Quest’oggi vi presento il terzo formaggio di Silvio Zanini, l’affinatore di cui vi ho già parlato qui e qui, e del quale potete leggere anche da Sara, sul mitico qualcosadirosso, qui :-)
trevalli formagella semidura
Questo meraviglioso cacio brado, a differenza di quelli che vi ho presentato finora (a latte semigrasso) è fatto con latte intero vaccino; ha una pasta decisamente gialla e compatta, indizio, come spesso vi ho raccontato, che le vacche hanno pascolato all’aperto (il giallo è il colore del betacarotene).
Come il fratellino di cui vi ho già parlato, viene unto in superficie con olio di lino, che ovviamente tende a ossidarsi; per questo motivo gli intenditori di solito raschiano via l’oliatura prima di affettare. Viene prodotto con il latte delle mucche che hanno pascolato a media quota in estate (e infatti sprigiona un meraviglioso profumo di erba fresca), lavorato sul fuoco a legna, e stagionato 80-90 giorni.

Tempo fa nei miei giri strani in rete ero incappata in questa bella ricetta valdostana: È una specie di zuppa, piuttosto simile alla zuppa cuata sarda, secondo me, che come ho letto sul blog che vi ho linkato sopra, è anche detta “vapellenentse”, ed è tipica della Valle del Gran San Bernardo, ma in altre valli si chiama anche “zuppa gressonara” o, in dialetto, “bròseppò met der kòlò”.

Io l’avrei chiamata “Zuppa di ispirazione valdostana con cavolo nero e Formagella di Collio”, ma Stefano giustamente (che per caso sono stata un po’ prolissa?) l’ha dovuta abbreviare come “Zuppa alla valdostana con cavolo nero e Formagella di Collio”. Spero di non incontrare le ire dei valdostani, ché l’ho cambiata un bel po’ rispetto a quella tradizionale o.O
Visto che la ricetta chiamava un pane nero, ho colto l’occasione per reintepretarla con una pagnotta di segale molto particolare (prodotto del Parco Naturale Alta Valsesia) che mi aveva mandato il Mauro che già conoscete, e un bel cavolo nero, del quale apprezzo molto la personalità, al posto del cavolo cappuccio.
pane di segale a pasta madre
Sull’incarto c’era questa bellissima frase, firmata da una certa Caterina Gromis di Trana, che diceva tutto sul suo contenuto: “Mentre le campane e il rumore del torrente scandiscono il passare del tempo nel piccolo paese di Frobello, nell’alta Valsesia, il panettiere controlla e indirizza le attività frenetiche degli invisibili esseri che si moltiplicano in un pugno di acqua e farina. Gli sono richiesti fiuto, mestiere ed esperienza. Conta l’attenzione alle cose normali: l’aria e l’acqua, il sole e la pioggia. Il mestiere diventa una speciale alchimia che si compie in modo sempre diverso, guidata dal buon auspicio di una giornata di sole e vento, dall’aria elettrica di un temporale estivo, dalla pioggia battente di primavera, o dalla prima neve che cade leggera come farina e si chiama in dialetto Vulaiga, che è anche il nome scelto da Eugenio per il suo laboratorio del pane.”
Ho trovato in rete anche una vera e propria intervista al genio che ha creato questa meraviglia, che si chiama Eugenio Pol, ed è definito dall’autore del post: “ex chimico, ex ristoratore, un po’ filosofo, grande appassionato di jazz” :-)
Col senno di poi, vale a dire dopo l’assaggio, devo dire che ci ho azzeccato assolutamente; si vede che le valli vanno d’accordo tra di loro :-D Ho provato a rifare questa ricetta anche con un “normale” pane di farina di frumento antico, ma ci perde moltissimo. Non dico di andarvi a cercare questo pane in particolare (a meno che non abitiate nei dintorni, eheh), ma cercate (o preparate) un pane di segale se la rifate, non c’è paragone.
trevalli formagella semidura
In questa preparazione il pane andrebbe fritto leggermente in una padella di ferro con un po’ d’olio extravergine d’oliva. Se provate a cucinare questa pseudo-zuppa, fate attenzione a non far scurire troppo il pane in cottura, deve essere solo leggermente dorato, per non far formare l’acrilammide, molto nociva alla salute, che si crea facilmente con la combinazione olio-carboidrati-alta temperatura, e che è tanto più presente quanto più si scurisce il pane. Trovate un post molto interessante sull’argomento sul bel blog di Arianna (ci tengo a sottolineare… pastonudista convinta!) :-)
Trovate come sempre la ricetta sul bel sito di Stefano, eccovi il link; non mi resta che augurarvi un buonissimo inizio d’anno, consapevolezza come se non ci fosse un domani, e di rimanere collegati al pasto nudo perché stiamo preparando varie sorprese carine per soci e lettori tutti. Io intanto vado in cucina!