Dopo tutte le chiacchiere che abbiamo fatto in questi giorni sul nuovo libro del prof, sugli ingredienti della cioccolata, sulla vita dei pastori e delle loro greggi e su un altro formaggio speciale che viene ovviamente da persone speciali (avete notato che i prodotti alimentari somigliano a chi li produce?) almeno una ricetta per chiudere la settimana ci vuole, no?!
Ve lo ricordate, tanto tempo fa, quando cominciai a lamentarmi che non riuscivo a postare ricette perché c’erano troppe cose da raccontare nelle rubriche? Beh era nulla rispetto ad ora!! Bazzecole!! La mia sezione delle bozze da completare assomiglia sempre di più ai miei bookmark. Aiutoooooo!
Ho pensato che fosse proprio l’ora di mostrarvi un’altra di quelle due o tre ricette del pastonudolibro che ancora non sono riuscita a pubblicare. Anche perché la settimana scorsa l’ho rifatta e non smettevo di complimentarmi mentalmente con il mitico chef che ben sapete, perché è veramente semplice da preparare, veloce e decisamente appetitosa :-P Avevo sottomano ancora un pezzetto di uno dei formaggi che ho ricevuto in regalo dall’azienda agricola Zoff di cui vi ho già parlato nel post del creamcheese, e devo dire che anche se aveva un sapore molto delicato ci stava come il cacio sulla… polentina (nella fattispecie ho usato la caciotta ricoperta di menta).
Ho trovato due piccoli errori sul libro anche qui, e vi prometto che a brevissimo inserirò la pagina dell’errata corrige, in modo da avere un riferimento per tutte le pennellature che mi verranno in mente (e che, se mi conoscete, saranno sicuramente infinite). In particolare in questa ricetta mi è sfuggito un pomodoro negli ingredienti e nel procedimento che assolutamente non ci andava, dato che il libro come sapete è diviso in stagioni e questa ricetta si trova tra quelle invernali. Oltretutto mi sono pure dimenticata di inserire il Parmigiano Reggiano negli ingredienti! A parziale scusa del primo dei due bug c’è il fatto che questi gnocchi li abbiamo cucinati (io e lo chef) in piena estate, quindi il pomodoro in quel momento c’era e si è intrufolato nella foto (e negli ingredienti, sgrunt!) a nostra insaputa.
Adesso vi dico pure i punti di forza di questa polentina, però! Mica solo i difetti! Intanto abbiamo usato il farro, che come sapete è il più antico frumento di cui l’uomo si sia nutrito. Ne esistono tre varietà: monococco, dicocco e spelta. È lenitivo per la mucosa dello stomaco e dell’intestino, rispetto al frumento è meno biodisponibile e rilascia gli zuccheri più lentamente (cosa positiva!); è meno glutinico e quindi più digeribile, e ormai si trova abbastanza facilmente in commercio.
Non ci siamo però limitati ad usarlo in semplici chicchi e neanche in forma farinosa, bensì ridotto in una specie di sfarinato granuloso, una farina grossolana che cuoce in cinque minuti, con la quale abbiamo preparato una specie di polenta morbida. Questo piatto lo preparavano i nostri antichi antenati Romani e lo chiamavano appunto “puls”.
La cosa bella è che fa parte della schiera dei piatti salvavita (e salvatempo) che può essere preparato in precedenza, rifinito al volo e infornato all’ultimo momento, quindi è assolutamente ottimo per le mamme che lavorano, o quando magari si hanno ospiti a cena e un sacco di cose da fare (cioè sempre).
Prima di lasciarvi con la ricetta però devo aprire una nutrita parentesi per ringraziare quelle sante donne (e pure un santo uomo) che allo scoccare del 15 marzo hanno cominciato a spargere (o forse dovrei dire accompagnare?) a Milano ricette fuggite dal pastonudolibro. Grazie di cuore Alessandro, Camilla, Clelia, Eliana (e grazie anche a Diana per averci provato!), e grazie davvero anche a Laura e Paola e tutte il mitico staff di Equomercato che erano a fà la cosa giusta e hanno distribuito regalini pastonudosi a chi ha trovato le ricette orfane e le ha riportate dal loro papà (il pastonudolibro). E ovviamente grazie a Francesca aka the Vulcan che ha ideato e coordinato il tutto 8-)
Se invece non c’eravate e volete dare uno sguardo a quello che è successo potete sbirciare qui su Pinterest oppure lì, su Statigram.
