Se ben ricordate nell’ultimo post sulla decrescita, ormai quasi un anno fa, vi parlavo di come sostituire le scatole di plastica, le bustine per congelare, la pellicola di plastica per alimenti (o quasi); e i lunchbox, e pure le bottigliette e le borracce di plastica, e tutti i relativi inquinantissimi accessori.
Ad un certo punto vi accennai anche ai bee’s wraps, che ho bramato dalla prima volta che ho visto. Mi autocito: “fogli di stoffa modellabili, ricoperti di cera d’api, che servono per conservare il cibo, avvolgere perfettamente il panino per l’ufficio o la merenda per la scuola, o semplicemente fungono da coperchi per le ciotole”. Devo dire qualcos’altro? Chi di voi consapevoli non ha mai desiderato una magica soluzione per non dover più comprare la malefica pellicola, con e senza pvc (e pure la famigerata carta argentata), o almeno poterne ridurre drasticamente l’uso?
Stiamo parlando di fogli di stoffa modellabili e riutilizzabili (si possono lavare a mano in acqua fredda), che oltretutto prolungano la vita di qualsiasi cibo ci mettiate dentro perché la cera d’api è antibatterica. Totalmente ecologici e riciclabili perché fatti con materiali completamente naturali. Unico lato negativo, il prezzo un po’ altino (ho guardato su Amazon e un foglio 30×30 costa tra i 30 e i 35 euro tra oggetto e spesa di spedizione).
Ecco perché quando ho inciampato nel post di Mommypotamus – adoro questo nome – che spiegava (già nel 2014!) come farselo in casa ho fatto un salto sulla sedia e nemmeno avevo finito di leggerlo che già stavo comprando online tutto l’occorrente, cosa non facilissima, perché la lista della spesa includeva resina di pino in polvere. Roba da streghe. eh? :-D
E che vogliamo dire della borsa-panino che vedete qui sotto? Vi aggiungo le istruzioni per farla in bundle alla fine della “ricetta”; perché mica vogliamo avvolgere i nostri panini consapevoli in un volgare sacchetto di plastica o nel qualsiasi foglio di alluminio (nel mio caso, visto che mi trovavo, pane tanticereali di Santi al formaggio e insalata, con una generosa spalmata di senape fatta in casa :-D)?
Questa però tenete conto che se ci volete girare in estate la dovete mettere in una borsetta frigo, perché sempre di cera stiamo parlando. Non si scioglie, quello no, ma diventa un po’ untuosa giustamente. Vabbeh ma in estate qualsiasi cibo portiate in giro, anche se solo per un’oretta, a meno che non sia roba secca, è sempre buona norma refrigerarlo.
Insomma se non vi è venuta abbastanza voglia di acquisirlo, comprandolo o facendolo in casa, guardate il video (che si riferisce all’originale bee’s wrap) qui sotto! Vi getto anche un sassolino nell’acqua en passant, così per vedere che ne pensate: visto che questi canovacci non sono facili da trovare e non tutti avranno voglia di farli, soprattutto senza averne prima provato uno, stavo riflettendo sulla possibilità di metterne qualcuno in vendita per i soci del pasto nudo. Potrei inviarlo per posta ai nuovi soci che fanno la tessera in questi mesi e fare in modo che i vecchi soci lo possano comprare su Ammuìna. Mo’ ci rifletto!!!
Orbene. Fondamentalmente tutto ciò di cui avete bisogno per farvi in casa questa meraviglia è un ritaglio di cotone molto sottile, cera d’api, olio di jojoba, la polvere di resina di pino di cui sopra, un forno, e un minimo, ma veramente minimo, di manualità. Sembra facile? Ve lo complico, se no non sareste sul pasto nudo 3:-)
Esaminiamo gli “ingredienti” uno per uno
In un mondo perfetto dovreste utilizzare cotone organico, visto che quello convenzionale è sbiancato, trattato con pesticidi e quant’altro e spesso se viene dagli States è pure OGM. Io ho usato vecchie lenzuola (alcune proprio antiche) sia di cotone che di lino, visto che sono vent’anni ormai che non usiamo detersivi e ammorbidenti industriali (questi ultimi sostituiti da acido citrico o aceto), quindi *molto probabilmente* non OGM, anche se alcune probabilmente sbiancate (ai tempi).
Attenzione alla cera d’api: di apicoltura consapevole ve ne ho parlato qui e qui; come scrissi nei post in questione la cera, come il miele, può essere fortemente contaminata con pesticidi e quant’altro. Io ho usato dei fogli di cera che avevo da millenni, ma i prossimi li andrò a elemosinare (a pagamento) da quelli fatti in proprio da qualche apicoltore consapevole (Ignazio mettiti una mano sulla coscienza), che di solito giustamente se li tengono cari cari per se stessi.
