Ero una col pollice verso. Le mie povere vittime quando mi vedevano appassivano; le guardavo soffrire impotente, e ogni volta mi tornava in testa il meraviglioso urlo del Nanni Moretti psicotico di Bianca: “HAI TROPPO SOLE, POCO SOLE, COS’È CHE VUOI?!! PIÙ ACQUA, MENO ACQUA, RISPONDIIII!!!!”. E giù dal terrazzo.
Non è solo che ho una madre portatrice di geni assassini per il mondo vegetale, ma anche l’essere partita come tabula rasa, figlia di gente di città (anche se di città marina si tratta), senza nessun appiglio agricolo a parte il fruttivendolo ambulante urlatore. Il quale una volta era il contadino, non l’intermediario. Forse sono stata salvata dalle vacanze estive ciociare.
Poi nel 2008 è arrivato il pasto nudo, e dopo un paio d’anni la rubrica sull’agricUltura, cioè l’agricoltura colta, quella dei contadini disincantati, avulsi dalle sirene dei preparati sintetici che fanno tutto in poco tempo, dei nitrati che gonfiano le piante fino a farle scoppiare, dei pesticidi che bruciano le erbe spontanee “che dànno fastidio”, del nuovo che avanza.
Ho seguìto Giancarlo Cappello e la sua Civiltà dell’Orto quando tutto stava iniziando, qui vicino, a Sacrofano, chiamando a raccolta un drappello di lettori, e documentando mese per mese quello che accadeva, le prime nozioni basilari, spesso sbalorditive (quando uno comincia un discorso con “il primo errore è stato l’aratro” resti così, un attimo basìto), il lavoro che bisognava fare anche quando c’era ben poco da raccogliere, e quando invece poi la natura era esplosa dappertutto.
Intanto il mio balcone esposto a sud si popolava di grandi vasi di coccio pieni di erbe aromatiche, che con mia grande sorpresa, e qualche consiglio rubato a Giancarlo, crescevano rigogliosamente (è pazzesco come bastino pochi accorgimenti per fare la differenza). E vasi di fragole grandi e saporite. E un cappero capriccioso ma, l’ho scoperto questa primavera, abbastanza curioso per risorgere dalle sue ceneri.
Poi ci sono stati gli ulivi salentini, sicuramente sofferenti, non di un casuale “batterio”, come s’è provato (e si sta provando) a far passare, ma di uomo, di cattive pratiche, di presunzione e di veleno. E vi ho messi a parte delle preoccupazioni mie e di persone molto più esperte e illustri di me sullo stato della terra e sul progressivo impoverimento degli ortaggi che mangiamo.
Nel 2015 ho conosciuto Antonella e le sue Spinose, e mi sono convinta che il mondo può farcela sostenendosi in gran parte sul family farming (certo, cambiando giusto qualcosina qua e là, ma in meglio, eh). Ormai sono un paio d’anni che su facebook seguo gruppi preziosissimi che hanno nomi come Erbacce e dintorni, Frutti antichi dei nostri nonni, La cura del suolo, Amici dell’Orto e vari altri, e quando sento dire che i social sono inutili e fanno perdere tempo cado dalle nuvole. Io non ho mai imparato tanto come da quando ho a disposizione la rete.
Tutto questo per dire che a questo punto ne so abbastanza per fare un piccolo passo avanti, e creare dal nulla un piccolo orto dell’associazione (perché non è che posso fare solo chiacchiere tipo “armiamoci e partite”); e siccome ho un terrazzo proprio sopra la mia testa è giunto il momento di popolarlo, e di documentare ogni singolo passo ortaggifero che farò; gli errori, le tragedie, i consigli, i cambi di direzione, cosa è necessario fare e cosa proprio non va.
Vi spiegherò per filo e per segno come coltivare con successo ogni singolo ortaggio e i vari rimedi assolutamente naturali che si possono adottare quando c’è qualche problema (compresa l’accettazione serafica alla Fukuoka) e tutto ciò che c’è da fare perché i teneri virgulti diventino adulti con un sistema immunitario tosto e forte, e forse, dico forse, metterò in cantiere anche qualche piccolo albero da frutta di quelli che possono adattarsi alla vita in vaso.
