Ormai non manca molto a Natale, e prometto che dal prossimo post in poi non farò altro che pubblicare dolci e altre cose buone da provare per le feste; intanto vi racconto una cosa che sta succedendo in Puglia, che gira poco o nulla sui normali canali di informazione e che invece bisogna assolutamente sapere, non solo per il fatto in sé, ma anche e soprattutto per accorgersi delle logiche malate che ruotano attorno all’agricoltura e di conseguenza alla nostra alimentazione e salute.

olivo scandriglia
(Olivi sabini — scatto fotografico di Andrea Massimiani)

Qualche mese fa è saltato fuori un allarme piuttosto preoccupante riguardo alcune antiche cultivar di ulivi salentini: negli ultimi due o tre anni questi alberi si sono ammalati. Soprattutto da un anno a questa parte le loro cime si stanno seccando e si profila lo spettro di un attacco di un batterio chiamato Xylella fastidiosa, cosa molto singolare, in quanto questo batterio nei millenni non ha mai attaccato l’olivo, e anzi normalmente non è neanche patologico per questa specie vegetale.

Tra l’altro pare che il tipo di Xylella individuato appartenga a una sottospecie diversa da quella patogena (cito questo post sul notiziario dell’Accademia dei Georgofili: “Si dà il caso che le indicazioni molecolari acquisite a Bari forniscano buoni motivi per ritenere che il ceppo salentino di X. fastidiosa appartenga ad una sottospecie (o genotipo) che non infetta né la vite né gli agrumi, e che esperienze statunitensi (California) indicano come dotato di scarsa patogenicità per l’olivo (…) In conclusione, non vi sono al momento elementi che facciano ritenere X. fastidiosa come l’agente primario del disseccamento rapido dell’olivo. Essa è verosimilmente coinvolta nel quadro eziologico come compartecipe.”

Fin qui tutto nella normalità delle cose, se normalità si può chiamare il modo assurdo con il quale l’agricoltura convenzionale pretende di trattare le piante. L’aspetto veramente insensato è la reazione che pare debba essere adottata, per politica comunitaria: “Alla cura chiesta, si risponde invece imponendo la devastazione piro-chimica dell’ecosistema, delle piante di ogni tipo ed età, anche i patriarchi d’olivo, anche flora autoctona, e flora del verde pubblico e privato, interventi con lancia-fiamme, ed aerei per irrorar veleni, (tutto questo uscito dalla bocca dei tecnici e politici giunti all’arrembaggio, che hanno anche parlato dell’uso dell’esercito!)! Un film di fantascienza, come sganciare delle bombe atomiche per effetti paesaggistici e di contaminazione che ne conseguirebbero!”.

In pratica le piante delle cosiddette “zone focolaio” che tra l’altro stanno ripollonando andrebbero eradicate (si tratta se ho ben capito di tipo 600.000 alberi!) e non si prendono lontanamente in considerazione strategie di lotta biologica; anzi si sollecita il ricorso a erbicidi e diserbanti sintetici anche contro le piante spontanee.

In una nota sulla bacheca di Facebook che l’onorevole Adriano Zaccagnini, vicepresidente della Commissione Agricoltura della Camera dei Deputati, ha scritto dopo un sopralluogo della zona, si legge: “La visita sul campo nella zona focolaio con esperti agroecologi mi ha permesso di riscontrare come gli uliveti presentano dei sintomi da disseccamento a macchia di leopardo, ma di certo meno massicciamente di quello che ci si può aspettare dalle descrizioni apocalittiche delle settimane scorse.

Inoltre i nuovi germogli che spuntano da tutti gli ulivi precedentemente disseccati non sono affatto riseccati, come qualche esperto ha affermato, anzi sembra che le piante siano in fase di succhio, ovvero di rivegetazione. Altro elemento assolutamente centrale è l’aver rilevato come nella zona sia comune la pratica di utilizzare oltremodo massicciamente i disseccanti (glifosate) per pulire dalle erbe i terreni, la differenza con gli oliveti biologici è netta.

