ora mi sono spiegata: “secondo me” significa fare un salto pindarico tra “quello che sappiamo” e la “nostra interpretazione. Ad esempio non esistono dati per confermare il bias del professore: la qualità del latte, quindi “secondo lui” con il latte non industriale sarebbe diverso, “secondo me” forse un po’ per la minore presenza degli interferenti, che pero’ sono stati più legati all’ipertrofia prostatica che non al cancro alla prostata.
Altra cosa: ora come fare a non rispondere all’affermazione “Il consumo di latte provoca la produzione di muco? Non c’è nessun lavoro scientifico che dimostra questo. Nel sito dell’Harvard Medical School si parla di un effetto essicante da parte del latte sul muco, ma non di un effetto stimolante” se non citandoli e quindi “partendo dai dati epidemiologici” o comunque dagli studi per dimostrare quanto ho scritto?
per non dare pesantezza ne linko solo uno: http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/22916966, ma ne ho, mi pare di ricordare, una decina nella mia bibliografia.
Etica: a chi consuma latte del super (su questo mi pare siam tutt* d’accordo che è un prodotto da evitare, quindi anche i suoi derivati)… se dovessi nascere bovin@ preferirei fare il manzo da carne piuttosto che la vacca da latte.
Professore, ha ribadito, sopra, quanto ho detto io sulla persistenza della lattasi, ma il dato del consumo del latte viene da mille fonti, non da una, la nutrizione genetica, nuova ed affascinante branca dell’alimentazione, ha la stessa posizione. Capisco bene il discorso della salvaguardia delle nostre tradizioni e dell’eccellenza, ma alla tradizione tendo a sacrificare molto mal volentieri la salute e l’etica.
Non credo sia necessario l’invito comunque, il gruppo Macro cerca attivamente “critici” al lavoro di Campbell, perché non li contattate avanzando le vostre osservazioni e domande?
In linea di massima sono sempre e comunque molto lieta di incontrare persone che cercano di migliorare “le cose”, ambiente, etica, salute e animali…
sulla soia: di nuovo… la scienza sta da un lato e le opinioni personali dall’altro. In mezzo? la salute delle persone ed il loro diritto ad un’informazione trasparente. Vado a bermi il mio bicchiere di latte di soia. :)
Son d’accordissimo su un punto: il veganismo è un percorso personale (soprattutto “etico”) e non bisogna scadere nell’uso strumentale della scienza, anche perché puo’ poggiare solo sull’etica, parlando di salute diventa un argomento più debole (esclude anche le tracce animali e sconfina nei prodotti cosmetici, abbigliamento, accessori e quant’altro), ma va detto che “gli studi epidemiologici” la premiano. E’ ragionevole dedurne che, senza essere “vegani”, basta limitare fortemente i derivati animali, premiando la qualità, la filiera corta, il Km 0 e quant’altro.
@tutti: Così la giornata finisce come si suol dire nella patria mia e di izn “a tarallucci e vino”, a parte qualche comprensibile distinguo come quelli di Anna Sarni che sono parvità di materia rispetto a come si è iniziato e non credo sia il caso di continuare a discutere. I principi generali sono fatti salvi e perciò sono contento di questo per me inusitato tour-de-force on line. Sono contento anche perchè ho imparato molto da questo dibattito.
@letizia carena: Non si possono non amare gli animali, anche i leoni e le tigri che, se ti sbranano , non lo fanno per la malvagità, di cui noi siamo capaci, ma per fame o per il timore che vogliamo fare del male ai loro piccoli. La mucca è poi l’animale più docile, più pio come diceva il poeta, ha anche una vena di tristezza negli occhi. Oggi purtroppo infieriamo su di essa in malo modo. Ho fatto una bellissima esperienza in Val d’Aosta in occasione della festa per il rientro delle mucche dall’alpeggio. Ogni mucca era inghirlandata e veniva chiamata per nome. Mi hanno detto molti allevatori valdostani che loro mai e poi mai darebbero del mais e della soia transgenica. Forse per questo la Fontina DOP è così buona, e consumata con moderazione di sicuro non farà venire il cancro della prostata.
@Matteo Giannattasio: esatto Prof.! Lei con parole molto più appropriate delle mie ha espresso il mio pensiero! (Sa, dopo anni di Ingegneria ho un po’ perso la capacità di esprimermi nella nostra bella lingua e molto me ne dispiaccio!)
Nel ringraziare infinitamente il professor Giannattasio per il prezioso post qui pubblicato, e nell’esprimere a lui tutta la mia ammirazione per la pazienza con cui ha tenuto in piedi sin qui il contraddittorio (anche con chi è più orientato allo scontro e alla mistificazione), non posso esimermi dal far notare al professore stesso e a voi tutti che la Fontina Dop è uno dei tanti formaggi italiani – Dop e non Dop – alla deriva di continui rimaneggiamenti del disciplinare. A chi lo pensi un prodotto di una zootecnia estensiva, propongo la sconcertante lettura dell’alimentazione ammessa oggigiorno:
ART.4 (Alimentazione)
1. L’alimentazione delle lattifere dev’essere costituita da fieno ed erba verde prodotti in Valle d’Aosta.
2. E’ possibile l’utilizzo dei mangimi concentrati conformi alla normativa vigente.
3. E’ consentito l’uso degli alimenti di seguito elencati nei limiti delle quantità a fianco di ognuno indicate espresse in percentuale sul totale della formulazione del concentrato di cui fanno parte:
– farina di girasole di qualità superiore, ovvero con un contenuto in proteine oltre il 30% e in fibra <28% sul tal quale, in ragione non superiore al 10%;
– pannelli di lino, di mais e di soia certificato Biologico (in ragione non superiore al 10%; se in abbinamento alla soia integrale, la loro somma deve essere inferiore al 10%);
– semola glutinata di mais, in ragione non superiore al 10%;
– soja integrale, in ragione non superiore al 5%; se in abbinamento al pannello di soia
certificato biologico, la loro somma dev’essere inferiore al 10%;
– buccette di soia, in ragione non superiore al 10%;
– polpe di bietola, in ragione non superiore al 10% purché in forma di fettucce vergini;
– pisello proteico, in ragione non superiore al 10%;
– carbonato di calcio < 2%.
Domanda: ma non erano erbivori? E poi: non derivano forse principalmente dall'erba i micronutrienti più preziosi per l'organismo umano?
In finale: ma non è che all’aumentare della quota di concentrati aumenti la quantità di latte prodotto, a discapito dell’aspettativa di vita delle lattifere, della qualità della materia prima e dei suoi derivati?
Ho guardato il video di Berrino che ha linkato Bonetta e in effetti anche lui non dice di non assumere latte, ma di assumerlo moderatamente. Quindi siamo in linea anche con lui. :-)))
Resta solo da fare in modo di trovare più facilmente il latte vero, e questo lo possiamo fare solo noi chiedendolo a chi vende e soprattutto lasciando nei frigoriferi quella schifezza che vendono chiamandolo latte. Pretendiamo il cibo sano, solo così avremo la possibilità di ottenerlo, e che magari i nostri figli lo abbiano a disposizione da adulti.
izn dice: “Resta solo da fare in modo di trovare più facilmente il latte vero, e questo lo possiamo fare solo noi chiedendolo a chi vende e soprattutto lasciando nei frigoriferi quella schifezza che vendono chiamandolo latte.”
Ma scusate… ma che affermazioni del cavolo sono queste? Secondo voi uno che vive a Roma che deve fare? A Roma si trova il latte della centrale, quello Torre in Pietra, se sei fighetto puoi comprare il Granarolo e se vuoi risparmiare quello del Conad. I sapori sono IDENTICI.
Che vuol dire “il latte vero”? Da una parte dite il “latte va bene”, poi mi dite invece che bisogna prendere il “latte vero”, come se uno avesse la possibilità di andare dal nonno di Heidi e prendere il latte direttamente dalla capretta (che magari ha pure la TBC).
Poi glieli dati voi i soldi a quelli che vogliono pagare extra e che si trovano a pagare un litro di latte 10 volte tanto e devono fare la fila per comprarlo (magari con le tessere come in tempo di guerra) perché non ce n’è a sufficienza.
Ma suvvia…
“D’altro canto, se fosse il latte in quanto tale a far male, come ci spiegheremmo il fatto che esso era insieme al miele l’alimento della terra promessa da Dio alla gente di Israele? ”
Sará Professore, ma le evidenze ci dicono tutt´altro, In questo articolo si sono studiate le basi genetiche dell´intolleranza al lattosio. É venuto fuori che la “normalitá” é appunto l´intolleranza al lattosio, e che solo una minima parte delle persone, diverse migliaia di anni fa, quelle legate alla pastorizia, hanno iniziato a digerire il lattosio.
Uno degli autori dell´articolo commenta:” “I find it ironic that a so-called disease actually represents the original condition”
Luca
@andrea: Caro Andrea, cerca di moderare i toni, qui sul pasto nudo i commenti aggressivi vengono cestinati; per questa volta lo faccio passare perché credo tu non sia un frequentatore abituale quindi non potevi saperlo.
Io vivo a Roma e consumo due litri di latte a settimana (di cui uno va in yogurt e altro, così risparmio anche su quello); vado al Naturasì e compro il latte vero di cui abbiamo parlato in questo articolo. Costa *poco* più di quello normale (1 euro e 99) e posso riportare il vuoto che mi viene rimborsato. Combatto ogni giorno con il mutuo e tutti gli altri debiti che ormai tutti abbiamo, eppure cerco, invece di comprare quello che l’industria ci rifila. Basta essere testardi, e informarsi. Tutto qui.
@Andrea: Caro Andrea, credo che Izn intenda che chi cerca trova, ma con curiosità, impegno e responsabilità (non con passività e pigrizia e lamentele)…. magari…..SMETTENDOLA di frequentare i SUPERMERCATI??!! Intorno a Bologna (dove vivo) -che è moooolto più piccola di Roma (che tu citi)- si trovano i nonni di Heidi ancora… Personalmente non assumo nè latte vaccino nè soia, perchè non mi piacciono nè l’uno nè l’altro. Mio nonno, ad esempio, volato in cielo a 95 anni, beveva tutte le sere a cena tazza di latte appena munto dal contadino vicino a casa sua, con pane buono che qui al pastonudo si intende bene qual’è…
Andrea…. non essere sempre aggressivo… C’è modo e modo di dialogare… Qui al pastonudo piace con-frontarci senza urla, non serve, nessuno è sordo, e siamo tutti grandi… La nostra diversità reciproca deve trasformarsi in arricchimento. E’ preziosa. PER FAVORE. GRAZIE.
@ andrea: il latte inteso come commodity industriale, confezionato da industrie che lo ritirano da allevatori che *debbono* rispettare un “disciplinare” basato su produttività e pochi parametri commerciali (grassi, proteine, carica batterica, cellule somatiche) è una cosa, e fai bene a dire che è tutto uguale (è il latte globalizzato, a prescindere dalle etichette che ritieni più o meno “fighette”). Aggiungo che fa bene chi decide di non comperarlo: io ho smesso di consumarlo undici anni fa, quando iniziai ad occuparmi del settore lattiero-caseario.
Gli “altri” latti (plurale) esistono – parlo di quelli che puntano ad avere nel loro corredo di micronutrienti sostanze utili come Cla (Acido Linoleico Coniugato), vitamine, betacarotene, e un giusto rapporto Omega6/Omega3. Certo, non è facile trovarli (ma neanche impossibile: se solo aumentasse la “vostra” richiesta si troverebbero più facilmente), sono utili all’organismo umano, non fanno male se non a chi è intollerante, e vanno sostenuti e valorizzati. Punto
Scusa per il tono del mio precedente commento, ma alcue cose mi fanno imbestialire.
Naturasì è il classico negozio destinato alla fascia di consumatori che hanno troppi soldi (ovvero soldi da buttare).
Dove sono le analisi che provano che il latte del Naturasì, che costa il DOPPIO di quello Conad, è migliore di questo? Perché è biologico? Hai capito…
Il latte della grande distribuzione (ordinario e NON biologico) è estremamente controllato come ci dimostra l’EFSA (OK, l’Italia non ha fornito campioni di latte, ma ci crediamo che i risultato siano similari) il latte ORDINARIO, NORMALE, quello del supermercato è esente da contaminanti, e i pochi campioni che ce li hanno, provenienti da paesi dell’est se non ricordo male, ce li hanno in minima parte e non presentano ALCUN rischio per la salute pubblica.
Prima di dire che un latte va bene e demonizzare altri tipi di latte, facciamolo ANALISI ALLA MANO, altrimenti si fa terrorismo esattamente come fanno quelli di cui si parla in questo articolo, solo che in questo caso l’obiettivo è un po’ diverso.
Leggo ora il commento di Silvia N., ma anche nel tuo caso, dove sono le prove che il latte appena munto che beveva in nonno fosse migliore di quello del supermercato, a parte il fattore simpatia? La Comunità Europea ha emesso gazillioni di regole, regolamenti, normative e chi più ne ha più ne metta per regolamentare il settore alimentare. Nessuno dice che è il sistema è perfetto, di fatti viene migliorato in continuazione, ma è la cosa migliore a tutela del consumatore che abbiamo a disposizione. A parte la simpatia che mi può fare “il contadino” mi fido molto di più della grande distribuzione di quello che può fare il singolo SENZA controlli.
Poi ci sono i mariuoli, ma quelli ci sono dappertutto…
Per approfondimenti vi consiglio di leggere i documenti che l’EFSA produce conr monotona regolarità. Ad esempio questo. È solo un summary, ma trovate il doc completo. Trovate poi documenti simili, anche se non ugualmente dettagliati, per tutti i contaminanti.
Dov’è una simile analisi fatta per quello che mi dite sia un prodotto “migliore”?