Ingredienti:
100 grammi di farinata di farro
una carota
mezza cipolla
una costa di sedano
qualche gambo di prezzemolo
1 noce di burro
olio extravergine d’oliva
sale marino integrale
80 grammi di formaggio semigrasso d’Alpe
qualche cucchiaio di Parmigiano Reggiano
Per prima cosa rivestite una leccarda di carta forno e spennellatela con un po’ d’olio. Tagliate il formaggio a fettine dello spessore di circa mezzo centimetro, mettetene da parte la metà e riducete l’altra metà a cubetti.
Preparate il brodo: lavate la carota, il sedano, la cipolla e i gambi di prezzemolo, puliteli e tagliateli a grossi pezzi e metteteli in tre quarti di litro di acqua fredda a fuoco basso. Lasciate bollire fino a quando il brodo non avrà un ottimo profumo. Versate la farinata in una pentola e copritela con il brodo bollente di circa un centimetro. Lasciate cuocere fino a quando tutta l’acqua non sarà stata assorbita (mescolando continuamente come una polenta).
A fuoco spento aggiungete il burro, il sale, il Parmigiano e i cubetti di formaggio e mescolate bene. Versate il composto sulla leccarda rivestita di carta forno, spalmatelo in uno strato alto un paio di centimetri, e livellate bene con una spatola umida. Ritagliate subito con un coppapasta del diametro di 7 centimetri dei dischi di polenta nell’impasto (senza sollevarli, dovete solo lasciare l’impronta), poi aspettate che il tutto raffreddi, coprite con una pellicola e trasferite in frigo per almeno 4-5 ore.
Trascorso questo tempo, prendete gli gnocchi, adagiateli su una teglia (o lasciateli sulla leccarda), ricopriteli con le fette di formaggio e infornateli a 220°C per una decina di minuti o fino a quando non si formerà una bella crosta dorata. Servite ben caldi, accompagnati da una verdura di stagione (ehm), cruda o saltata in padella velocemente.
Con i ritagli di polentina avanzati potete fare un pasticcio alternando strati di polenta, formaggio, sugo o altri avanzi in generale. Di solito la polenta pasticciata è ancora più buona dell’originale.
Quindi il farro si può mangiare in caso di alimentazione a ridotto consumo di frumento ? e le differenze tra i vari tipi ? mi “suggerisci” dove leggere se hai già pubblicato qualcosa in merito ? grazie.
Eccoli, i famosi gnocchi di cui ti avevo chiesto del puls!
Vado a riguardarmi la ricetta, ora che è primavera ma fa ancora un freddo ‘cane’!!
Ho la farina sia di monococco che di dicocco, ma è farina. Posso farli lo stesso? Al massimo verranno più gnoccosi che polentosi, o no? Nel caso con quale delle due farine me li consiglieresti? Grazie
grazie per la ricetta che vorrei tentare con del fauxmaggio! Una domanda: ho solo accesso al farro in chicchi, fiocchi o farina. Partendo dai chicchi, li potrei macinare per farne la farinata? Ogni tanto lo faccio con altri chicchi, tipo grano saraceno, potrebbe funzionare? Oppure come Rossella partire dalla farina? grazie mille!
sì hai ragione, la polenta pasticciata è quasi sempre più buona dell’originale, anche perchè di solito il magico mix che fa cucù dal frigorifero regala sempre grandi emozioni: io sono una grandissima fan del piatto di recupero, che sono stata allevata con il concetto del “non si butta via niente, tutto è modificabile”.
Mi unisco al coro: farinata in che senso? devo macinare il farro in chicchi o basta la farina?
La puls sarebbe la parte più interna delle chicco del farro ed è il motivo per il quale si cucina più velocemente e diventa una polentina morbida e ottima anche i giorni successivi alla cottura. il farricello invece sarebbe la parte più esterna, ricca di fibre e adatta per lo più come addensante per zuppe e minestroni, si può anche mangiare come polenta ma ovviamente risulta meno delicata.