Il problema con i fogli di cera è che è molto complicato (o almeno lungo) ridurli in polvere o in pezzettini; ho visto su Amazon anche della cera bio in gocce (sbiancata) proveniente dall’Inghilterra, in barrette, e una confezione in fogli proveniente dall’Alto Adige (ovviamente la mia preferita :-D).
Per quanto riguarda la scelta dell’olio di jojoba, se ben ricordo i miei studi (da autodidatta!) di cosmetica naturale, dovrebbe essere suggerita perché è l’unico olio che non irrancidisce (il problema più antipatico degli olii vegetali), essendo una vera e propria cera liquida. Poi se ci siano altri motivi non so. Lo trovate anche in una delle nostre botteghe convenzionate (visto che noi soci abbiamo anche lo sconto) che si trova a Ostia, Ecoposteria, di cui presto vi parlerò qui sul blog. Volendo da loro si trova anche la cera d’api bio di cui sopra, su ordinazione però.
Passiamo al punto dolente, la polvere di resina di pino (anche detta pece greca). A quanto pare fuori dall’Italia non è difficilissimo trovarla, ma da noi c’è richiesta solo al limite per la resina a pezzi, che si usa per passarla sul crine dell’archetto degli strumenti ad arco. Ho visto che in tanti fanno questo canovaccio solo con la cera d’api o con cera d’api e jojoba senza polvere di pino, ma a quanto ho capito è indispensabile perché dà al canovaccio il “grip”, in italiano credo si possa tradurre con “aggrappante”. Quella proprietà, in altre parole, che permette al canovaccio di appiccicarsi alla ciotola o a quant’altro con la semplice pressione delle mani.
Quella che ho usato io l’ho trovata su e-bay (controllate sempre se si può pagare con paypal, quella è una garanzia che il venditore è serio); ho preso questa macinata superfine, ma poi mi è arrivata comunque abbastanza grumosa e questo nel primo prototipo mi ha dato un problema di cui vi parlo più avanti.
Qualche dritta sul procedimento
Fare questo canovaccio è molto facile; direi che la parte più complicata è trovare gli ingredienti! Nondimeno, con alcuni accorgimenti extra diventa una passeggiata. Per esempio, per la prima prova che ho fatto ho seguito quello che diceva Mommypotamus, cioè mescolare cera (grattugiata), pece greca (cioè la polvere di resina di pino) e olio di jojoba tutti insieme e poi distribuirli sul canovaccio prima di infornare.
In questo modo ho incontrato vari ostacoli. Intanto ho dovuto modellare un panetto rettangolare di cera, perché i fogli non si potevano grattugiare; poi anche lasciandolo una notte in frigo, quando sono andata a grattugiarlo tendeva a fondere sulla grattugia e poi quello che veniva fuori dalla grattugia era più un grumo filamentoso che una polvere. Quando poi sono andata a mescolare cera grattugiata, polvere di pino e olio ovviamente è venuto fuori un disastro. Sono riuscita comunque a spargerlo sul canovaccio, ma ero sicura che esistesse un modo migliore per farlo!
Secondo ostacolo, come vi dicevo sopra la polvere di resina di pino non era così fine come c’era scritto sul pacchetto, e quindi quando l’ho mescolata al resto e ho sparso la miscela sul canovaccio prima di infornarlo (per sciogliere il tutto) i grumetti (erano proprio delle pietrine) hanno formato delle goccioline di resina a rilievo sul panno che non si riuscivano a stendere con il pennello (il risultato lo vedete nel prototipo qui sotto, dopo che avevo staccato le gocce con un coltellino).
Terzo problema, mescolare l’olio di jojoba al resto è utopico: non si può pensare di unire olio e polveri (grumose) e ottenere qualcosa che si possa distribuire uniformemente su una superficie piatta.
Alla fine ho risolto come vedete nella foto sotto: ho tagliato a pezzettini la cera in fogli e l’ho distribuita meticolosamente (ehm) sulla stoffa; ho frullato la resina per renderla più polverosa e poi l’ho passata con un colino prima di spargerla, come se fosse stato zucchero a velo.
Con la resina bisogna fare un po’ di attenzione perché non è commestibile e anzi per alcuni può essere un po’ irritante per la pelle, quindi non va respirata. L’olio di jojoba (su suggerimento di zac) l’ho messo in uno spruzzino e l’ho spruzzato uniformemente sul tutto.
Non pensate di pulire gli strumenti che userete (tipo il frullatore se lo userete per polverizzare ulteriormente la resina) con l’acqua bollente, perché non funziona; ve lo dico per averci incautamente provato, sob. Per togliere i residui di resina (anche dal pennello) funziona molto bene prima aceto e poi sapone per i piatti.