@andrea: a quanto pare sei persona piena di certezze e anche molto diffidente, oltre che arrabbiata (di che cosa poi?)… Non credo che questo luogo garbato, sia il tuo luogo. Tu hai bisogna di tante prove… Ma le fai le prove su te stesso? E’ l’unico modo per fare scelte veramente consapevoli e ad personam. Provare per credere! :-) Il confronto e l’esperienza degli altri non ti garbano proprio… Vabbè…
@Andrea: purtroppo quel tipo di latte si trova solo da Naturasì o in altri (pochi) negozi biologici, perché se non sbaglio è distribuito solo da KI. Non è biologico ma biodinamico, e viene da mucche che pascolano in alpeggio, non è omogeneizzato, è pastorizzato il minimo indispensabile per renderlo commerciabile ed è confezionato in bottiglie di vetro. Una spesa di 4 euro a settimana per il latte non mi sembra insostenibile, tu che dici?
Per quanto riguarda la qualità del latte, provalo e vedrai che non sentirai assolutamente il bisogno di fare delle analisi. Nel caso comunque siamo sempre in tempo a farlo analizzare se proprio vogliamo, o meglio a richiedere le analisi direttamente all’azienda, che sono sicura non avrebbe alcun problema a fornirle.
In alternativa, puoi cercare aziende limitrofe a Roma, e andare a vedere le mucche, come vengono trattate e cosa mangiano. Ci vai nel week end, questione di un paio d’ore e se hai bambini te li porti. Noi lo facciamo (non solo per l’associazione) e ne vale la pena.
Silvia N., all’interno di un post che vuole fare debunking di terrorismo senza fondamenti, criticare una frase senza prove che fa, a tutti gli effetti, terrorismo, sia il minimo indispensabile.
Dare come assodato e come verità conclamata che il negozio X vende prodotti migliori del negozio Y, che i consumatori si devono ribellare, che bisogna fare quasi una class action contro la grande distribuzione, ma senza fornirmi dati oggettivi che paragonino le due cose mi sembra un po’ contraddittorio, no?
Leggo ora che il latte del NaturaSì è biodinamico, ah, allora le cose cambiano :D
Comunque izn, se non sei in grado di quantificare in modo oggettivo le differenze tra quel latte e quello del conad (o se vuoi di altre marche che vendono in bottiglia), non puoi dire che sia migliore. Al massimo puoi dire che ti piace di più e ha il fattore simpatia… mi sta benissimo, ma l’affermazione che sia *oggettivamente* migliore è totalmente priva di qualunque fondamento.
@Andrea: personalmente non sono interessata alle analisi del latte in questione avendolo provato, perché per mia scelta non baso i miei giudizi su analisi e company. Però ti linko la pagina del reparto qualità della latteria in questione; se sei interessato puoi richiedere le analisi del latte e confrontarle con quello che preferisci.
Aggiungo che sul sito di Stefano Mariotti, che leggi poco più sopra, trovi molte informazioni sulla qualità del latte, sicuramente molto più tecniche di quelle che puoi trovare qui, su un semplice blog di cucina (consapevole) :-)
@izn, mi sta benissimo che tu no sia interessata alla qualità del latte, che lo compri perché ti piace l’idea delle mucche del nonno di Heidi (anche se aveva solo capre :D ) che credi alla biodinamica, ecc. ecc., MA tutto ciò non rende il prodotto in questione *oggettivamente* migliore di quello della grande distribuzione e che trovi in tutti i supermercati alla metà del prezzo.
Una cosa è dire che tu lo compri perché ti piace; tutt’altro è affermare che
“Resta solo da fare in modo di trovare più facilmente il **latte vero**, e questo lo possiamo fare solo noi chiedendolo a chi vende e soprattutto lasciando nei frigoriferi quella **schifezza che vendono chiamandolo latte**”
dato che è una frase priva di qualunque fondamento.
@Andrea: ma fammi capire: secondo te il latte della CONAD, che viene da mucche riempite di ormoni e mangiano soia OGM, é come quello della mucca di alta montagna che si ciba di erbe selvatiche?
@prof! io sono nata nelle terre delle stalle più grandi d’italia dove le mucche vengono spostate con degli ascensori appositi per non farle camminare…. non bevo latte da diversi anni e a casa mia ci sono diversi libri su scelte etiche di veganesimo e vegetarianesimo (Margherita Hack ecc…) nonostante io non ami definirmi con queste “etichette”. Quindi forse non ha capito che il mio commento non era riferito ai contenuti della sua frase che io condivido pienamente, ma al fatto che lei si contraddice prima nel dire che le persone non devono ricevere messaggi “terrorizzanti” e poi esce con una frase così, che seppur vera e condivisibile va sempre a influenzare chi la legge….
@Luca e le pubblicazioni su pub med… grazie perchè direi che questo sondaggio è già esausitov e dovrebbe far capire che ognuno dovrebbe fare il suo mestiere.
@il pasto nudo staff, ho il vostro libro e l’ho regalato spesso perchè lo trovo molto bello e mi piace questo blog, ma il consiglio che vi do è davvero di approfondire molto un argomento prima di affrontarlo (molto molto) e di non lanciare critiche gratuite a terzi quando esiste un blog apposito dove potete rivolgere direttamente al dott.Campbell le vostre critiche in modo che lui possa difendersi.
@Andrea: Caro Andrea, questo blog esiste da sei anni, e ho spesso spiegato su cosa fondo le mie affermazioni. Il fatto che tu trovi quello che scrivo privo di fondamento non lo rende tale per tutti, ma sono felice che tu abbia voluto esprimere con tanta passione la tua personale opinione :-) Bevi pure il latte che vuoi, io mi limito ad esprimere il mio parere e a incoraggiare chi ha voglia di farlo a incamminarsi sulla strada della consapevolezza alimentare.
Per favore, smettila di citare questa cosa di Heidi, è veramente… fané :-D
@Letizia: grazie di cuore per il tuo apprezzamento. Non ho capito però il tuo consiglio. In questa pagina il prof come di sua abitudine ha argomentato i motivi per cui non è d’accordo con il China Study. È un po’ come una rivista, ognuno esprime la sua opinione e spiega i motivi per cui ci è arrivato. Sono due cose diverse, una è pubblicare un articolo, un’altra andare a commentare su un sito dove si discute di un argomento specifico. L’una non esclude l’altra, no? :-/
@luca, gli ormoni per la crescita sono vietati in Europa (non così in America), anche se ci sono i mariuoli…
L’OGM è dappertutto e a meno che non compri sempre carne/latticini/uova bio te lo ritrovi. Anzi… anche se compri bio, così come nel baby food, c’è una percentuale di OGM che viene reputata inevitabile.
Personalmente non ho problemi con l’OGM, ma se per te è una questione importante, allora compri sempre e solo bio tutto quello che è di origine animale. TUTTAVIA, anche facendo così, il prodotto bio che compri non è *oggettivamente* migliore di quello ordinario, come le analisi dimostrano (un po’ come la differenza tra le uova di batteria o di galline ruspanti).
Poi magari cambieranno i criteri di analisi e scopriremo che una differenza c’è, ma allora lo stesso argomento vale per qualunque cosa… Vallo a sapere se qualcosa (ma qualunque cosa) che ora si considera assolutamente sicuro poi si scopre essere super cancerogeno :)
Leggendo questo interessante dibattito io mi sento, come dire, la “casalinga di Voghera” (con tutto il rispetto per le casalinghe, e per Voghera, città alla quale per altro abito vicino, è un modo di dire). E come tale vorrei chiedere a chi è intervenuto a spada tratta e con così tante certezze “contro” il latte, citando studi su studi: da anni leggo di alimentazione, e periodicamente viene demonizzato un alimento (ricordate uova e colesterolo, poi si è scoperto che non è vero, per non parlare dello zucchero-veleno, e via discorrendo). In questo periodo sono le proteine animale, del latte soprattutto e della carne, “il diavolo” da evitare. D’altra parte alcune ricerche (scusate, non ho l’elenco! ma potete trovarle) iniziano a dire che l’eccesso di carboidrati sta favorendo obesità, diabete e altre malattie. Bene, se dovessimo seguire tutte queste “ricerche scientifice” , che poi però continuano a contraddirsi, dovremmo escludere, di volta in volta: carne, latte, formaggi, carboidrati, burro. Rimangono: uova (ma quante ne possiamo mangiare?) forse un pò di riso, olio, legumi, tofu., seitan. Posto che anche tofu e seitan hanno i loro bei scheletri nell’armadio, e che io per esempio soffro di colite per cui i legumi solo a guardarli mi mettono meteorismo, secondo i puristi-detrattori-di-latte e proteine di che dovrei nutrirmi? Per altro qualcuno dice che da quando è diventato vegano sta meglio: bè, se io mangio troppi carboidrati sto male, il tofu non mi piace e il seitan contiene troppo glutine per me, non lo digerisco.
Insomma se dobbiamo fare un discorso “personale” ogni persona è a sè, e ha necessità diverse per stare in buona salute. L’equilibrio di cui parla il prof. Giannattasio (che ringrazio di nuovo, per me ormai è una guida fondamentale) purtroppo però non è “di moda”: dobbiamo sposare una “religione”, o non stiamo bene.
Quanto alla dieta-Berrino, penso sia nata come “curativa”: ovvero chi ha già una grave malattia dovrebbe alimentarsi in un certo modo. Viene poi però personalizzata caso per caso (una dieta per tutti non può essere scientificamente valida): per esempio, a una mia amica che ha avuto un tumore al seno (ora risolto, per fortuna), avevano dato un’alimentazione a base quasi esclusivamente di pesce, e le avevano consigliato di andare a vivere qualche mese in montagna (anche l’aria pura fa). In un campo così delicato come quello dell’alimentazione, in cui, ripeto, studi scientifici di anno in anno si contraddicono, vivere di certezze granitiche su “questo è veleno, va eliminato” ecc. è davvero riduttivo.
Grazie Izn per il confronto interessante, come sempre.
@Graziella: ho letto alcuni articoli che parlano di carboidrati, ma attenta, l´esito é sempre lo stesso: il problema sono i carboidrati raffinati, non i carboidrati in genere. E questo va esattamente nella direzione di Berrino, Campbell: evitare i cibi industrialmente raffinati, e basare la propia dieta prevalentemente su cibi vegetali. Chi mangiava cosí? I nostri nonni e bisnonni, e chiunque abbia vissuto prima della rivoluzione industriale. Oggi noi abbiamo la possibilitá di recuperare quelle buone e sane abitudini alimentari. Di certo all´epoca il latte non era un prodotto che si consumava tutti i giorni, vista anche la sua facile deperibilitá.
@Luca: infatti immagino che lo prelevassero direttamente dalla mucca e lo bevessero seduta stante! La deperibilità non era un problema :-D
@Luca: ok, ma che dire del fatto che i vegetali sono pieni di antiparassitari? E per quanto uno li compri dal contadino, qui le falde acquifere sono tutte inquinate, le piogge acide e via discorrendo. Questo per dire che “l’alimentazione pura, che cura e ci preserverà da ogni tipo di malattia” non esiste. Per cui alimentarsi con consapevolezza, ognuno seguendo i bisogni del “suo” corpo, penso sia l’unica soluzione “ragionevole”. Senza contare che se mi imbottissi di frutta e verdura la mia colite non ringrazierebbe, per esempio.
@ Luca: i nostri nonni e bisnonni, comunque, non si facevano mancare (almeno qui da noi) la trippa ogni settimana, i salumi quando ammazzavano il maiale, e i vegetali d’inverno li vedevano poco: solo patate , cipolle, qualche zucca e verza, ovvero ciò che la terra produce in Lombardia. Moltissima polenta, con uova, latte e lardo. E tanto buon vino. Altro che frutta e verdura!
@Graziella Carnevali
Ottimo intervento. Mi trovi perfettamente d’accordo!
Io ho un problema a metabolizzare i carboidrati, raffinati o no che siano, quindi ne devo mangiare piuttosto pochi se non mi voglio gonfiare come una mongolfiera nel giro di una notte! C’è una cosa molto importante che mi ha insegnato questo blog ed è che bisogna saper ascoltare il nostro corpo. Se lo sappiamo ascoltare come si deve, penso che possa farci capire benissimo quello di cui abbiamo o non abbiamo bisogno. Mi piace molto la frase citata dal prof. sul prosciutto. Per me è lo stesso con il latte; avevo smesso di assumerlo per un certo periodo, ma me lo sognavo di notte praticamente. Ne consumo molto poco, ma che soddisfazione che mi dà! e sono sicura che sia il mio corpo, per il mio benessere fisico e mentale, che me lo richiede.
D’altro canto una sera sono stata ad una cena in cui cucinavano assieme un pasticcere vegano e una signora che segue la filosofia del Dott. Berrino. Nessuno me ne voglia, ma la notte sono stata piuttosto male, perché ho mangiato cose che secondo me non mi fanno molto bene e alle quali non sono abituata, tipo una torta salata, la cui pasta era fatta senza burro, ma con una margarina con oli vegetali (non meglio specificati) frazionati al 70%. Ecco io non capisco come possa essere meglio per la salute consumare derivati di oli vegetali frazionati piuttosto che il burro. Magari per qualcuno va bene, ma per me proprio no!
Sonia, grazie. Posto qui alcuni degli articoli che – se non sbaglio – avevano destato il tuo interesse:
Il latte fa bene, il latte fa male: e se lo chiedessimo a Darwin?
Latte e latte funzionale: differenze abissali
Latte di qualità (reale): serve un approccio diverso da parte degli allevatori
Fare qualità non basta se non c’è conoscenza (del proprio latte)
Buona lettura! :)
Quasi mi dispiace pubblicare questo ennesimo commento, perche’, anche se ho letto TUTTI i commenti a questo post con molto interesse e attenzione, penso che a questo punto ce ne siano davvero tanti e le idee cominciano a disperdersi.
