Nella stagione fredda, quando la luce del giorno è fioca e dura poche ore e si ha voglia di stare a casa con i propri cari (o i propri gatti) c’è un piatto che preparo spesso, che non fa bene solo al corpo ma nutre anche e soprattutto lo spirito; a proposito del discorso sulla calma che vi facevo l’altro giorno.
Sto parlando proprio di quello che leggete nel titolo, il brodo fatto con gli ossi (ho scoperto da poco che le ossa sono quelle umane, per gli animali si parla di ossi, meglio distinguere in cucina, a meno che non siate dei seguaci di Hannibal). Scommetto che non avete nemmeno lontanamente idea, andando ad approfondire, di quanto materiale ci sia in rete su questa preparazione, di quanto sia antica, della mole di proprietà che ha, di quante variabili ne esistano.
La prima fonte di preziose informazioni nella quale sono inciampata è stata il blog di Francesco, nel 2013, ma devo ammettere che ci sono arrivata già da utente avanzato di brodi di ossi, perché una delle cose che la mia mamma mi mandava a comprare da piccola era proprio la carne per il brodo con l’osso di ginocchio in aggiunta (“digli di ginocchio mi raccomando!!!” :-D)
Francesco spiegava già allora quanto fosse difficile recuperare quest’uso visto che nei banchi frigo del supermercato non è che si trovano facilmente tagli diversi da fettine, macinato, bistecche, quando va bene ossobuchi e trippe molto, molto sbiancate (ci sono ancora?). Il tutto nelle immancabili vaschette di polistirolo. Ma si può?!
E già quello è il livello alto, perché ho visto qualche giorno fa in un Carrefour un agghiacciante brodo di carne in brik di cartone (poi ho visto che negli USA ce ne sono un sacco!!), che fa a gara di tristezza solo con il dadodabrodo (il non-alimento più allitterato della storia). Non voglio nemmeno immaginare con che tipo di animali viene fatta quella roba, poveracci.
In un altro post, dal titolo “Può un brodo di ossa salvare il pianeta?” Francesco addirittura elevava questa preparazione a simbolo dell’anticonsumismo: “Non consumando gli organi interni e le ossa dovremo uccidere più vite ogni volta che vogliamo soddisfare il nostro apporto di nutrienti di origine animale” e nei commenti si ventilava già allora la sensazione di essere “spinti” dall’industria alimentare a un veganesimo distorto (molto differente da quello vero, sereno, equilibrato) allo scopo di farci consumare tanta soia, visto che se ne produce in quantità allucinanti (quasi tutta OGM); parole sue: “Mi sento più vegano io mangiando gli organi interni di un cappone ruspante che uno che mangia la soia credendo di salvare il pianeta, ma in realtà partecipa ad una delle più grandi distruzioni ecologiche mai esistite.”
Ne ha parlato anche il prof qui, qui e qui, ricordate?
Tornando a noi, qui sul pasto nudo vi ho già parlato di brodo, molti anni fa — nel lontano 2009, proprio agli albori del blog — nella versione antifebbre della bioterapia nutrizionale, con il pollo, il peperoncino, il vino rosso e la pastina: beh, le proprietà che elencavo in quel post erano niente rispetto a ciò che sto per raccontarvi.
Anche del brodo con l’osso in verità vi ho raccontato, en passant, nella stracciatella dei poveri, più o meno nello stesso periodo, per dire che c’ho sempre avuto la fissa. Per me stagione fredda uguale brodo, sarà un imprinting d’infanzia, boh.
A quanto pare (nel post di Francesco trovate tutta la bibliografia e i riferimenti del caso) già nella preistoria i nostri antenati si nutrivano dei minerali, dei grassi e degli altri nutrienti degli ossi degli animali catturati; il brodo di ossi veniva usato anche dagli antichi egiziani e persiani come presidio curativo per alcuni malanni, e in Cina e in Giappone, sia per uso interno che esterno, per le perdite di sangue.
