Eccovi il secondo formaggio del mitico affinatore che abbiamo conosciuto la volta scorsa. Questo formaggio semigrasso (quando è maturo il grasso oscilla tra il 33 e il 37%) bresciano ha ottenuto la Dop nell’aprile del 2012, dopo ben 10 anni di attesa di una risposta da Bruxelles.
Il merito del suo successo, come potete leggere su questo articolo di Stefano dell’epoca, va ovviamente, tanto per cominciare, al fatto che in estate le mucche dalle quali proviene il latte per produrlo pascolano in alpeggio, alle serietà con la quale viene stagionato da Silvio Zanini, di cui vi ho parlato (e che vi ho fatto vedere in un bel video) la volta scorsa, e all’uso dello zafferano nella caseificazione (che pare sia stato introdotto su richiesta dei mercanti di Venezia, che portavano le spezie in alpe e ritiravano i formaggi, opportunamente speziati).
Questa che vi mostro in particolare è la versione invernale del Nostrano Valtrompia d’alpeggio, e quindi di fondo valle: durante la stagione fredda le vacche sono in stalla e vengono alimentate a foraggio con piccole integrazioni vegetali.
Questo cacio ha una pasta di un colore giallo paglierino un po’ più chiaro rispetto al fratello estivo, che diventa però più scuro man mano che stagiona. È leggermente più delicato, ha una pasta dura ma non granulosa, anche qui si avverte l’erba, ma si avverte anche un sentore di frutta secca, e, ovviamente, di zafferano. Si mormora sia perfetto abbinato a confetture di frutta e di ortaggi. Lo potete vedere nella sua interezza (può pesare dagli 8 ai 18 chili) in questa pagina, dove c’è anche la foto del fratello assolato.
Come viene prodotto lo ha spiegato benissimo Elisa nel suo post di qualche settimana fa. Il procedimento è simile a quello del parmigiano: il latte della mattina, appena munto, viene versato in una caldaia di rame e tenuto a una temperatura di circa 38°C; a questo viene aggiunto il latte della sera prima, sul quale è affiorata la panna, che è stata tolta per fare il burro. Si aggiunge anche dello zafferano, si mescola tutto per bene e poi si mette sul fuoco fino a raggiungere 50°C.
Dopo il riposo si rompe “a chicco di riso” la cagliata che si è formata; questa viene poi tirata su con un telo e messa nelle fascere, poi viene rivoltata e salata a secco, dopo di che comincia il processo di stagionatura di cui vi ho parlato la volta scorsa, all’inizio del quale la forma di formaggio viene oliata con olio di lino, motivo per cui conviene sempre raschiare leggermente la crosta di questo formaggio prima di tagliarlo, per evitare di portare nella pasta l’olio che facilmente irrancidisce con il calore.
La preparazione che vi propongo stavolta l’ho trovata qui e l’ho un po’ modificata; innanzitutto devo dirvi che le zucche *non* sono tutte uguali, e in particolare per mia personale esperienza si dividono in farinose e acquose, e ognuno di questi due tipi è adatto per una ricetta piuttosto che per un’altra. Per queste crocchette, come per tutto ciò che è polpettoso o gnoccoso e insomma che deve aggregarsi, ci vuole una zucca asciutta e un po’ farinosa (dove “farinosa” non è un termine spregiativo ma semplicemente indica la texture della zucca!). Io ho usato la zucca Hokkaido (ottima!) che potete vedere nella foto di apertura del post di PortaNatura.
Rispetto alla ricetta di partenza non ho usato il parmigiano e ho aggiunto all’impasto 50 grammi di molliche di pane secco (ho frullato il pane nel tritatutto e invece di una polvere fina fina come il pangrattato ho ottenuto un mucchietto di molliche, un po’ tipo il panko giapponese, che non ho mai visto dal vivo, ma del quale ho sentito spesso parlare, solo che quello è fatto con la parte bianca del pane in cassetta e io invece l’ho fatto con una cafonissima fetta di pane semintegrale a pasta madre fatto in casa, crosta compresa :-D
Il risultato è stato crocchette croccanti fuori, anche se sono cotte al forno e non fritte, e morbide dentro, una delizia (che come al solito potete andare a guardare qui da Stefano), esaltata dal formaggio e dall’erba cipollina che in questo piatto è indispensabile (se non l’avete metteteci timo, origano *fresco*, prezzemolo, o un’altra erba aromatica o una spezia che faccia contrasto con la zucca e bilanci con una nota alta il Nostrano Valtrompia).
Ultima nota, prima che mi facciate la solita domanda: “sì ma dove lo comproooo!!!”; come vi accennavo la volta scorsa, prossimamente Stefano aprirà sul suo sito un’area dove potrete acquistare i formaggi di cui parliamo; non ci saranno ricarichi, semplicemente ognuno dei produttori darà una piccola cifra annuale a Stefano per sostenere la sua attività di editore indipendente (naturalmente i prodotti verranno selezionati dallo stesso Stefano coerentemente con la politica del sito; piccoli produttori rurali, che praticano zootecnia estensiva/rurale, lontani da derive industrialiste: mangimi, fermenti, stabulazione fissa, etc.) questo vuol dire che i prezzi saranno praticamente quelli del produttore… io sto già aspettando davanti al monitor con la faccia impaziente :-)
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