Volevo giusto porre l’accento su un’ultima cosa. Internet e’ un mezzo straordinario e rivoluzionario dal punto di vista della comunicazione, pero’ il numero di informazioni che circolano e’ talmente enorme (e la loro qualita’ troppo spesso dubbia), che per molti e’ difficile selezionare le informazioni da prendere in considerazione. Nessuno puo’ farsi una cultura su internet se non ha gli strumenti per selezionare le informazioni ovvero una cultura di base sull’argomento che si basa sui bei vecchi libri cartacei, universita’, conferenze, contatto con esperti del campo.
Tra i tanti che hanno citato articoli e studi vari, mi chiedo quanti abbiano a loro disposizione la serie esaustiva di studi e articoli sull’argomento e soprattutto i mezzi per giudicare la validita’ scientifica e statistica di questi articoli. Per questo, mi dico che per un argomento cosi’ delicato e personale come l’alimentazione e’ piu’ semplice far lavorare il buon senso che sforzarsi e perdere tempo a cercare informazioni e dati nell’etere, cosa che puo’ richiedere un lasso di tempo infinito e portare come unico risultato l’insorgere di timori e ansie (e quindi la colite a chi e’ debole da quel punto di vista!).
Poi, se non si e’ affetti da problemi alimentari di natura psicologica, seguire le appetenze, ascoltare quello che il proprio corpo (ri)chiede, e’ la strada piu’ semplice per fornirgli i nutrienti di cui ha bisogno (tenendo in considerazione che 1) il corpo chiede in maniera moderata sempre, e’ la mente che non lo fa; 2) la natura fornisce tutto quello di cui il corpo ha bisogno per nutrirsi, senza bisogno di ricorrere a prodotti inventati o formulati). Grazie a chi ha letto.
@Emilia: come sono d’accordo, Emilia! Le tante varie cosiddette informazioni arrivano da più parti, non solo da internet, pensiamo alla tv, o ai quotidiani, alle riviste, ai libri, eccetera… Sta poi a noi stessi IN PRIMIS a dover selezionare e scegliere ciò ‘da fare nostro’, in base a ciò che stiamo cercando, in un divenire continuo, non vi è nulla di statico. E poi la semplicità, la moderazione, la curiosità, oltre all’introspezione, stanno alla base di tutto. I piccoli e i grandi segreti non arriveranno mai sulle prime pagine dei giornali, ce li dobbiamo cercare!!! La consapevolezza della vita accresce in noi procedendo nel nostro cammino, strada facendo, con l’esperienza, con la curiosità, con le relazioni umane, facendo errori, cadendo e rialzandoci,… Non si arriva mai definitivamente da nessuna parte, in realtà sono tutti punti di partenza: la verità, ammesso che possiamo davvero abbracciarla, sta da molte parti… Che ognuno trovi la sua strada personale, grazie anche all’aiuto di persone come Izn, il prof. Giannattasio, e tantissime altre meravigliose, che ci indicano vie da loro stessi esplorate-sperimentate, con spessore e serietà… Ecco che l’unione fa la forza…per il bene di tutti…
Trovo sempre molto onesti e necessari gli articoli del ‘prof.’, quantomeno per riprendere i temi con maggiore cognizione ed equilibrio, spesso a dispetto della vulgata virale.
A mio parere è tutto un fatto di scala e di contestualizzazione, anche culturale (come giustamente viene fatto notare). Dal punto di vista più prettamente salutista, sarebbe interessante fare l’intersezione tra queste riflessioni e quelle più igienistico-ehretiste (il latte produce muco? Se sì, quali soggetti sono più predisposti a svilupparlo?).
Ad ogni buon conto, a beneficio di chi sceglie di consumare – quotidianamente o eccezionalmente – latte e latticini (non solo vaccini, tra l’altro; e le differenze tra le tipologie sono molto interessanti), ci interessa individuare chi li produce nel modo più appropriato e meno adulterato: affinché si arrivi a distinguere tra un sistema produttivo intensivo e una prassi curata e artigianale, il più possibile rispettosa della salute umana, animale e ambientale.
Credo che sia più da demonizzare quella deriva, che non l’alimento in sé.
Sulla qualità del latte, anche io trovo che il famoso latte a Km 1000 che si compera in alcuni negozi biologici sia eccezionale e non solo per le proprietà organolettiche ma anche in relazione alle garanzie di allevamento.
Poi se non si crede alla biodinamica, magari anche perchè non la si conosce nel merito, è un’altra cosa, ma non si possono comparare le modalità di allevamento a scala industriale con quelle consentite dalla rigorosa regolamentazione demeter! Basta leggere, ad esempio, quali siano i regimi alimentari delle mucche nei 2 casi.
Tuttavia temo che anche in questo caso la produzione di latte non possa evitare che le mucche vengano private dei vitellini (che come saranno alimentati o che fine fanno? ) per consentire l’utilizzo del latte. Quando il prof parla giustamente della sofferenza delle mucche tiene conto anche di questa sofferenza? Perchè se si considera che oltre al latte si consumano anche i formaggi vari, la modica quantità moltiplicata per tutti noi fa davvero la differenza, qualità o no. Ma questo è un altro discorso che c’entra poco con la qualità..
@maria: in un mondo perfetto (questo è solo il mio contestabilissimo parere) ognuno di noi avrebbe una o due mucche e prenderebbe per la sua famiglia un po’ di latte *dopo* che la vacca avesse allattato il vitellino. Ciò non toglie che il vitello maschio prima o poi dovrebbe essere ucciso, perché ritrovarsi non so quanti tori in “casa” non sarebbe sostenibile logisticamente.
A volte immagino un villaggio nel quale magari una famiglia su dieci ha le mucche, una coltiva il grano, un’altra ha le galline e così via (e magari si lavora solo mezza giornata), il tutto rimanendo ben saldi al collegamento alla rete, che soprattutto in questo tipo di situazione secondo me sarebbe imprescindibile. Lo so, sono un’utopista, ma se non si sogna non si va da nessuna parte :-)
Eh eh, Izn, CHI PIANTA SOGNI VIVE IN ETERNO dice qualcuno!!
@Silvia N.: Ahahahah!! Allora sono immortale!! :-D
Non penso esista un modo indolore per gli animali di consumarne i derivati.
Visto che sento attenzione per gli animali, l’ambiente e i meno fortunati… vorrei anche far presente la crescita demografica: eravamo circa 300 milioni all’epoca di Cristo, per diventare circa 1 miliardo ai primi dell’800, 2 miliardi e mezzo nel 1950, 6 miliardi nel 2,000, che le proiezioni demografiche parlano di punte di 10 miliardi di individui nel 2050.
Questo link da un’idea di verso cosa ci muoviamo http://www.census.gov/population/international/ guardate il contantore.
Io vivo in Africa, potremmo parlare anche di sfruttamento delle risorse, esempio l’acqua?
sognare è bello, ma non sempre sostenibile e le nostre scelte hanno conseguenze molto lontane da noi.
Avete mai visto una vacca quando gli porti via il suo vitellino? E il vitellino?
Quando sono diventata mamma sono diventata improvvisamente empatica, prima di allora le vedevo come oggetti o poco più (ho lavorato un po’ al macello, come tanti colleghi e i miei nonni producevano latticini … ). Credo che sia tutto li: come li guardi, cosa vedi… un po’ come il famoso torero… o la mucca che, cominciando a piangere, ha portato alle dimissioni dei dipendenti del mattatoio.
Questa, pero’, è un’altra storia.
Secondo me tornerebbe utile vedere la cosa anche da un’altra prospettiva, che tenga conto degli aspetti storico-sociali che sono alla base del problema: ai tempi dei nostri nonni (immediato secondo dopoguerra) la zootecnia era tutta rurale. Oggi il 95% di essa è più o meno industrializzata.
La “soluzione”, dal nostro punto di vista (di consumatori più o meno consapevoli) sta nel trovare quel 5% che rimane (più o meno) rurale, e muoversi lì dentro. Per consumare ma anche per sostenere e anche per conoscerlo, quel mondo, per riavvicinarci ad esso. Se lo faremo scopriremo che i suoi abitanti, i produttori, gli allevatori, non lo strapperanno mai un vitello alla vacca, che avranno la giusta pietas per i loro animali, e che in alcuni – non pochi – casi li ameranno. Se lo faremo diventeremo consumatori un poco più coscienti, eviteremo di generalizzare, e respingeremo il mare di castronerie generate dall’ignoranza e dalle ignobili crociate vegan-animaliste.
Se osservassimo invece il “rovescio della medaglia” (ma che ognuno lo faccia di persona il suo percorso, per capire), impareremmo a riconoscere quei due o tre fattori che dovrebbero allontanarci definitivamente da esso: 1. le stalle-lager, non ricoveri per la notte o per la stagione avversa, ma luoghi di reclusione permanente; 2. i grandi silos fuori dalle stalle, contenitori di un mangime sempre più malato (aflatossine, sporigeni, etc.); 3. il carro miscelatore con cui l’unifeed (piatto unico, un’alimentazione sempre uguale e standardizzata, in genere molto povera di nutrienti) viene distribuito nelle mangiatoie. Mi fermo qui perché in stalle del genere ci sono stato, ed ogni volta ho il groppo in gola a dire, a ricordare.
Per chi voglia entrare in quelle stalle attraverso una breve lettura, per poi passare ad un pascolo fiorito e capirne le differenze: http://www.qualeformaggio.it/images/stories/file/documenti/pdf/quale_zoo_formaggio.pdf
Buona mattinata a tutti ma un saluto particolare a chi si sforza, giorno dopo giorno, di sapere. Di capire
@ Izn: vogliamo organizzarlo un mini-tour sulla zootecnia estensiva e la razza bovina Podolica a 90′ da Roma, in settembre!? Un giorno e mezzo o due, alloggi alla buona (ostello, camere a due “brande”), mangiamo coi vaccari, ci alziamo con loro per la mungitura, seguiamo un ciclo intero della loro vita, poi ce ne torniamo a casetta tutti più ricchi, e con qualche chilo di caciocavallo e manteca nello zaino! :D (dimmi di sì, Izn, ti prego: diamo sostanza ad un pezzettino di questo nostro sogno!)
@Graziella: E aggiungerei;tanta buona sana fame. Si perché c´era anche questa…in ogni caso, l´uso estensivo della coltivazione diretta era un dato di fatto, esisteva anche in Germania -dove vivo- dove sicuramente c´é un clima piú rigido che a Milano. Comunque, mi confermi ció che ho detto: i prodotti raffinati non esistevano, come non esistevano i 70Kg di zucchero che ognuno di noi consuma annualmente (contro l´1 o 2 Kg di 100 anni fa) In ogni caso: é un dato di fatto che piú ci si sposta nell´emisfero settentrionale, e piú l´alimentazione umana, almeno storicamente, si é rifatta a prodotti di origine animale. Ma tieni anche conto una cosa: come dici tu, i prodotti “animali” non erano la bistecca, ma ci si nutriva di tutte le parti dell´animale: cuore, polmoni, fegato, interiora, midollo ossa etc…Concludo: esistono delle ricerche abbastanza ben fatto che catalogano le varie malattie degenerative, mettendoci dentro anche artrite reumatoride etc…per paese e latidune. Qurel che si nota é che, storicamente, le persone che vivevano pií in climi temperati e mediterranei, erano meno affetti da tutte queste patologie. Eccezione erano le popolazioni vicino al mare, probabilmente per l´azione benefica derivante dal nutrisrsi anche di pesci. E scusa, un´ultima cosa: il contadino Lombardo, come quello Sassone, che il 4 di Dicembre doveva uscire di casa a -15 gradi alla mattina per andare a coltivare il campo…beh, a lui una bella trippa probabilmente dava l´energia necessaria per sostenere un tale compito. Ma a noi, che ci alziamo la mattina con 21 gradi fissi, e che andiamo al lavoro in tram….un eccesso di prodtti animali é un apporto di cibo che purtruppo é legato indissolubimente all´insorgenza dei tumori. A tal riguardo esistono bellissimi libri che spiegano come tutti questi dettagli messi assieme abbiano un senso unitario. Mi riferisco al “In difesa del cibo di Pollan”, come a “Anticancro” di David Servan-Schreiber, o al bel libro “L´alimentazione anti cancro” del luminare Richard Béliveau, per poi continuare con Berrino ma anche Carlo Guglielmo “Il grande libro dell´ecodieta”. Insomma, per concludere, nella nostra vita quotidiana, a meno che non siamo contadini , senza riscaldamento e acqua calda in casa, la dieta dovrebbe essere per lo piú di origine vegetale, senza prodotti raffinati (farina 00, etc…zucchero…), e possibilmente integrando nella dieta il piú possibile i legumi, frutta e verdura a foglia verde. Per il latte, che che ne dica il nostro amico troll che vuole il latte della Conad, il latte di vacca che pascola in libertá é tutta un´altra cosa, ma chiediamoci anche quanto ci possa essere utile per il nostro stile di vita cosí sedentario. Se dovessi dare un consiglio, non berrei pií di 1 litro di latte ogni 2 settimane, e mi rifarei piú che altro a latti vegetali -moderatamente- Luca
@Stefano: Grazie per gli apprezzamenti, che ricambio. Non faccio altro che il dovere che mi sono scelto. Ha ragione, i concentrati sono una iattura per le mucche (che si ammalano, e per il latte e i formaggi che scadono in qualità. Una mia personale idea: oggi questo abuso di concentrati a base di soia è dovuto anche alla propaganda che fa il cartello dei produttori di soia ed ho il sospetto che l’affare della mucca pazza sia stata pilotato da cotesto cartello per rifilare la soia agli allevatori al posto delle farine animali. Spero di poterne riparlare prossimamente. Tra poco si sentirà anche parlare dei problemi legati ai pannelli di soia, che vengono dati in pasto per aumentare i livelli di omega-3 ma poi sono fonte di enterolattoni che poi tanto sicuri non sono. Buona la proposta della visita in settembre e, se sono libero da impegni, verrò anch’io molto volentieri.