Il collagene che le ossa contengono è in grado di “migliorare l’idratazione dei nostri tessuti, il mantenimento e la rigenerazione delle articolazioni, dei tendini e della pelle, insomma di tutti i tessuti connettivi”; di contribuire a rigenerare i tessuti ulcerati, di aumentare la densità delle ossa e addirittura di gestire meglio lo stress. Per chi ha problemi di permeabilità intestinale (per abuso di medicinali, di cibi sbagliati e di… emotività) è una vera e propria mano santa; è in grado di attenuare bruciori di stomaco e proteggere lo stomaco dai sintomi dovuti all’esagerata assunzione di alcool.
E non finisce qui. Alcune componenti della gelatina del brodo di ossi sono di grande aiuto per disintossicare fegato e reni, coniugandosi con alcune sostanze nocive per formare composti che vengono poi eliminati con le urine, e se siete preoccupati per i primi segni di invecchiamento della vostra pelle, sappiate che il brodo di ossi aiuta il ricambio e la generazione dei tessuti e aiuta l’azione del glutatione, un potentissimo antiossidante del nostro organismo (le cui scorte come si sa possono essere consumate invece dalla tachipirina).
Poi ci sono gli effetti benèfici sul sonno, sulla memoria, sull’asma e sull’assimilazione dei minerali, ma insomma a questo punto credo di avervi dato abbastanza motivi per dare agli ossi almeno una chance, facendo oltretutto in modo che non vada sprecata alcuna parte dell’animale che è stato sacrificato per noi, come vi raccontavo un secolo fa).
Passiamo dunque al procedimento per realizzare questa meraviglia confortante e accogliente, a partire dal profumo che si diffonde in casa fino alla meravigliosa sensazione di quando se ne ha una tazza fumante tra le mani. Ovviamente la primissima raccomandazione è: cercate ossi seri, provenienti da animali che hanno avuto una vita degna di questo nome, che abbiano pascolato e siano stati trattati come meritavano. Se non li trovate, lasciate perdere.
Premetto che il brodo di ossi si può fare con gli ossi di praticamente qualsiasi animale (in un commento sul sito di Francesco un tipo parlava di ossi di femori di cervo o.O), e molti li mischiano anche insieme; io preferisco ancora seguire i vecchi consigli della bioterapia nutrizionale che raccomanda di non mischiare cose diverse tra loro (ricordate il bell’articolo di Elena sulla puntiformità dello stimolo?), per cui in questo post vi parlerò di ossi di manzo; voi però sentitevi liberi di spaziare! :-D
Noi prendiamo la materia prima (di solito se compri un po’ di carne te la regalano) da un’allevatore che ha vacche e vitelloni molto vicino a casa — abitare in campagna ha sempre il suo perché, non mi stancherò mai di ripeterlo — e del quale vi parlerò presto; se abitate in città però potete benissimo dedicare due o tre ore del vostro week end per andare dagli allevatori virtuosi che sicuramente esistono nelle zone rurali attorno a voi; sarà il migliore investimento che possiate fare del vostro tempo, e tenete conto che spesso, come nel caso dell’allevatore di cui vi dicevo, è possibile anche mangiare sul posto.
Una volta che sarete diventati gli orgogliosi possessori di un osso di ginocchio, che secondo me è il migliore perché ha sia midollo sia un sacco di cartilagini e nervetti e spesso anche un po’ di carne, potete mettervi all’opera. Ci sono vari modi di estrarre dalle ossa i loro preziosi nutrienti; io a volte aggiungo un pezzetto di carne, di solito quella che si trova nei dintorni delle costole; se volete una roba più precisa, Roberto (come Roberto chi? Roberto lui!) suggerisce punta di petto e spuntature o costato, ginocchio, rotula o osso di rosa, stinco e zampo! E poi ci metto la cipolla steccata con i chiodi di garofano, un po’ di cannella, tanto sedano e qualche carota. A Napoli mi ricordo che il fruttivendolo vendeva “il mazzetto”, un pacchettino di erbe aromatiche e verdure miste per il brodo, legate insieme con un qualche tipo di fibra vegetale.
Potete anche non aggiungere nulla oltre alle ossa a parte qualche cucchiaio di aceto o di limone (la sostanza acida serve per estrarre più minerali e gelatina dagli ossi). Per quanto riguarda il grasso, potete decidere di asportarlo per avere un brodo più digeribile o lasciarlo se volete un effetto lassativo (come scrivevo nel brodo di pollo di cui vi ho parlato sopra).