Questi ultimi più rigogliosi e pochissimo affetti da CDRO, È chiaro come nella ricerca scientifica, per comprendere la vicenda in tutti i suoi contorni, sia da approfondire la probabile correlazione fra utilizzo massiccio dei disseccanti e dei fungicidi (vietati per legge) e il generale complesso di disseccamento rapido degli ulivi (CDRO). Per quanto riguarda la patogenicità della Xylella nel 2010 R.Krugner per l’Università della California ha pubblicato uno studio in cui si afferma come l’inoculazione della Xylella in piante di olivo sane non ha portato a riscontrare gli stessi sintomi del disseccamento, questo ha dimostrato come la patogenicità al momento non è dimostrata per l’ulivo e ancora da dimostrare scientificamente. Ovviamente credo che l’EFSA, se farà uno studio serio, si avvarrà di questo studio scientifico nella redazione delle proprie indicazioni precauzionali.”

Come vi dicevo sopra, parliamo di centinaia di migliaia di piante (non solo ulivi, ma anche mandorli, oleandri, querce etc!), di un giro di soldi di milioni di euro che l’Europa dovrebbe elargirci, e di delibere che richiedono di bypassare le leggi regionali che proibiscono il taglio di olivi monumentali; di convegni itineranti nei quali si terrorizzano i contadini della zona e ovviamente di un crollo verticale dell’esportazione del prezioso “oro giallo” pugliese.

Si mormora (riporto quello che ho letto in giro, da approfondire a piacere) che alcune multinazionali (devo fare il nome?!) avrebbero già pronte sementi geneticamente modificate resistenti alla Xylella.

scandriglia — olivi
(Olivi sabini — scatto fotografico di Andrea Massimiani)

Non potrei essere più d’accordo con quello che scrive Forum ambiente salute su questa pagina (leggete soprattutto i commenti!): “Il vero problema principale e precedente da risolvere è l’uso della chimica nell’olivicoltura che va risolto imponendo la conduzione dell’oliveto all’insegna delle filosofie del biologico e delle buone pratiche agricole. Ed oggi, invece, si voleva persino aggiungere chimica a chimica (quando una delle potenziali cause che può rendere un agente da endofito e innocuo a patogeno è proprio lo stress chimico!).”

Di questa situazione, che ha visto convegni, dubbi atroci, potete avere un’idea più precisa ascoltando questa trasmissione (tenete conto che dura circa un’ora e un quarto) su Mondoradio del 26 novembre scorso.

Vi linko anche un un video (un po’ scoraggiante, in verità, ma molto interessante soprattutto quando parla Zaccagnini, ad esempio quando parla dell’uso dell’erbicida glifosate e del conseguente indebolimento del sistema immunitario delle piante… ditemi voi che vi sembra — dura più o meno mezz’ora) di mercoledì scorso della webtv della Camera dei deputati con l’audizione informale in merito al problema di Fabrizio Nardoni, l’assessore alle Risorse agroalimentari della Regione Puglia.

Le proteste, e questa è una notizia di due o tre giorni fa, sono sfociate in una diffida alle istituzioni europee, ministeriali, regionali, locali e sanitarie (tra cui Commissione fitosanitaria Ue, Commissario Agricoltura Ue, Commissario Salute Ue, Presidente commissione agricoltura Parlamento europeo, European Food Safety Authority, Ministro Agricoltura del governo italiano, assessore agricoltura della Regione Puglia e Osservatorio fitosanitario Bari), nella quale gli enti vengono appunto diffidati da espiantare i vari tipi di alberi interessati, dall’impiegare diserbanti & company, e dall’impiantare sul territorio colture “resistenti” alla Xylella, ibridi, OGM o biotech che siano.

Si invitano gli enti a bloccare i finanziamenti pubblici eventualmente già stanziati per l’eradicazione delle piante e a “risanare i terreni olivetati contaminati da troppa agrochimica industriale attraverso l’applicazione dei principi dell’agro-ecologia e le filosofie dell’agricoltura biologica, fondate sull’incremento della biodiversità”.

Non so. Anche voi, come me, vedete una similitudine tra questo modo di affrontare i problemi dell’agricoltura e quello con il quale di solito vengono affrontati quelli della nostra salute? Paura e tabula rasa. E chi s’è visto s’è visto.