Sì, questa latteria l’avevate già incontrata qui nei caci bradi. Ne parlammo giusto giusto un paio d’anni fa, quando vi presentai il Formai de Mut e lo Stracchino all’antica, per la gioia di Francesca che se ben ricordate abita proprio a due passi da loro, e infatti li frequenta ampiamente.
Ultimamente l’inarrestabile Stefano che ormai ben conoscete ci ha omaggiate di altri tre nuovi gioiellini selezionati da quest’antica azienda molto interessante, in piene Alpi Orobie, in provincia di Bergamo. Il primo che vi presento è questo incredibile presidio Slow Food, un formaggetto piccolo piccolo ma molto significativo, prodotto tutto l’anno con il latte di vacche Brune Alpine e di Pezzate Rosse nella vallata di Valtorta, un piccolo centro della val Brembana che conta tipo 300 abitanti.
Vi cito la pagina di Slow food per farvi entrare nell’atmosfera perfetta per descrivere il contesto: “Un tempo, quando da Valtorta i collegamenti con il fondovalle erano tutt’altro che agevoli, le donne di Valtorta impastavano quella che veniva chiamata “pasta di agro” e la portavano a piedi sui sentieri della montagna dentro gerle e fagotti fino alla vicina Valsassina dove si lavoravano poi i formaggi.”
L’Agrì è un formaggio che ha bisogno di ben tre giorni di lavorazione. Al latte crudo viene aggiunto un po’ di caglio e un po’ di siero acido derivato dalla precedente lavorazione, poi si fa riposare in un bacile ricoperto da un telo. Trascorse 24 ore il formaggio viene messo a colare in un telo di lino per un’altra intera giornata, poi il terzo e ultimo giorno lo passa tutto il tempo in fuscelle come quelle della ricotta. A questo punto la cagliata, che ormai è molto acida, si impasta con un po’ di sale e si formano manualmente (e ci vuole una grande manualità da parte del casaro) dei cilindretti da 50 grammi, di tre centimetri di diametro, che si mettono ad asciugare per qualche giorno ancora.
Il sapore è molto aromatico e fresco e l’interno è compatto e non deve avere “occhiature”, cioè bollicine d’aria. Il formaggio fresco come vedete non ha praticamente una vera e propria crosta, che si forma solo durante la stagionatura, assumendo un colore che può variare dal giallo al grigio.
Ecco. Non smetterò mai di dirvi quanto sia importante acquistare i formaggi direttamente dai piccoli produttori (e, come in questo caso, dalle Latterie che li rappresentano e danno loro la possibilità di vendere) invece che nei supermercati.
Anche volendo trascurare completamente il discorso del sapore e della genuinità, che non è trascurabile per nulla, acquistando queste meraviglie aiutate a sopravvivere i 12 (!) piccoli allevatori locali, che posseggono ognuno 10 o 12 vacche. Io comprerei da loro anche solo per questo motivo. Acquistare il cibo (e non solo quello), non mi stancherò mai di dirlo, è un gesto che ha una valenza importantissima, economica e sociale; ognuno di noi nel suo piccolo può fare tantissimo per migliorare le cose, questa è quella che considero la vera politica dal basso, la politica siamo, dobbiamo e possiamo essere *noi*.
Come spesso è accaduto nella storia di questa rubrica non me la sono sentita di mettere al fuoco questa meraviglia, così mi sono ricordata di una ricettina che aveva postato su Facebook la mia amica nutrizionista Arianna (conoscete il suo splendido sito, vero??! Vi consiglio caldamente di farci un giretto approfondito): trattavasi di un’insolito piatto unico a base di quinoa, formaggio, fragole e mandorle. L’ho un po’ adattato all’Agrì ma sostanzialmente rispecchia molto l’idea originale della sua creatrice. andate a guardare la ricetta qui da Stefano e ditemi se non è appetitosa (e fresca, che oggi non guasta ci saranno tipo 30 gradi all’ombra!!!).
Che ve lo dico a fare che l’accoppiamento frutta-formaggio è quanto di più riuscito esista nel mondo alimentare? E mica solo dal punto di vista del sapore, anche e soprattutto da quello della salute! :-) Se mangiate formaggio, carne o altre proteine, accoppiate sempre un po’ di frutta o verdura cruda, ricordando che queste ultime devono essere molto più abbondanti delle proteine (tu che dici Arianna?).
Ho usato un millefiori di borragine, castagno e ippocastano di un piccolo produttore di cui presto vi parlerò, sale di Maldon (l’ho già detto che adoro quel sale? Lo so non è a chilometro zero, ma che voi sappiate il sale in fiocchi esiste da noi? Se lo trovo italiano ben venga!) e il mio amato timo serpillo che coltivo sul balcone.
Vi lascio che in questo periodo ho un sacco di lavoro. Non vedo l’ora di riposare le stanche membra in riva al mare, su una certa isola magica e taumaturgica del mio cuore! Tanto vi romperò le scatole anche da lì, che credete! Mica vi liberate dalla izn così facilmente ehhhh!! >:-)
adoro l’agrì! volo a provare la ricettina :D