@Luca: Mi permetto di dirle che la comunicazione on line può essere fatta, tra l’altro, per gioco, ma allora, come dicono a Napoli, “a pazzzielle sta mman ‘e creature” (cioè il bambino gioca a rompere il giocattolo) e può essere socialmente sconveniente, oppure con serietà e professionalità, e allora può essere utile per la comunità. Lei ha fatto tre interventi, che mi sembrano “pazzielle” tra cui una che ha tutta l’aria di spirarsi alla macchina del fango che oggi va di moda tra politici e giornalisti. Lei non sa che ci sono differenti forme di intolleranza al lattosio, lei non sa che anche molte persone affette da intolleranza al lattosio possono bere il latte, lei cita sempre fonti bibliografiche vecchie. Si vada a leggere il mio post su questo sito, ma anche un articolo recente sul tema “lactose intolerance and the evolutionary genetics of lactase persistence”. Sta su Hum. Genet. (2009), 124: 579). Poi ne possiamo riparlare.
@Anna Sarni: Fa il lavoro di veterinaria in Africa? Sarebbe bello sapere le cose interessanti che sta facendo.
@Silvia N: Anche mio padre è andato via a 94 anni e di zuppe di latte ne ha mangiate anche perché dopo la guerra non aveva molt’altro da mangiare. Comunque, proprio per non mitizzare (che è l’opposto di criminalizzare) il latte, c’è da dire che il latte di una volta poteva essere più “genuino” ma poteva anche essere ad alto rischio malattie infettive, tra cui anche la TBC.
@Andrea: Ai suoi commenti ci sono state diverse risposte giuste ispirate al buon senso (che spesso vale quanto, se non di più, dei risultati scientifici). Altre potrei dare io più scientifiche ma penso non sia il caso. Lei forse è giovane e si capisce che vive questa epoca nel mito della scienza a tutti i costi. Se mi posso permettere un consiglio si legga, se non ha ancora fatto, qualche libro di Gibran, come “Il folle”. Perché siamo tutti un po’ folli, chi crede di avere sempre ragione, chi invece si fa facilmente convincere dalle ragioni degli altri e anche chi tenta di ragionare ricorrendo al buon senso.
@Graziella Carnevali: Sempre coerente e interessante quello che dice. Imparo da lei e spero di vederla a settembre alla Zelata per il corso annuale di alimentazione o comunque di incontrarci lì per scambiare quattro chiacchiere.
@Emilia: A mio avviso ha centrato il problema della comunicazione in rete cui ho accennata nella risposta a Luca.
@tutti gli altri: Da tutto quanto dite, mi convinco sempre di più che i “professori” dovrebbero tutti obbligarsi a seguire e intervenire in almeno un blog, come ho fatto io adottando il pasto nudo della gagliarda, testarda, straripante, avvolgente Giovanna d’Arco dell’alimentazione consapevole.
@Matteo,
premesso che i toni paternalistici ce li possiamo anche risparmiare, il mio punto, ripeto, è che non si può affermare che nei supermercati si trova “quella schifezza che vendono chiamandolo latte” perché il messaggio che passa è che se lo compro chissà quali danno faccio a me e ai miei figli.
La Comunità Europea ha emesso non so quanti regolamenti, normative, ecc. (che mi sono in buon numero letto) per garantire che il cibo che si trova in commercio sia da considerarsi adatto per tutte le fasce di età e per tutti i tipi di consumatori, anche i più vulnerabili. In questo senso, il latte prodotto dal nonno di Heidi o chi per lui sarà buonissimo, per carità, e il suo gusto sarà unico, ma ciò NON vuol dire che quello del Conad, o altra marca a scelta, che costa la metà, faccia male o sia in alcun modo una schifezza.
Mi dite che la Comunità Europea ha torto, nel senso che i loro criteri sono sbagliati? Benissimo, se ne può parlare, ma allora bisogna quantificarlo (e farglielo presente…).
Se invece uno ne fa un discorso etico o altro, mi sta benissimo, ma di nuovo NON si possono confondere i due piani; “etica” e “sicurezza” sono cose diverse. È un po’ come dire che le uova prodotte dalle galline di batteria facciano male, mentre hanno mostrato che non ci sono differenze tra quelle e quelle provenienti da galline ruspanti (e in caso di equivoci, non intendo minimamente difendere l’idea che vada bene che le galline vivano in batteria).
@Matteo Giannatasio: Gentile professore, mi scusi, una domanda: ma lei pensa che gli articoli scientifici si deteriorino con il tempo, appunto come il “latte”? Gli articoli che ho citato erano del 2002, o 2004. Ma se vuole c´é anche un bellissimo articolo del 1930 se non ricordo male, in cui vengono fatti esperimenti con dei bambini appena svezzati, per vedere quali sono i cibi da cui vengono attratti “naturalmente” senza alcuna influenza. E allora cosa facciamo, visto che é un articolo del 1930, lo buttiamo via perché scaduto? Si, nel WCRF non ci sono indicazioni va benissimo, ma non scordiamoci della letteratura scientifica che lega il latte alle piú svariate malattie degenerative o altre patologie. Di articoli ne ho postati una decina, e ne ho altri 20 da postare sempre sullo stesso argomento. Non credo li conosca, quindi facciamo una cosa: se li legga, e poi possiamo continuare a parlare. A presto. Luca
@Luca
Riguardo al tuo commento verso Graziella. Io non so se tu ti alzi con 21 gradi fissi tutte le mattine, ma io in pieno inverno mi alzo alle 6 del mattino con parecchi gradi in meno, mi vesto e vado a piedi fino alla stazione con qualsiasi temperatura ci sia. Le assicuro che la linea Cuneo-Torino non è particolarmente riscaldata. Scesa a Torino mi faccio il tragitto a piedi fino all’università. Qui da noi la temperatura va spesso e volentieri anche sotto i -10 gradi a gennaio. In tutti i casi non mangio la trippa prima di uscire, ma sicuramente devo nutrirmi con qualcosa che mi dia il giusto apporto calorico per uscire di casa. Trovo un po’ semplicistici certi ragionamenti.
@Letizia: provo a semplificare maggiormente perché forse non mi sono spiegato. L´alimentazione, nella storia, si é sviluppata in funzione delle regioni, della latitudine, delle condizioni climatiche. É un dato di fatto che piú ci si sposta a nord piú l´alimentazione si é basata su prodotti di origine animale e meno su vegetali. Questo é dovuto alle condizioni climatiche, e di conseguenza al tipo di agricoltura del luogo. É anche vero che, se si guarda ai dati statistici, le persone che vivono in climi piú temperati o mediterranei sono piú sane di quelle che vivono in zone settentrionali -almeno storicamente, oggi non credo sia piú vero- Per esempio, la “dieta mediterranea”, inventata da un Americano, nasce per delle osservazioni sulla popolazione di Napoli in cui si erano osservati pochissimi infarti o malattie cardiache nel dopoguerra -rispetto agli USA, dove si faceva un uso smodato di latte, latticini, carne e prodotti animali, in confronto al sud-Italia- Ció detto, per il tuo caso: se di inverno ti svegli con 6 gradi, mi spiace, piú che consigliarti qualche coperta in piú non posso fare. Spero che all´unversitá dove studi/lavori, ci siano dei caloriferi funzionanti. Luca
@Luca
Ecco, vede, il mio problema con questo tipo di confronti è proprio quello citato dal prof. Io le ho detto un dato di fatto, una mia esperienza personale che vivo periodicamente. “Più che consigliarti qualche coperta” e ” spero ci siano dei caloriferi funzionanti” mi sanno di presa in giro, anche se spero di aver travisato.
Non capisco. E’ così difficile pensare ad una moderazione e al fatto che ci sono individui predisposti o altri no, popolazioni che nel corso della storia (sia lodato Darwin per averlo capito) hanno modificato il modo di assimilare e metabolizzare certi alimenti per esigenze per l’appunto dettate dal clima e dalle esigenze socio-culturali. Un conto è un discorso di questo genere, un conto è “Più che consigliarti qualche coperta in più non posso fare”. Io invece posso decisamente fare qualcosa in più e della sua coperta non so molto che farmene.
@Luca: perdonami ma sul pasto nudo non vengono accettati commenti sarcastici. Riposta per favore il commento delle 11.32 senza le considerazioni personali delle ultime due righe altrimenti sarò costretta a cestinare tutto il commento che invece è per il resto attinente all’argomento che stiamo trattando e quindi interessante.
@Luca: Il problema è che la scienza si contraddice spesso o, se vogliamo metterla in positivo, acquisisce continuamente nuovi dati che possono contraddire i precedenti. Poi tutti i lavori che lei ha citato, sono farciti di forse, è probabile ecc. Anche l’ultimo che cita (che è un articolo divulgativo) dice: “For perhaps the majority of people in the world, including most southern European, Asian and African populations, lactose intolerance is the norm“. Perhaps significa quello che significa. Se vuole aggiornarsi sull’argomento, legga quanto le ho consigliato. Il tema dell’intolleranza al lattosio è alquanto più complicato di quanto comunemente si pensi. E poi, lo ripeto, ne riparliamo.
@Andrea: Mi dispiace che abbia interpretato il mio intervento come paternalistico. Le prometto solennemente che non interverrò più a commentare suoi interventi.
@izn: Volentieri, a patto che Letizia “ripulisca” il suo post. Altrimenti non muovo dito. Non posso tacere se vengo attaccato personalmente (“Trovo un po’ semplicistici certi ragionamenti.”)
Izn, cancella pure il mio intervento. Non ho nessun interesse a creare un discussione inutile. Preciso solo che il mio non era un attacco e non era sarcastico. Era un’opinione, ma se ha offeso, chiedo scusa e non c’è nessun problema ad eliminare il commento. Se posso però lo riesprimo con altre parole: trovo non appropriato semplificare la necessità o meno di assumere proteine animali parlando di contadini del ‘900 che lavoravano a -15 gradi nei campi e di persone del 2000 che si svegliano con 21 gradi fissi in casa. Penso sia un argomento molto più complesso e legato ad un sacco di fattori. Come ha detto il prof. l’intolleranza al latte è un argomento molto più complicato e complesso di quanto non possa sembrare a prima vista. E seguo l’esempio del prof. , non mi permetterò più di replicare agli interventi di Luca, così evito il problema. Alla fine della fiera, il mio commento può essere cancellato senza problemi.
@Luca: la frase di Letizia non è ironica, è solo un suo parere, ed è neutra. Basta che tu risponda che la pensi diversamente; il sarcasmo non è necessario ed è aggressivo. Manteniamo i toni sereni e moderati, come sempre dovrebbe essere anche dal vivo, ed evitiamo il rischio di flame, va bene? Per adesso lascio tutto com’è visto che ci sono stati altri commenti, ma le prossime considerazioni aggressive o sarcastiche verranno cestinate.
@ Andrea: ti prego dimmi dove trovi il latte al super a Roma a 0,99cent! Perché quello della Conad, per citare uno di cui tu parli, ne costa 1,39 (o giù di lì) come il Francia…. e sono tra i più economici.
Izn vive a Formello, che è provincialmente Roma ma è attaccabile da chi le può dire “sei in campagna, è più facile!” anche se il latte a km 1000 lo prende al negozio. :-)
Non so in che zona tu sia, ma io il fine settimana (ad agosto è chiuso purtroppo) vado al mercato di Campagna AMica al Circo Massimo e lì vendono il latte CRUDO a 1€ al litro e sai perchè? Perchè, tanto per iniziare, la bottiglia te la porti tu e quindi non la paghi.
Poi ci sono i distributori di latte in giro per tutta la città, basta chiedere all’amico Google.
Questo senza entrare nel merito dei nutrienti o delle componenti chimiche, solo per dirti che anche chi vive a Roma (io in via Merulana, quindi proprio lontanissimo dalla campagna) può trovare il latte di cui si è parlato sopra.
Facciamo attenzione a non mitizzare il distributore del latte.
La macchina di per sé non è indizio di qualità, e di freschezza neppure.
Cosa hanno mangiato le vacche del distributore 1?
E quelle del distributore 2?
Ragionare, informarsi, cercare, pedalare, trovare.
Buona fortuna.
@Simona, lo compravo al Conad di Ostia Stella Polare quest’estate. Forse era in offerta speciale? Se il prezzo è 1,39 allora è più o meno in linea con gli altri latti.
I distributori a Roma non li ho mai visti… neanche sapevo esistessero, però li vedevo nelle Marche quando andavo a trovare mio suocero. Peccato però che abbiano chiuso tutti (ma proprio tutti :( )… a quanto mi dicono non rendevano.
Stefano hai ragionissima, era solo per dire che non è difficile trovare il latte crudo a Roma, certo poi bisogna accertarsi di tutti i parametri che dici. Andrea, credo che disseminati per la città (non ora, credo bisognerà aspettare settembre) si trovino tipo una volta a settimana, quindi ti conviene, anche solo per curiosità, cercare sul web quello più vicino a te!
PS non è che io beva sempre quel latte lì, però la differenza di sapore, al di là del resto, è abissale!