Lo scopo è sempre lo stesso: fare cultura attraverso il cibo vero, partendo da dove nasce e cresce; tentare di aiutare chi lo desidera a essere più indipendente possibile dalla grande distribuzione (ho letto che con un piccolo orto si può arrivare a ottenere un buon 40% del fabbisogno di una famiglia), dimostrare che la libertà è alla nostra portata, solo volendolo.
Il calendario biodinamico, ce l’ho; i semi antichi (non ibridi) li ho trovati (lo sapete, no, che per fare tutto ci vuole un seme); le cassette di legno, trovate; il sole c’è; al sistema per raccogliere l’acqua piovana ci sto pensando; il metodo sarà come al solito un sincretismo biodinamico-sinergico-naturale-permaculturale. Io comincerei subito. Intanto vi presento i protagonisti attuali (ma sappiate che stanno diventando una folla!). Per adesso vi faccio vedere le erbe aromatiche; ortaggi e piccoli frutti nel prossimo post, prometto :-)
In ordine di apparizione, e ve lo dico perché se volete approcciarvi all’arte della coltivazione (di arte si tratta, e ve ne accorgerete), potete vedere in apertura un fiore di rafano. Il vaso del prezzemolo, che viene subito dopo, lo riconoscebbe anche un bimbo di due anni; a ruota l’origano in fiore e i bellissimi e profumatissimi fiorellini del timo.
Qui sotto vedete la salvia e la menta. La salvia dovete fare attenzione a chi la mettete vicina, perché tende a uccidere le vicine di casa; non vi azzardate a metterla vicino al rosmarino se non volete che il suddetto vi muoia di infarto (come è successo al mio, sigh); la menta è un’ottima compagnia perché ha una forte personalità e non si fa mettere i piedi in testa da nessuno (state solo attenti che non cerchi di crescervi addosso mentre passate perché è un filo esuberante).
Nella foto che segue a sinistra c’è il basilico genovese dell’anno scorso (avevo un po’ esagerato con la densità per metro quadro, poi ho dovuto spagliarlo ferocemente) e dietro un megasedano, dono di Loretta, che è stato con noi tutto l’inverno, è andato a seme (e ha seminato figli-sedani in tutto il quartiere, trovo piantine pure tra i sanpietrini dei marciapiedi o.O).
A destra, il meraviglioso rosmarino strisciante che ha sostituito quello assassinato dalla salvia (adesso l’ho messo a tipo trenta metri di distanza dalla psicopatica).
Non ci crederete ma questo qui sotto è coriandolo!!! Quello o lo si ama o lo si odia, lo sapete no? Non esistono vie di mezzo con lui. A differenza delle altre aromatiche muore inesorabilmente ogni volta che la stagione da calda volge al frescolino. Io lo adoro e lo metterei dappertutto; lui è una di quelle aromatiche (ma devo dire che alla fine quasi tutte lo fanno) che quando le annaffi alla sera rilasciano una scia di profumo fortissimo, come se volessero ringraziarti per aver inumidito il terreno sul quale crescono.
Ok, più o meno ve li ho presentati tutti. Questi sono quelli sul balcone, prossima puntata l’orto vero e proprio, sul terrazzo, in cassette di legno (riciclate da quelle della frutta) e vasi di coccio. E gatti che scavano nella terra nottetempo, e rimedi adottati. E progetti di irrigazione. Ma questa è un’altra storia! :-)
Non ho ancora capito se quando le erbe aromatiche fanno i fiori e’ ora di sfoltirle… La mia erba cipollina adesso è tutta in fiore…che devo fare?
Grazie Sonia! io che invece il pollice l’ho avuto verdissimo da sempre – pur vivendo in città – corro a spostare la salvia che è vicina al rosmarino…. perchè sta cosa non la sapevo!
Che belle notizie! Chissa’ se hai qualche consiglio per l’aneto, il mio tallone d’achille (oltre all’abete di Natale) entrambi sembrano avere un’avversione al mio balcone! un abbraccio Nico