Se decidete di asportarlo, ho letto che in tanti utilizzano poi questo grasso per cucinare; nel dubbio ho chiesto alla mia amica Arianna se fosse un errore usarlo vista la lunga cottura, e lei mi ha risposto che siccome “il brodo viene cotto a temperature basse, ben lontane da qualsiasi denaturazione del grasso animale” non ci sono problemi.
Mi ha scritto però che è molto importante conservarlo nel modo giusto: va coperto bene, anche in frigorifero, perché il contatto diretto con l’ossigeno determina la proliferazione batterica in microrganismi dipendenti da quest’ultimo, cioè la maggior parte di quelli che causano tossinfezioni.
Ultima dritta: molti arrostiscono gli ossi prima di fare il brodo (a 250°C per un’oretta): ne risulta un sapore più tostato e un brodo più scuro. Io a naso lo sconsiglierei perché credo che a quella temperatura i lipidi si ossidino, anche se in gran parte vengono eliminati perché finiscono sciolti sul fondo della teglia.
Ingredienti:
ossi bovini (meglio di ginocchio)
un pezzo di carne bovina adatta al brodo (opzionale)
acqua pura
sale marino integrale
qualche cucchiaio di aceto di mele
cipolla, sedano e carote
erbe aromatiche a piacere (rosmarino, timo, salvia)
polvere di cannella (opzionale)
chiodi di garofano
grani di pepe nero (opzionale)
La preparazione è facilissima ma lunga! Armatevi di calma e pazienza e via quella mano dalla manopola per alzare la fiamma! Sciacquate gli ossi e poneteli in una pentola adeguata; aggiungete acqua a profusione e qualche cucchiaio di aceto (in un paio di litri d’acqua andranno benissimo tre o quattro cucchiai). Potete aggiungere una cipolla tagliata a metà e steccata, qualche carota e vari gambi di sedano dall’inizio (io di solito faccio così) oppure aspettare e metterli per un’oretta alla fine se volete mangiare anche quelli.
Mettendoli all’inizio rilasceranno più aromi e sostanze al brodo, ma saranno immangiabili a fine cottura; se li mettete alla fine avrete anche le verdure ma il brodo sarà meno saporito.
Coprite, mettete il tutto su fiamma bassissima e dimenticatevelo per almeno 6/8 ore (c’è gente che lo lascia sul fuoco dalle 24 alle 72 ore o.O). L’acqua dovrà appena sobbollire: con una temperatura troppo alta otterrete un brodo peggiore, e non si formerà la gelatina. Se dovete andare a dormire (o uscire) sì, potete spegnere e poi riaccendere il giorno dopo, ma siccome il brodo è un formidabile terreno per le colture batteriche, *non* lo assaggiate se non lo avete prima fatto bollire di nuovo per un po’.
Trascorso il tempo necessario, togliete la pentola dalla fiamma e filtrate il vostro meraviglioso e profumatissimo brodo in modo da eliminare i vegetali sfatti e gli eventuali ossicini (l’aceto disgrega in parte le ossa e le ammorbidisce). Se le ossa hanno ancora midollo all’interno prendetelo con un cucchiaino e mettetelo nel brodo. Da noi non ci arriva mai al brodo perché lo mangiamo subito, insieme ai nervetti e alla carne (ehm).
Fate raffreddare il brodo velocemente mettendo la pentola in un catino (o nel lavello pieno) di acqua fredda, travasatelo in una ciotola di vetro, coprite bene e mettetelo a riposare in frigorifero per una notte. Il giorno dopo dovreste trovarlo separato in due strati: uno inferiore fatto di brodo gelatinoso e uno superiore, più o meno spesso (di solito circa un centimetro) di grasso solido, molto semplice da asportare con un cucchiaio.
A questo punto potete conservare il brodo in frigorifero ben chiuso per due o tre giorni (alcuni dicono anche 8 giorni) — e bollirlo sempre prima di usarlo — oppure congelarlo in cubetti, che poi potete mettere in un vaso in freezer (per il pdf di cui sopra fino ad un massimo di 8 mesi), per aggiungerlo a qualsiasi preparazione vi venga in mente (mi vengono in mente i risotti, ma ce ne sono centinaia :-)
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