Bene, mi sembra di avervi detto tutto; prima però che mi chiediate come si conserva in cucina vi dico che ho letto che molti li tengono stesi tra i taglieri di legno (così rimangono belli piatti e pronti per l’uso), oppure arrotolati (non strettamente!) in piedi in un contenitore alto, come una brocca, un secchiello o un vaso da fiori.
Ovviamente potete benissimo riporli anche in un cassetto della cucina, ma nella stagione calda conviene comunque che li intervalliate con un tovagliolo o uno strofinaccio pulito per evitare che si attacchino tra loro (in inverno non c’è problema). Bene! Vi lascio finalmente al procedimento, al pastonudistico grido di GO GREEN! :-D
Ingredienti:
1 quadrato di cotone di 30 centimetri di lato
20 grammi di cera d’api (meglio in gocce)
10 grammi di polvere di resina di pino
10 grammi di olio di jojoba
Per prima cosa cercate una teglia piatta abbastanza grande per contenere il vostro quadrato di stoffa ben steso, piatto piatto. Se non ce l’avete potete crearne una di fortuna con la carta di alluminio, come ho fatto io (la vedete nelle foto sopra, non ho fatto altro che sovrapporre due fogli di alluminio e rialzare i bordi).
Stendete sulla teglia un foglio di carta forno e adagiateci sopra il vostro telo di cotone, possibilmente ben stirato (non come il mio che era tutto una piega). Ricordate che deve essere stato lavato senza ammorbidenti industriali e altre amenità (l’ammorbidente oltre ad avere un odore terribile crea una patina di silicone sui tessuti).
Preriscaldate il forno a 100°C in modalità statica.
Spargete le gocce di cera in modo più uniforme possibile (o grattugiate il panetto di cera, o — se avete cinque pianeti in vergine — tagliate il foglio di cera a pezzettini maniacalmente piccoli), spolverateci sopra la polvere di resina di pino passandola attraverso un colino come se fosse zucchero a velo e poi spruzzate su tutta la superficie l’olio di jojoba.
Infornate per 5 o 6 minuti, poi tirate fuori dal forno molto velocemente (la cera solidifica in un batter d’occhio) l’ambaradan e con il pennello spargete bene la cera in modo che sia uniforme dappertutto, facendo particolare attenzione ai bordi, che dovranno essere quelli che devono appiccicarsi tra loro quando chiuderete i pacchettini o che dovranno aggrapparsi alle ciotole quando le coprirete per metterle via.
Rimettete in forno per un paio di minuti scarsi, poi tirate fuori il tutto e con due dita o due pinzette sollevate delicatamente il telo staccandolo dalla carta forno e tenetelo così all’aria per qualche secondo. In meno di un minuto il telo prenderà consistenza e dopo due o tre minuti sarà praticamente asciutto, anche se ancora un po’ appiccicoso (ci vorrà qualche ora perché perda lo “stickiness”.
Potete lasciarlo asciugare bene appeso per le punte sul filo dei panni oppure anche appoggiato sullo schienale di una sedia, tanto trascorsi i primi minuti non cola e non appiccica (se avete rispettato le dosi che vi ho indicato!).
Trascorsa un’oretta siete pronti per giocarci come vi pare e avvolgerci ciò che volete! Si può addirittura usare per conservare il cibo in freezer, ma ho letto che è meglio non superare il mese di permanenza nel permafrost, non ho capito bene perché.
Passiamo alla realizzazione del pacchettino porta-pranzo, facilissimo: dovete solo piegare uno di questi canovacci cerati in tre parti (io ne ho usato uno 30×30), piegare le due alette che si formano sui lati e cucirci i bottoni. Più facile a farlo che a dirlo (si capisce già benissimo dalla foto comunque) :-)
p.s.: ovviamente immagino che nulla ci vieti di colorare a nostro piacimento i tessuti che usate con curcuma o altre colorazioni naturali (ho trovato una pagian interessante a questo proposito qui); tenete però conto che se usate cera non sbiancata come ho fatto io (ma proverò anche con quella sbiancata, devo solo prima capire come lo fanno) qualsiasi colore usiate prenderà una tonalità giallastra, quindi meglio gialli o al limite rossi, perché blu e verdi diventano marrone scuro. da parte mia ci proverò e vi aggiornerò sui risultati.
Sono anni che volevo provarci e sono felice che ci sia riuscita tu! Brava!!
@kosenrufu mama: Se lo fai fammelo sapere, sono curiosa! Io mi sto trovando benissimo :-)
Una cosa fantastica! Ma funziona anche per conservare il pane fatto in casa?
@Anna Boiardi: sì certo! Per il pane è perfetto! :-)
dai che interessante non vedo l’ora di acquistarne uno su ammuina!