Provalo!! Anche per variare…. :-)
@Andrea: clicca qui per il milkmaps
Certo Simona: meglio però un pastorizzato intero fresco della Berchtesgadener (ok, a km 1.000, ma da vacche alimentate a foraggi locali, e pochi concentrati, quindi un latte con valori nutrizionali di qualche utilità) che un latte crudo da insilati o unifeed a km 0. Attenzione poi: non facciamoci incantare dalle sigle coniate dalla confederazioni agricole, che entrano nel comune sentire a botte di uffici stampa: sono spesso concetti vuoti, o adattabili a qualsiasi utilizzo (“veleno” a km zero?). Allo stesso modo hanno sdoganato gli abomini delle biomasse, altra fonte di problemi (clostridiosi) per le aziende zootecniche. Alla faccia del bio che evocano! :/
@ Prof Giannattasio: sulle farine animali covo quel sospetto anch’io da tempo, come penso che alle spalle del movimento vegano ci siano forti interessi collusori tra chi ne gestisce le fila e i Signori della soia. Tornando alle farine però ho notizia che già negli anni ’80-’90 un suo collega dell’UniMi, oggi battagliero ruralista, le sperimentasse sulle capre (farine di pesce) con il dichiarato intento di aumentare la resa lattea.
@ Izn: hai visto? la mia proposta di una giornata o due con i vaccari della Podolica (e i loro fantastici prodotti) è stata ben accolta dal Prof Giannattasio. Se piace anche a te la organizziamo insieme!
@Izn… sì la giornata con la Podolica sì!!!!!!!!
Sì Stefano, capisco il punto e sono d’accordo. Il mio intervento era solo riferito al “non si trova latte di questo tipo a Roma”. Si trova, basta cercarlo. Poi certo bisogna accertarsi che sia davvero buono, ma è un altro punto del discorso.
Se per questo al mercato dove vado io c’è un’azienda agricola che vende il suo latte, pastorizzato, e il suo yogurt. Poche bottiglie perchè alle mucche rimane poco latte dopo i vitellini. :-)
@Stefano: non sono più intervenuta nella discussione, ma qui devo replicare. pensare che i “signori della soia” gestiscano le fila dei vegani è quantomeno surreale. Innanzitutto credo che meno di un decimo della soia coltivata sia destinata a consumo umano (leggetevi il disciplinare postato da qualcuno dell’asiago dop e immaginate il non dop e le vacche da carne, in tutto il mondo, più maiali e pollame). Poi molti dei prodotti per uso umano (tofu e simili) sono prodotti con soia coltivata in europa e biologica, non di proprietà dei “signori” tipo Monsanto e simili. Questa diceria era stata messa in giro dal movimento paleo che sinceramente ha abbastanza cose ridicole da cui difendersi e dovrebbe pensare a quelle. E la cosa più triste -e te lo dico da vegan che dà consigli in nutrizione ad altri vegan- tanti tantissimi evitano la soia proprio a causa di queste dicerie! E’ molto più consumata indirettamente dagli onnivori che direttamente dai 4 gatti vegan che ci sono nel mondo.
@Stefano: ma certo che mi piace, mi strapiace anzi. Dicci solo quando e come :-)
@Isabella: uhm interessante. Il mio dubbio (a parte che la soia proprio non mi piace, per molti motivi tra cui quelli che il prof ha elencato nei suoi tre articoli qui sul blog, li hai letti?) è sul fatto che essendoci così tanta soia ogm finisca anche tra quella non ogm, sia per “sbaglio” che per truffe varie :-/
@Simona:
il mio unico problema con i distributori è che d’estate il latte non mi dura praticamente neanche fino a casa perché inacidisce nel viaggio. Non so se sia proprio quel latte lì, ma veramente non ho tempo di arrivare a casa (e sì che mi ci vanno dieci minuti in macchina per andare a prenderlo, ma son poi solo 10 minuti!) è già acido. In realtà per il resto dell’anno anche io ci vado un paio di volte al mese a rifornirmi al distributore e, almeno come gusto, mi soddisfa molto!
@Letizia Carena: Letizia hai provato ad andare con la borsa frigo? Per noi consapevoli è uno strumento molto utile :-P p.s.: io non compro il latte crudo dei distributori perché non solo non ne ho trovato uno equivalente come qualità al Km1000 di cui parliamo sempre ma anche perché è omogeneizzato… se ne trovate uno non omogeneizzato fatemelo sapere che mi interessa :-)
@Izn:
sì sì sono andata anche con la borsa frigo! Non vorrei sbagliarmi, ma penso di essere abbastanza sicura, ma credo che sia un problema legato al distributore più che al latte. Siccome ho il forte dubbio che questo distributore venga usato molto poco ( Carmagnola, vicino a Torino, non è una città con dei supermercati, ma è direttamente una città-supermercato!), mi sa che si occupano molto poco dei settaggi di temperatura e controllo con l’ambiente e temperatura esterni. Ho notato che il latte una volta in bottiglia è praticamente subito “rancido”, secondo è proprio il contatto con l’ambiente esterno che causa questo problema, che invece non si verifica nel resto dell’anno. Per quanto riguarda il latte non omogeneizzato, qui vicino a me, a Poirino, c’è un’agrigelateria, dove distribuiscono anche il latte. Qualche anno fa non era omogeneizzato, ma sono effettivamente due o tre anni che non vado da quelle parti!
In tutti i casi anche io preferisco il km 1000.
@Stefano
premesso che non sono vegana, trovo davvero sconcertante leggere che, secondo lei, ci sarebbero persone che “gestiscono le fila dei vegani”. Ma che significa? Lei direbbe che ci sono persone che gestiscono le fila degli onnivori e che hanno, magari, interessi con gli allevatori? Trovo la sua affermazione quantomeno bizzarra atteso che i vegani non sono un insieme ma questo nome identifica chi ha compiuto determinate scelte alimentari: persone diverse tra loro, come tutti che siano onnivori, vegetariani ecc. Inoltre se si informasse per bene sull’argomento soia scoprirebbe che i signori della soia sono in affari con i grandi allevatori intensivi di bovini che consumano un quantitativo di soia (transgenica peraltro) molto maggiore dei vegani, per ovvi motivi, a cominciare dai numeri…..
@Maria: nonostante io non ami mangiare prodotti animali in genere, sembra oggi ci sia una grandee propaganda pro-vegan, che in effetti é quanto meno strana. Se di propaganda si tratta, c´é da chiedersi da chi arriva e perché . Ripeto: la letteratura scientifica é chiara sul ruolo acidificante delle proteine animali, e sul legame tra proteine animali e tumori, ma questo non leva che effettivamente tale propaganda esista. Perché ? Non lo so. Pensa solo per esempio alla propaganda “contro” la famiglia che oggi si sta portando avanti. Non piú famiglia “uomo-donna”, ma “uomo-uomo”, “donna-donna”. E se provi a dire che secondo te una tale famiglia é contro natura, rischi di finire in prigione (come questo signore qui. Oppure pensa al fatto che siano sparite le diciture “Padre” , “Madre” per far posto a “Genitore 1”, “Genitore 2” ). C´é da chiedersi, se dietro tali movimenti, non ci siano spinte massoniche, o di grandi gruppi di interesse. Sul fino ultimo non chiedermi, perché non lo so, ma le storture che si stanno introducendo nella nostra societá sono enormi, ed é difficile non vederle.
@Luca: ragazzi attenti agli OT! Rimaniamo in argomento latte, e alimentazione consapevole in genere.
@ Luca: la mia risposta non voleva affatto affermare che l’alimentazione dei bisnonni va bene anche per noi. Volevo puntualizzare che anche loro mangiavano proteine animali, e molto più spesso di quanto si pensi. Come già datto, anche da altri, la cena a pane e latte era un’abitudine abbastanza consolidata. Che poi noi si debba mangiare diversamente è lapalissiano: e non credo tanto per il contenuto proteico quanto per quello calorico. Consumiamo indubitebilmente meno. Non tutti però fanno la vita che tu decsrivi: io per esempio esco alle sei di mattina, e cammino due ore con i miei cani.
Tornando al latte, alle proteine e alla sofferenza degli animali. E’ un dicorso che mi tocca molto, perchè adoro gli animali. Ho tre gatti e due cani, se potessi ne prnederei di più. Eppure in casa mia entra un kg circa di carne al giorno: i miei “figli pelosi” non possono avere un’alimentazione vegana, sono carnivori, ho scelto di non comporare schifezze industriali tipo scatolette e croccantini e compro la carne ad uso umano, quella di scarto, ovviamente. Spendo meno e spero di nutrirli meglio (Izn, perchè non facciamo un capitolo sul cibo consapevole per i nostri pelosi?). Cerco di non pensare a quante mucche vengono uccise per poter nutrire “i miei cinque biscari”. Quindi, cara Anna Sarni, pensi proprio che diventare noi vegani possa eliminare la crudeltà in tutti i suoi aspetti? Come daremmo da mangiare a cani e gatti, per esempio? Non sarebbe meglio lottare per fare in modo che nei macelli le mucche non piangano? Immagino tu mangi quinoa, ogni volta che lo fai pensa a quanti bambini peruviani muoiono a causa di questa moda (le multinazionali si nono impossessate delle loro coltivazioni per produrla e loro stanno morendo di fame). Se possiedi un diamante, anche piccolo (io no) è bagnato dal sangue dei ragazzini che vengono uccisi per fare in modo che le grosse case produttrici di queste pietre preziose possano continuare a prelevarle indisturbate (ho semplificato, la storia è molto più lunga e complicata). Insomma, per cambiare il mondo mi sembra che le strade debbano essere altre. Informare correttamente, prima di tutto (come fa questo sito), e fare a meno sempre di più del cibo gestito dalle multinazionali, compreso quello vegano. Altrimenti, è come dire che le suore di clausura cambiavano il mondo: no, loro si privavano in solitudine di alcuni piaceri, pensando che la loro “purificazione” servisse. Non so, a me non è mai sembrato così.
Prof., grazie infinite per la stima che mi riserva, non sa quanto piacere mi faccia. Giuro che a settembre vincerò la mia pigrizia nel guidare e verrò a conoscerla alla Zelata (può dirmi quando ci sarà?). Grazie.
Finalmente sono riuscita a leggere bene anche tutti gli interessanti commenti
Bel post Professore, sono d’accordo con la sua impostazione.
La varietà dei commenti rispecchia bene la questione della “vita che mangia la vita”.
Oggi leggevo per caso alcuni bellissimi aforismi di Alberto Casiraghy che dà voce poetica al dramma quotidiano del doversi nutrire.
Ne riporto alcuni (dal libricino: Dove volano gli occhi – domande per giovani filosofi): “Sapere tutto è un inganno?” – “Il dolore è indispensabile?” – ” Esisteranno idee senza dubbi?”- “I pensieri portano alla radice?” -“Il lupo è un agnello cattivo?” – “Cosa sognano i conigli prigionieri?” – “Dirà mai il leone la verità alla gazzella?” – “Chiederà mai pietà l’erba al coniglio?” – “Chi costruisce distrugge?”
per @izn: spero che il commento di prima non sia troppo OT. Lo sai che mi piace la faccia filosofica/poetica/metaforica delle cose; un’indagine a mio avviso indispensabile :-)
@ Maria: immaginavo che fra tanti intervenuti qui qualcuno (una: lei) avrebbe avuto da ridire. Basterebbe accendere la funzione del dubbio e saper osservare quel che accade; gliene dico una sola, senza la pretesa di convincere nessuno: la campagna di affissione che vede qui è costata centinaia di migliaia di euro. Soldi raccolti dalla “base” o soldi piovuti dall’alto? A me risulta buona la seconda. Apra gli occhi: gli interessi di chi produce soia (in prevalenza per uso zootecnico, ma anche per alimentazione umana) sono enormi, e per sostenere qualsiasi prodotto nel tempo servono strategie di marketing e campagne pubblicitarie. Il fenomeno è assai interessante perché al di là di campagne (pubblicitarie o stampa) “spot” (che costano) la gran parte della divulgazione si basa sull’opera di “militanti” (sapientemente plagiati) che lavorano gratis
@Stefano: hai letto il mio messaggio? La campagna di affissione che hai linkato è frutto di donazioni, altro che interessi. Ma hai presente quanto conviene mantenere gli allevamenti e nutrire le bestie a soia???? Le lobby sono quelle dell’allevamento. Negli usa l’influenza del dairy council e della beef industry hanno già dato evidente prova del loro peso e ti garantisco che quei milioni di manzi mangiano molta più soia di quanto non potrebbero fare tutti i vegani del mondo messi assieme (che pure, anche se ti sfugge, non mangiano sempre soia e alcuni non la mangiano mai).
@ Izn: a settembre ne parliamo e si organizza insieme! io dovrei essere da quelle parti a fine agosto: se potete ci si fa un salto assieme
@ Isabella: sinché si generalizzerà con affermazioni in cui “gli allevatori” verranno descritti come un unicum ci sarà confusione. Quali allevatori? Quale latte? Quale formaggio? Bisognerebbe documentarsi un poco; poi parlare. A me pare che troppo spesso si parla per sentito dire. Su quella campagna pubblicitaria tu hai le tue fonti e io le mie. Di certo qualcuno avrà anche fatto un po’ di raccolta fondi, tanto per avere un paravento. Sul resto che scrivi, capisco che non conosci il mio lavoro, quindi “va bene così” :)
@Graziella: non metto in dubbio quel che dici. Circa 10.000 anni fa, l’uomo, dopo qualche milione di anni di evoluzione, iniziò a coltivare cereali e a formare dei gruppi stanziali e non più nomadi. Ora, è in quel momento che nasce anche la pastorizia, cosa che prima non esisteva. In ogni caso, per molto tempo, i latticini non faranno parte della dieta umana, che era principalmente basata su radici, semi, piante selvatiche e in minima parte di animali di piccole dimensioni, midollo delle ossa ed interiora Di questo si cibava l’uomo. La nascita dell’agricoltura, e successivamente la nascita della pastorizia e dell’ uso dei latticini è una introduzione nella dieta umana recentissima, tanto che, come è stato riportato in un articolo che ho postato tempo addietro, la condizione naturale dell’uomo è quella di non poter digerire il lattosio, proprio perché dopo la fase di allattamento l’ uomo non ha più bisogno di latticini. Uno degli autori dell’articolo, in cui si studiava le radici genetiche della intolleranza al latte, conclude dicendo “è strano come la condizione originaria dell’uomo venga considerata una malattia”. Solo alcune popolazioni del nord e alcune popolazioni dell’ Africa, per via dell’intensa pastorizia, durante gli ultimi 2 o 3 millenni, sono riusciti a sviluppare una modifica genetica che gli permette di digerire il lattosio. Ma ripeto: l’introduzione dei latticini è recente, e non fa parte del “cibo dell’uomo” tanto per citare Franco Berrino. Ora, tu parli dei prodotti animali dei tuoi nonni. Non lo metto in dubbio, si saranno anche cibati di molti prodotti animali. Ma come ti ho citato sopra, è possibile che la loro dieta prima di tutto fosse estremamente più povera di oggi, cioè in parole povere c’era fame. Tutti ricordiamo le foto dei nostri nonni o bisnonni belli magri e con cinture striminzite, o sbaglio? La cucina “tradizione” era per lo più basata su pochi prodotti, non industrialmente raffinati, e spesso era carente anche di nutrienti fondamentali, non è un caso che in quell’epoca di povertà, la fame e alcune carenze portassero a malattie e morte. Qui non voglio dire “mangiamo come i nostri nonni”, ma dico:prendiamo il buono delle buone tradizioni passate, e completiamolo con quel che sappiamo. Sappiamo oggi per esempio che cereali integrali + legumi forniscono tutti e 9 gli amminoacidi essenziali di cui abbiamo bisogno. Se mangiamo verdure pulite e spazzolate invece che pelate -cioè manteniamo le bucce- è possibile che il nostro corpo, per via di alcuni batteri presenti nelle verdure, possa produrre vitamina B12. La vitamina D la prendiamo dal sole. Poi, attraverso noci, e semi oleosi introduciamo altre proteine e grassi di buona qualità. Questo vuol dire che dobbiamo levare i prodotti animali? No, è probabile che persone che fanno una vita più pesante, in climi rigidi, senta più spesso il bisogno di prodotti animali. Quindi, i cuoi nonni non hanno fatto altro che assecondare i loro bisogni. Se questo è fatto lontano dalla nostra vita industriale e sedentaria, è un toccasana. Esiste un bell’ articolo in cui è descritta nei dettagli la vita delle popolazioni “cacciatori-raccoglitori”, di come queste popolazioni sia di gran lunga più sane e longeve dei loro parenti che vivono nell città, dove si nutrono di grassi trans, saturi, zuccheri e farine raffinate, e tanta buona carne rossa. Va bene…forse ho scritto troppo, non ricordo neanche se ho risposto in modo appropriato alla tua osservazione o sono uscito di seminato….Vabbè ciao, Luca
@izn, come dice Isabella ben oltre il 90% della soia è destinata all’alimentazione animale, tra l’altro, per questa, è possibile usare la soia OGM (insieme ad altri vegetali OGM, come avviene nella maggioranza dei casi), mentre la soia in commercio in Europa, per l’alimentazione umana, se lo è, deve portare la dicitura in etichetta: se non c’è alcuna dicitura è tollerata una contaminazione dello 0,9%, se è presente la dicitura “no ogm o ogm free” non è tollerata alcuna contaminazione, nemmeno dell’ultimo degli ingredienti presenti allo 0,1%, purchè tale presenza sia accidentale o tecnicamente inevitabile. questo vale anche per il biologico.
trovate la normativa su eurolex: sono la 1829 e la 1830 del 2003,
SUGLI OGM NELL’ALIMENTAZIONE ANIMALE:
copio e incollo da una lezione dell’università di napoli (federica.unina.it – medicina veterinaria)”L’Assorbimento di DNA di origine alimentare, nell’uomo, varia da 0.1 a 1 grammo al giorno (Doerfler, 2000), ed include frammenti di geni diversi che derivano da DNA vegetale, animale e batterico. Nella maggior parte dei casi il DNA estraneo, detto anche esogeno, sembra essere inattivato e degradato dalle nucleasi della saliva, dal pH dello stomaco o da altre endonucleasi presenti nell’intestino tenue (Mercer et al.,1999; Duggan et al., 2000; Mercer et al., 2001).
Tuttavia vi sono evidenze scientifiche che confermano il passaggio di frammenti di DNA attraverso la barriera intestinale, imputabile anche all’interazione tra il materiale genetico e alcune proteine o sostanze minerali, che eserciterebbero una funzione protettiva nei confronti dei meccanismi di degradazione prima descritti. Sebbene DNA e RNA siano degradati nel tratto gastro-intestinale dei mammiferi, questa degradazione è incompleta e lenta.
Ricerche in merito sono state condotte solo recentemente sulla persistenza dei frammenti di DNA vegetale transgenico di origine alimentare. In particolare il gruppo di ricerca di Alimentazione animale della Facoltà di medicina Veterinaria ha svolto diverse indagini in tal senso.”
conclude:
I risultati negativi nella ricerca dei transgeni nei tessuti animali potrebbero essere attribuiti alle metodiche di analisi la cui sensibilità potrà essere ancora migliorata.
Gli animali alimentati con soia GM, pur non evidenziando sofferenza clinica o alterazioni dei profili metabolici, mostrano un incremento della produzione di LDH in alcuni tessuti.
Altri autori hanno mostrato che, in seguito a diete OGM, è possibile rilevare significative modificazioni ultrastrutturali dei componenti nucleari generalmente attribuibili ad un incremento del metabolismo cellulare (Malatesta et al., 2002).
La ricerca sui possibili effetti di una dieta GM merita ulteriori approfondimenti dal momento che i dati reperibili in letteratura sono limitati e spesso pubblicati con il chiaro intento di sponsorizzare alimenti transgenici.
La ricerca andrebbe effettuata per periodi più lunghi al fine di verificare gli effetti di un insulto cronico e la possibilità di trasmissione alle generazioni successive.”
Di fatto non sappiamo se non esistono rischi, nemmeno se mangiamo carni o latti, uova o pesce, alimentati con OGM.
Faccio anche notare che non vi è alcun obbligo di riportare in etichetta, nel caso di alimenti di origine animale, l’alimentazione con ogm, come avviene invece per quelli di origine vegetale.
Tornando al rischio di ingerire soia transgenica (che si consuma da quasi 30 anni negli USA senza, per ora, apparenti risvolti, ma certo è prestino:
Altroconsumo, tempo fa, aveva fatto delle analisi su un centinaio di prodotti “a rischio” ogm, non trovando contaminazioni. Alias: in Italia, dove “regge” la moratoria sulla coltivazione della soia OGM (da noi non si puo’ coltivare), acquistando prodotti italiani, questo rischio è praticamente nullo, ma si è ben protetti anche dall’etichettatura.
Non sono andata a leggere l’articolo sulla soia, concordo solo sul fatto che alcuni derivati “industrializzati” non siano esattamente salutari, ma mi domando se e quanto questa serpeggiante diffidenza verso la soia si discosterà da quello che sulla soia sappiamo… perché è stata studiata davvero tanto in quest’ultimo secolo… e le evidenze sono quasi (tranne precise eccezioni) costantemente positive… al contrario del latte, dove prevalgono le perplessità e alcune associazioni “negative”.
Torno, leggendo i vari commenti sotto, a far notare che, epidemiologicamente parlando, non sono stati accusati necessariamente “i consumi eccessivi” di derivati del latte, ma “i consumi comuni”, che probabilmente, rispetto alla dieta dei nostri nonni (mediterranea) risultano eccessivi. Non è un caso che al latte e derivati si applichino le stesse raccomandazioni delle altre proteine animali: “ridurre, ridurre, ridurre”: esattamente come per la carne rossa.
@Stefano: c’è un grosso ostacolo al muoversi all’interno di quel 5% di allevamenti “naturali”: “distribuzione delle risorse”. non è possibile… forse sfugge il consumo di latte: in europa son circa 66 lt+17kg di formaggio pro-capite, che si traducono in media, diciamo, circa 130-150 lt di latte, ossia circa 200 lt all’anno, circa 650 ml di latte al giorno, cioè una mucca ogni 10-15 persone circa se si toglie il vitello, senno’ forse una mucca a testa… allora? 2 mucche ogni 3 famiglie, togliendo il vitello e tenendola perennemente in produzione (quindi ingravidando la poveretta una volta l’anno). Vediamo: 800,000 mucche per “allattare i romani”, contando 0;5-1 ettaro a vacca: da 400,000 a 800,000 ettari per il pascolamento…(le vogliamo al pascolo, no?) ossia una superficie grande come l’Umbria oppure, se le stringi, alla Liguria! Soprattutto se si pensa di lasciare il vitello… questi si che sono sogni! Salvo che qui non si ragioni di “soluzioni di nicchia” che non riguardino certo uno “stile di vita adottabile dalla media della popolazione”. Domanda: di quanto dobbiamo ridurre il consumo di latte e derivati per avere un prodotto sostenibile? Credo che ora sia piuttosto intuibile…
I nostri nonni mangiavano carne e latticini solo alle feste e la domenica, e poi zuppe di verdura, cereali e legumi e pane fatto in casa: allora si che si puo’ parlare sia di salute che di “pratiche sostenibili” (forse)
Una domanda: come mai ovunque si parli di alimentazione salta fuori l’onda “anti-vegan”? Credo che sarebbe interesse comune sostenere questo stile di vita, date le implicazioni in termini di inquinamento, cambio climatico, contaminazione delle falde, fame nel mondo, deforestazione e quant’altro (compresi i poveri animali, che ogni anno vengono macellati nell’ordine crescente di circa 60 miliardi di “individui”, perché questo sono). L’ONU stessa ha invitato il mondo alla svolta vegana, vista come “l’unica soluzione” per salvare il pianeta.
@Giannattasio: Ho smesso anni fa di occuparmi degli animali e sono tornata a studiare per diventare nutrizionista “umana”, dato che la nutrizione animale “mi stava stretta”.
BSE: scherzate o parlate sul serio? anzi: la UE ha riaperto alle farine animali per l’alimentazione di alcune specie, non quella bovina… io son tranquilla perché comunque non le mangio, ma poi: bioaccumulazione magnificata! come se non bastasse quella “naturale”.
@andrea: la normativa vigente ammette delle contaminazioni che devono stare “sotto valori soglia” di diverse sostanze biologiche e non, ma non di tutte (sarebbe pure impossibile). questo offre un certo grado di tutela, che comunque è cosa ben diversa dal “concetto di qualità” inteso come “composizione nutrizionale” e “caratteristiche organolettiche”. Inoltre molti “contaminanti” sono continuamente oggetto di studio e di rivalutazione, non esistono certezze, ancora, per esempio, sulla sinergia tra i diversi contaminanti, né esistono soglie per alcuni. Oltretutto, secondo alcune stime, una parte considerevole della popolazione arriva a consumare livelli di alcuni contaminanti, esempio le diossine, al di sopra dei limiti raccomandati. ad esempio, dai un’occhiata a questo documento ISS, parla proprio degli effetti di questi contaminanti nei bambini: http://www.iss.it/binary/inte/cont/04%20-%20CALAMANDREI%20Gemma.1183459623.pdf
rif CE 199/2006
da dire: i pcb sono un gran bel problema, e se è vero che, come è noto, più del 90% dell’esposizione ai PCB non diossino simili (NDL-PCB) nella popolazione in generale si abbia attraverso gli alimenti ed in particolare tramite i grassi animali, è anche condiviso che il latte sia l’alimento che maggiormente può incidere sull’esposizione della popolazione generale. Inoltre l’esposizione attraverso il latte può interessare le fasce di popolazione più sensibili agli effetti tossici, in particolare i bambini (EFSA, 2005). Una ricerca della Commissione Europea conferma che il latte sia la maggior fonte di esposizione.
Che peso anno questi e gli altri interferenti endocrini (soprattutto gli estrogeni, abbondanti nel latte industriale) presenti nel latte sui nostri bambini? Credo che siano sotto gli occhi di tutti…
riflessione: il latte è fatto da una base di “filtrato di sangue”: per un litro di latte si stima il “passaggio” di 400 lt di sangue.(Bittante et al., 2003)
Alla maggior parte dei medici non piace, ma, di nuovo: la scienza ha dei limiti, la biochimica è parecchio miope, ad oggi, con tutti i bias del caso, gli studi epidemiologici sono quelli che forniscono i dati più “affidabili”.
Epidemiologia (nelle sue varianti: descrittiva, analitica, e subvarianti) : si prendono tot persone, meglio se son centinaia di migliaia o milioni (allora diventa “abbastanza probabile”) che fanno, assumono, respirano, il “nostro fattore x” (esempio: latte, carne, soia) e si cercano le “relazioni causa-effetto”.
L’epidemiologia, oggi, indica che il consumo “medio” di latte e derivati (senza specificare se industriali o no) si relaziona ad aumentato rischio di alcune patologie, con un ruolo apparentemente protettivo in un paio di casi. La stessa epidemiologia indica che il consumo di soia, anche sostenuto, non solo non è legato mediamente a patologia ma risulta addirittura protettivo verso alcune delle più diffuse malattie moderne. E’ chiaro che si parla di “tendenze” e non di “certezze”… ma se vale per uno, vale almeno altrettanto per l’altro, senno’ diventiamo “faziosi” e “intellettualmente disonesti”.
@sabine eck… la natura ha previsto per la nostra specie comportamenti che abbiamo “superato” (esempio: la legge del più forte, anche se purtroppo ancora “regge”) con l’evoluzione culturale: non siamo animali e basta, siamo animali “culturali”, non siamo condannati a far soffrire, possiamo scegliere. Scoprirlo mi ha fatto riscoprire il gusto di vivere. ;)
Mi sembra che siamo quindi tutti d’accordo: non è il latte l’incriminato, se bevuto in *quantità moderata*. In famiglia siamo tre e ne consumiamo due litri alla settimana, e ritengo che potremmo ridurre anche a un litro a settimana se lo ritenessimo giusto.
Per rispondere alla domanda di Anna sull’attacco ai vegani e al veganesimo: credo che derivi dal fatto che molte persone vegane purtroppo sono estremamente aggressive spesso verbalmente violente, e scatenano un’antipatia tremenda verso il “genere”. Cosa molto stupida, perché diventa una specie di razzismo, ma comprensibile razionalmente :-/
@ Anna Sarni: non capisco il perché di tanti calcoli, rivolti al mio indirizzo. Sono cifre di dominio pubblico che riguardano consumo smodato di alimenti spesso insalubri, stili di vita opinabilissimi, industria intensiva, gdo, globalizzazione. Io parlo di altro: dico che molte aziende rurali dei nostri giorni (se non hanno adottato soluzioni industriali) sono sostenibili come lo erano ai tempi dei nostri nonni (e forse anche di più). Potrei portare tanti esempi; ne cito due: un progetto Life che ha recentemente reintrodotto il pascolamento in un territorio del cuneese per recuperare la biodiversità botanica montana (si parla di orchidee a rischio di estinzione: le salveranno le cacche delle pecore) e un circuito virtuoso tra un’azienda vitivinicola delle Langhe che ha abbandonato la concimazione chimica grazie al contributo (sterco) di vacche di un’azienda da latte (che guardacaso esclude mangimi).
Sull’alimentazione che definisci “dei nostri nonni”, infine: credo che sia assai vicina a quella di molti consumatori consapevoli (quelli che si incontrano nelle botteghe del bio, per intenderci: non sono marziani!), come è vicina alla mia, che mangio più verdure e frutta e legumi (bio e locali, in genere) che altro (mi pensavi un mangiaformaggio?). E poca carne, per lo più ovina (se bovina, è di pascolo).
Per concludere ribadirei (perché mi pare che sia poco chiaro a chi generalizza) che solo facendo scelte consapevoli e orientando i propri acquisti nelle direzioni giuste si può sperare di sostenere chi produce nel rispetto della natura. Si tratta di piccoli numeri e di percentuali infinitesimali del mercato, lo so. Non cambieremo il mondo; quello toccherebbe farlo a chi ci governa (il discorso sarebbe lungo). Ed è lì, credo, il punto più critico e dolente.
@ izn: sull'”attacco” ai vegani e al veganesimo (specificherei meglio: veganesimo integralista) a mio avviso è una risposta naturale (oltre che necessaria) al potere persuasivo di questo movimento. L’organismo sano, quando è attaccato dal virus, produce anticorpi. Tutto qui ;)
@Stefano: sono assolutamente d’accordo con te.
@ Luca: scusa non capisco la tua risposta. Infatti io dicevo che probabilmente la dieta dei nostri nonni e bisnonni non può essere la nostra. Quanto al ripetermi continuamente di virare verso un’alimentazione a base di tantissima frutta e verdura, mi sa che non leggi con attenzione: soffro (come moltissimi ormai) di colite, non posso. E, di nuovo: i miei nonni e bisnonni, e tutti in Lombardia non mangiavano affatto tanta frutta e verdura perchè qui d’inverno la terra produce solo cipolle, patate, zucca in autunno e verze. Stop. D’estate ovviamente di più, ma solo per due mesi. Mia nonna metteva i cachi della pianta in giardino in soffitta, e si andava di cachi. Non c’era certo la grande distribuzione, con la circolazione delle merci di oggi. Quindi non continuate a dire che in passato mangiavano un sacco di verdure, dipende dalle regioni. Cereali sì, ma non pasta. E condivano con burro e strutto, l’olio extravergine di oliva da noi è arrivato come consuetudine trent’anni fa, non di più. Per non creare malintesi, ripeto che non so se quella fosse un’ alimentazione corretta, ma quella era. Altro che frutta e verdura cinque volte al giorno!
Per quanto riguarda la mitizzata “dieta mediterranea” a base di carboidrati e pesce del sud, sono tutti piatti iper calorici, fritti e straunti (che io adoro, per carità, ma non sono certo un esempio di salubrità).
Ovviamente non rispondevo solo a Luca, ma anche ad altri post scritti qui.
l’arroganza è propria della nostra specie, in tutte le “categorie” umane. io sono vegana e sono profondamente rispettosa delle scelte di chiunque, mi trovo spesso a dovermi difendere da accuse di “fondamentalismo” o “estremismo”, di “irresponsabilità” o “cinismo” per il fatto che ho un figlio vegano. è un mondo folle: vegetariani contro vegani, contro paleo contro vegani, contro macrobiotici, contro onnivori contro tutti.
Il cibo ha delle valenze sociali che, quando ho privatamente scelto un mio stile di vita, davvero non mi aspettavo… sarebbero fatti miei, ma anche qui dentro mi son sentita in dovere di “difendermi”.
ieri l’ultima volta e l’attacco è arrivato da un medico super-titolato, quindi con la stuola di assensi da parte di chi lo circondava. non parliamo di quando hai a che fare con le mense, le scuole, gli operatori sanitari! per fortuna sono piuttosto ferrata sul tema e so difendermi, ma sono anche convinta che, trattandosi di un fenomeno ancora (purtroppo, e lo dico per empatia) minoritario siamo “noi” quelli che incontrano ostacoli maggiori.
sono una vegana che è stata onnivora molti anni, ricordo bene perché lo ero e da qui tutto il mio rispetto per chi “non varca la soglia”.
per favore non diciamo che i vegani sono violenti: molti esseri umani scelgono uno stile di vita, una religione, un’idea politica, una squadra di calcio, e ne fanno una bandiera per la quale combattere distruggendo le altre. purtroppo nessuna “categoria” si salva, purtroppo sono quelli che urlano più forte, sono i “black block” di ogni movimento progressista, sono gli hooligans.
non vanno confusi con quel movimento, né possono diventare una “scusa” per licenziarlo come “violento” (che poi “vegano violento” è un ossimoro: sono “travestiti” e durano pure poco).
non so qual’è la politica di questo blog… ma l’ideale del veganismo è l’empatia, il rispetto per tutte le forme di vita, la salvaguardia dell’ambiente, la non violenza etc etc, credo che i vegani dovrebbero sempre prendere le distanze da tutte le forme d’intolleranza, e credo anche che di media accada… di certo i vegani che frequento io, ma queste son cose che si fanno in silenzio e passano inosservate.
@Stefano: mi sta bene che “parli per te” e per le cose che pensi si possano scegliere in piccolo gruppi come questo, volevo solamente sottolineare come l’idea del “latte sostenibile” non sia minimamente applicabile nella realtà: sostenere il consumo di latte significa sostenere il latte prodotto industrialmente, questo da un punto di vista “politico-strategico”. Ci tenevo a “rendere visibile” il concetto: non esiste il modo di promuovere il consumo dei derivati animali in maniera sostenibile e indolore per gli animali… dai tuoi commenti poteva sembrare che il modo c’era. Se qualcuno riesce a sottrarsi alla barbarie, buon per lui o lei, ma si tratta casi puntiformi e suppongo che la stragrande maggioranza delle persone che legge non ha questa possibilità.
@Graziella: la dieta mediterranea significa un tipo di alimentazione composta in un certo modo, che è la dieta dei centenari, quella che ci ha reso famosi in tutto il mondo. Forse i tuoi nonni la facevano e forse no, non lo so (detta cosi’ mi ricorda la cucina dell’nord-est Europa), la Lombardia non è esattamente nel cuore del Mediterraneo che aveva una cucina ricca di zuppe, legumi e cereali, piuttosto leggera invece. La pasta non è tipica della dieta mediterranea. Se ti interessa esistono testi arricchiti con ricette tipiche, cosi’ puoi renderti conto di cosa significhi “in soldoni” una “dieta mediterranea”.
@ Anna Sarni. So cosa è la “dieta mediterranea” intesa come dieta “salutare”. Ma non è certo l’alimentazione del Sud Italia (che conosco bene, avendo vissuto un pò in Sicilia), come qualcuno ha scritto qui. E comunque la pasta è assolutamente messa nella dieta mediterranea “che ci ha reso famosi in tutto il mondo”. E anche il latte. Per quel che rigiuarda l’alimentazione dei miei nonni, e bisnonni, di cui sono stata testimone nell’infanzia, era assolutamente lombarda, nessuno di noi abitava nell’est dell’ Europa. Quanto alla “dieta dei centenari” quale intendi? Perchè i “centenari” toscani hanno sempre mangiato carne e bevuto latte.
Sai cosa mi dà fastidio? La sicurezza granitica con cui voi vegani affermate le vostre “verità”. Immagino che, essendo da quel che ho capito, nutrizionista, avrai studiato un pò la storia della nutrizione, e di come tutte le teorie, gli studi scientifici, e gli studiosi stessi, si sono contraddetti nel corso degli anni, studi epidemiologici compresi. Quello che secondo te va bene (e ci mancherebbe, le scelte personali vanno rispettate), se vuoi metterlo a disposizione di tutti, devi “confrontarlo”, accettandone anche i limiti. Sostenere che chi non fa una dieta vegana mangia male, non solo, è a rischio maggiore di tumore, è una grande falsità scientifica, oltre che un modo di fare terrorismo: il tumore è una malattia “multifattoriale”, l’inquinamento, secondo le ultime scoperte, ne è la causa principale. Sta emergendo anche un ruolo importante del fattore-stress. Ma è un ruolo, come tanti. E, ovviamente, la genetica.
Guarda, io rispetto la tua scelta, se riuscissi la farei anch’io, e mi sarebbe anche piaciuto, se la discussione fosse stata fatta senza farmi sentire in colpa, e cercare di spaventarmi , chiedere qualche ricetta, qualche modo semplice per cucinare vegano. Pensa che io il latte lo bevo pochissimo! Ma solo perchè non ne sento il bisogno, non certo perchè penso sia “veleno”. Per cui , ti chiedo un favore: non rispondermi più. Le tue granitiche certezze, il tuo terrorismo alimentare, mi mettono ansia, che poi mi procura stress. Che, a quanto pare, sembra sia appunto pericoloso.
P.S. Io di solito non sono per nulla arrogante, e neppure i miei cani e gatti. Per cui dire che l’arroganza è propria della nostra specie è, appunto, arrogante.
@Anna Sarni: proprio questo dicevo, che dire che i vegani sono violenti è dovuto al fatto che molti vegani sono effettivamente violenti. Ho letto vegani augurare la morte ai figli di onnivori, e non una volta sola, e potrei raccontarne tante altre. Poi ho anche amici vegani stupendi, che non battono ciglio se mangi carne e rispettano profondamente le scelte altrui.
Non è altro che un nuovo tipo di razzismo, per cui assolutamente da condannare, ma gran parte della colpa è di questa gente impazzita; a parer mio non sono neanche veri vegani, ma solo persone che sentono il bisogno di appartenere a un gruppo, una squadra, un partito, qualcosa che li definisca, visto che non riescono a definirsi da soli.
Per quanto riguarda la tua affermazione: “non esiste il modo di promuovere il consumo dei derivati animali in maniera sostenibile e indolore per gli animali” non mi trovo d’accordo, e tantomeno sul fatto che sia un approccio accessibile a pochi eletti.
@ Izn: è violenza anche dire, come ha fatto Anna ed altri che sono intervenuti qui, che l’alimentazione “non vegana”, il latte e le proteine animali fanno ammalare di tumore. Certo, se fai uno studio epidemiologico negli Stati Uniti, su una popolazione obesa e sedentaria, che si beve quattro litri al giorno di latte industriale, può darsi. Forse lo stesso in Giappone, dove non sono abituati al latte. Aspetto uno studio epidemiologico su cento (visto che devono essere pochi) italiani, abituati a bere latte fin dall’infanzia, che ne consumano poco ma buono e camminano all’aria aperta per due ore al giorno. E che si sono spostati anche da città inquinate. (se lo fai a Tokyo, per dire, sei sicura sia il latte o non invece l’inquinamento?).
@ Graziella: dal nero più cupo delle prediche di “chi sa”, balena una figura informata, convincente e solidale: la tua! Grazie per i tuoi interventi, che portano aria fresca e nuova linfa ad un dialogo farcito di demagogia, proselitismo e… tanta ma tanta ignoranza.
Credo che ormai il “confronto” sia agli sgoccioli a questo punto: gente che di etologia sa poco o niente, gente che se ne batte del mondo rurale, di culture millenarie, di antropologia, di sociologia, gente che si esprime con la protervia di chi viene qui a raccontare una “verità” piena di sentito dire e di prospettive parziali e strumentali. Cadono le braccia a leggere tante sciocchezze e tanta arroganza. Per non parlare della mistificazione: dici una cosa e tu, leggendo le loro risposte, non sai cosa pensare: “farà finta di non capire o… peggio?” :o
@Graziella Carnevali: assolutamente d’accordo con te
Uao Stefano. OK, scusa. NOn era chiaro che sai tutto tu.
Per esempio non mi era chiaro perchè tu possa parlare di lobby della soia che finanzia le campagne per diventare vegan (anche se si fanno i soldi ingrassando gli animali negli allevamenti intensivi), mentre se si cita la lobby della carne e del latte, che esiste e che influenza in maniera documentabile per esempio le linee guida USA per l’alimentazione…
E’ ovvio -non credevo che fosse il caso di scriverlo- che questo non riguarda il piccolissimo produttore di ottima qualità! Ma se è per questo, allora, non riguarda nemmeno la mia soia che mi compro tramite gruppo di acquisto direttamente dal contadino!
Il tuo ragionamento non può essere a senso unico.
Il punto del discorso di Anna Sarni era un altro: queste piccole realtà, rispettose della natura e dell’alimentazione animale (non scrivo della vita animale, poichè lo scopo è toglierla) esistono eccome. Ma no sarebbe materialmente sufficienti per la domanda attuale di alimenti animali. Per riuscire -per esempio- ad eliminare gli allevamenti intensivi, bisogna ridurre il consumo pro capite italiano di un buon 3/4 (almeno)! Quindi mi sta bene scrivere, come è stato detto qui “se si desidera consumare latticini, che siano imprescindibilmente di eccellente qualità, per tutti questi svariati motivi”, un altro paio di maniche è scrivere tout court che non è vero che i latticini possono essere un alimento problematico. Tu sei una cosa. Ma le persone “comuni” sono quelle che poi comprano (pensando di comprare bene!) l’asiago dop precedentemente citato e che continuano a consumarne alla stessa frequenza di prima.
Dal vocabolario Treccani: mistificazióne s. f. [dal fr. mystification]. Distorsione, per lo più deliberata, della verità e realtà dei fatti, che ha come effetto la diffusione di opinioni erronee, etc. (personalmente *la ritengo tanto grave quanto l’insulto*)
Chi afferma che “…l’idea del “latte sostenibile” non sia minimamente applicabile nella realtà: sostenere il consumo di latte significa sostenere il latte prodotto industrialmente…” mistifica la realtà, rifiutando di riconoscere alle produzioni realmente rurali la sostanziale differenza rispetto alle produzioni industriali; chi dice questo non sa o finge di non sapere le differenze, cerca di confondere le idee degli altri distorcendo le prospettive, alzando polveroni di falsità su fatti palesi e circostanziati: la qualità del prodotto di origine animale è indissolubilmente legata all’alimentazione degli animali – che, piaccia o non piaccia, sono (quelli di cui stiamo parlando) animali *da reddito* – e dal loro reale benessere.
Non si cancella oggi una storia di novemila anni: le specie domesticate tali sono e tali rimarranno, checché se ne dica, se non altro perché non potrebbero sopravvivere indipendentemente dal loro stato di domesticazione (vorrei vederlo un gregge inselvatichito, con cento arieti e cento pecore, che fine farebbe, in natura!).
Mistificazione n. 2: dire che “…non esiste il modo di promuovere il consumo dei derivati animali in maniera sostenibile e indolore per gli animali… dai tuoi commenti (riferito a me) poteva sembrare che il modo c’era”. Significa cercare di prendere la scorciatoia per dimostrare una presunta e indimostrabile ragione. Arrogandosi il diritto di avere la verità in mano, quando in mano si ha sì e no un pugno di mosche.
Se il nodo centrale di una presunta controversia è il diritto più o meno lecito di allevare per produrre cibo, la faccenda è chiarita: si nutra pure di verdure chi vuole farlo e impari a rispettare le scelte di chi è onnivoro e consapevole. E si metta l’anima in pace: non si cancellano millenni di storia con un colpo di spugna e una manciata di menzogne. Né con l’aggressività di chi la ragione, pur di averla, se la prende.
Un suggerimento: imparate a vedere le mostruose differenze tra allevamenti intensivi ed estensivi, e le vostre energie rivolgetele verso junk food e cibo globalizzato di cui la stragrande maggioranza del mondo si nutre.
Mah. Tu stai tralasciando completamente il diritto animale, ma capisco che non sia alla portata di tutti ancora.
Detto questo (perchè ci tenevo a dirlo, a volte si parla dei vegan come se fossero persone che non amano il rosso e non lo indossano mai e si pretenda che osservino amabilmente senza rompere gli altri vestiti di rosso; non è proprio la stessa cosa: è più come chi era convinto dell’abominio della schiavitù, quando questa era ancora perfettamente tollerata e giustificata dal resto della società, più difficile non cercare di fare qualcosa).
Ma veniamo all’allevamento “a modo” (etico, su piccolissima scala, ecc.). Certo che esiste, conosco personalmente persone che fanno piccolissima produzione in questo modo, persone che stimo e rispetto. La loro produzione è sicuramente di ottima qualità e chi può consumare quei prodotti è “ok” (in moderata quantità). MA, l’allevamento di quel tipo richiede molto più spazio! Non è sostenibile (e ha perfettamente ragione Anna, se solo leggi tutto quello che ha scritto, senza isolarne parti) per gli attuali consumi! SE cerchi i dati, il cosumo di latticini è in costante aumento, non solo a livello mondiale, ma anche a livello nazionale. E gli allevamenti intensivi non esistono per caso, ma proprio per far fronte alla richiesta. Quindi facendo finta di essere tutti d’accordo che modiche quantità di latticini (davvero modiche, non quelle attuali, parlo di media italiana, non conosco la TUA ;-)) da animali allevcati a modo siano perfettamente ok e magari anche utili, rimane il dato incontrovertibile che tutto questo è possibile solo riducendo i consumi globali pro-capite.
Non è mistificazione, è osservazione della realtà.
Chi vuole approfondire l’argomento latte può leggere questo articolo uscito su “Medicina naturale” intitolato “Il latte vaccino non è un alimento sano per l’uomo”.
Secondo me non ne se cava un ragno dal buco, come si dice dalle mie parti. Diciamo che la mia posizione si rispecchia a piene mani in quella di Graziella Carnevali, cioè in un’ottica di moderazione, consumo di qualità ed evitare il terrorismo alimentare.
Detto ciò, ognuno ha la propria idea. Io ho portato la mia opinione, ma lungi da me voler convincere qualcuno di quel che penso io! Concludo il mio ultimo commento ringraziando tutte le persone moderate che hanno creato un bellissimo confronto e i miei più vivi complimenti al prof. per l’articolo e a Izn per il lavoro immane che non si stanca mai di fare!
@Isabella: sono d’accordo, l’allevamento consapevole richiede molto più spazio (grazie al cielo), e non è sostenibile per gli attuali consumi. Ma il colpevole in questa situazione non è il latte o l’allevamento, ma proprio i consumi. Consumiamo troppo di tutto, siamo come impazziti, e moltissimo cibo va proprio sprecato, nella spazzatura. E sono sicura che questo succeda anche per il latte.
La crisi che stiamo vivendo attualmente è la porta di un cambio di paradigma, il consumismo (che già secondo me era nato morto) è definitivamente tramontato, facciamocene una ragione, e cominciamo a cambiare le cose. E guarda le cose anche da un’altra prospettiva: se gli allevamenti fossero tutti virtuosi e ci fosse molto meno latte nessuno potrebbe permettersi di berne così tanto.
Il cambiamento deve venire da tutti, chi compra e chi vende. Basta con i furbi, con gli intrallazzi, con le truffe, cominciamo di nuovo a scandalizzarci, riacquistiamo il pudore e il candore che abbiamo perso negli ultimi cinquant’anni grazie ai media che ci hanno abituati e anestetizzati di fronte alla sguaiatezza e alla volgarità. Se ci abituiamo a rispettare il nostro cibo lo faremo anche con noi stessi, e forse forse si aprirà uno spiraglio anche nella nostra vita sociale e politica, che ormai è completamente allo sbando.
Intervengo nel dibattito, che ritengo ormai stucchevole visto che sta diventando una dialogo tra sordi, per segnalarvi un recente lavoro scientifico svolto da ricercatori tedeschi dal titolo molto significativo: Vegetarian diet and mental disorders: results from a representative community survey, la cui conclusione è questa: “In Western cultures vegetarian diet is associated with an elevated risk of mental disorders. However, there was no evidence for a causal role of vegetarian diet in the etiology of mental disorders”.
Lo studio ha preso in esame 54 vegani, 109 vegetariani e 3872 onnivori, e quelli a maggior rischio di depressione e ansia sono risultati i vegetariani (per la depressione il primato va ai vegani). Perché non discutiamo un po’ su questo tema?
Il lavoro è stato pubblicato su una rivista scientifica: International Journal of Behavioral Nutrition and Physical Activity (IJBNPA), con un impact factor di tutto rispetto (3,68).
@andrea massimiani: interessante, ma abbastanza OT, per cui direi che sarebbe il caso di trattare l’argomento in separata sede, magari in un post dedicato proprio al vegetarianesimo e al veganesimo, che ne pensi/pensate?
@Izn: Io penso assolutamente sì!!!!!!!!!
@Anna Sarni
Potresti darci dei riferimenti più precisi sul gruppo di studio sulla soia e sul latte su facebook di cui parlavi?
Grazie
@Andrea: Volentieri, parliamone, ma ti sei risposto da solo:
” However, there was no evidence for a causal role of vegetarian diet in the etiology of mental disorders”.
Il latte e Mahatma Gandhi
Poiché i saggi non di rado la pensano riguardo al cibo più correttamente degli scienziati moderni che si interessano di alimentazione, vi riporto quanto scrisse Gandhi nella sua bibliografia: “Raccomando caldamente a coloro che, in base alla teoria da me proposta (cioè di non bere il latte, ndr), possono aver rinunciato al latte, di non insistere nell’esperimento, a meno che non lo trovino di giovamento in tutte le maniere, o che non siano consigliati da medici di molta esperienza. Finora la mia mi ha mostrato che per coloro che hanno la digestione difficile, o che sono costretti a letto, non c’è dieta leggera e nutriente come quella del latte”.
E ancora nel suo periodico Harijan scrisse: “In Kanchangaon ci sono pochissime mucche. Questa è una vera sfortuna. Ci sono delle bufale. Ma tutta l’evidenza che mi è pervenuta dimostra che il latte di bufala non regge il confronto con quello di mucca, per quanto riguarda la proprietà salutare”. Naturalmente le mucche a cui allude Gandhi era servite e riverite e non macchine produttrici di latte alimentate con concentrati a base di soia e mais e incarcerate nelle stalle.
A proposito dell’articolo “Vegetarian diet e mental disorders: results from a representative community survey”
Il titolo forse è fuorviante, lasciando intendere che chi mangia vegetariano rischia malattie mentali. Non è così, l’articolo invece suggerisce come possibilità che “lo sperimentare un disordine mentale aumenta la probabilità di orientarsi per una dieta vegetariana (cioè senza carne) oppure che ci possano essere in una persona fattori psicologici che aumentano la probabilità sia di scegliere una dieta vegetariana che di sviluppare un disordine mentale”.
Questi dati non vanno generalizzati. Nella mia esperienza di medico, ho incontrato tante persone con ottima salute mentale che decidono di diventare vegetariane perché hanno empatia per gli animali che soffrono (io sono uno di questi) oppure non resistono alla vista del sangue. E ancora, ci sono persone che non mangiano carne perché sentono l’odore della carne in una maniera speciale. Questo odore lo avvertiamo un po’ tutti quando siamo influenzati con la febbre alta (allora il nostro organismo esasperandoci il senso dell’olfatto ci dice di non mangiare la carne perché può farci male). Molti bambini rifiutano la carne e la causa può essere una di quelle ora riportate (e allora va rispettato il loro rifiuto) oppure semplicemente perché non vogliono masticare (ma allora va corretta questa pigrizia). Poi ho visto anche tante persone anoressiche (soprattutto donne) che diventano vegetariane per il terrore dei grassi. Insomma il quadro è molto variegato.
Un’altra cosa interessante è che più carne si mangia e più se ne vuole mangiare perché sostanze come l’ipoxantina possono dare dipendenza. Si può crescere e vivere ottimamente bene senza la carne, ma chi la mangia deve farne un moderatissimo consumo. E soprattutto la carne deve essere di qualità perché in essa, come nel latte, si accumulano tutti i veleni che l’animale mangia. Inoltre, se l’animale è alimentato e allevato male, aumenta nella carne il grasso saturo (nocivo, oltre un limite) e diminuiscono i grassi insaturi (benefici). E a questo punto mi viene di pensare a quei polli da 5 euro al kg che quando li metti a bollire esalano odori che sanno di antibiotici, e anche alla carne di maiale, che costa più o meno lo stesso. Mamma mia! La carne buona esiste, ma costa almeno il doppio come penso di avervi detto.
Poi un ultimo consiglio. D’estate evitate almeno la carne di maiale. Ma di tutto questo parleremo in un prossimo articolo.
Tanto carino il Mahatma, ma un po’ originale nelle scelte dietetiche, come quella di bere la propria urina…
@Antonella Deledda. L’urinoterapia non era una stranezza di Gandhi ma una pratica della tradizione indu e utilizzata per millenni dalla medicina ayurvedica (personalmente sono un ammiratore della cucina che essa propone e spesso vado a mangiare in un ristorante ayrvedico nel centro di Roma: piatti deliziosi e al giusto prezzo). Non ci sono tanti studi scientifici sulla validità dell’urinoterapia ma un recente lavoro (J Tissu Eng Regen Med, 2014) ha evidenziato nell’orina umana cellule staminali che potrebbero essere utilizzate per la rigenerazione deii muscoli scheletrici. Comunque è possibile che un tempo e in contesti culturali particolari come quello indiano questa pratica avesse un valore terapeutico.
@andrea massimiani – Forse una maggiore incidenza di “depressione” nei vegani dipende da un insufficiente apporto di talune vitamine (B12, acido folico, etc.) per il quale appunto chi sa apporta una suppplementazione correttiva (e qui bisognerebbe aprire un capitolo sulla qualità ed efficacia di taluni “integratori”). Il problema di fondo è rappresentato da una richiesta extra dato dall’alto stress ossidativo cellullare odierno (chimica quotidiana indoor, radiofrequenze, etc.) “grazie” al quale vi è una richiesta spropositata di nutrienti”protettivi” dell’organismo. Se si vivesse in lande isolate, lontane da fonti di inquinamento anche indoor (misure sconosciute anche da parte di molti vegani) probabilmente questa richiesta nutrizionale cellullare extra sarebbe minore, ma tant’è viviamo in un mondo nel quale dobbiamo adattarci facendo scelte sane e coerenti.
Lo zymil scremato è un latte di buona qualità?
Grazie mille